Il Monte Rosa è l'esempio perfetto di ecosistema prezioso per la vita fatto oggetto di accanimento a scopo di lucro. Ma se vogliamo salvare noi stessi dalla catastrofe climatica, è necessario difenderlo

Non c’è più neve a 2.800 metri? Saliamo a 4.000 e spariamo quella artificiale. Mancano le condizioni di sicurezza per la pista? Spianiamo le montagne e riempiamo i crepacci. Rischiamo di compromettere l’approvvigionamento idrico per le comunità a valle? Costruiamo una seggiovia che dà posti di lavoro e sviluppo per il territorio. Distruggiamo ecosistemi ed economie locali che danno da vivere e lavoro a molte più persone rispetto a quelle assunte? Chissenefrega dei rischi, faremo pagare 240 euro per raggiungere la cima. Pensiamo solo ai turisti milionari? Non vogliamo le famigliole che si portano i panini e puntano a risparmiare. Faremo soldi a palate. Per un po’. Dopo? Conta solo quello che succede oggi. Perché qualcuno pensa al dopo? La politica dovrebbe. E invece non lo fa.

 

Questo modo di pensare e semplificare la complessità delle relazioni tra umani e altre comunità della vita guarda la montagna unicamente come mezzo a nostro uso esclusivo per estrarre profitto. Oggi i ghiacciai devono combattere contro il riscaldamento planetario e guardarsi dalla stupidità, dall’ingordigia e dall’arroganza degli interessi a breve termine dell’homo oeconomicus. È quello che sta succedendo al Cervino in Valle d’Aosta, o Plateau Rosa, come lo chiamano dalla parte svizzera.

 

La realizzazione della pista della Gran Becca per la gara di discesa libera di Coppa del mondo, che parte dal lato svizzero a 3.720 metri e finisce a 2.840 sul versante italiano, è al centro di proteste e polemiche. La commissione internazionale per la Protezione delle Alpi ha denunciato un «accanimento sul ghiacciaio». Da anni gli ambientalisti, a partire da Wwf e Mountain Wilderness, protestano per i lavori portati avanti sul ghiacciaio Teodulo. La commissione edilizia del Cantone del Vallese ha disposto il divieto immediato di «qualsiasi utilizzo di porzioni di pista ubicate al di fuori del comprensorio sciistico». Con 100 milioni di euro investiti, l’obiettivo è creare uno dei più grandi comprensori sciistici al mondo con oltre 500 km di piste. Il punto, come dicevamo, è che il progetto coinvolge aree protette dalla Rete Natura 2000; mette a rischio le risorse idriche; riduce la biodiversità e compromette ecosistemi indispensabili al nostro stesso benessere; cancella diritti e spazio bioriproduttivo alle generazioni che verranno.

 

Il presidente del Cai, Antonio Montani, ha espresso la sua preoccupazione: «Molti studi dimostrano che le nevicate sono sempre più rare, la siccità e lo scioglimento dei ghiacciai nei prossimi anni si intensificheranno al punto che non ci sarà nemmeno l’acqua necessaria a sparare la neve sulle piste». Gli investimenti milionari potrebbero finanziarie infrastrutture che molto probabilmente non avranno modo di essere utilizzate.

 

Abbiamo bisogno di altre idee e di una visione opposta a quella predatoria e speculatrice che contraddistingue il realismo cinico del modello economico liberista. Le soluzioni ci sono, eccome. L’ecologia integrale è la chiave per il nostro futuro, se non vogliamo finire nel crepaccio della storia. Il Monte Rosa non è crosta terrestre inanimata che si solleva, ma vita che vuole vivere in mezzo alla vita. Con la sua magia e i suoi servizi ecosistemici gratuiti contribuisce da sempre a garantire le vite di tutti e tutte noi. Difendiamolo, se vogliamo salvare noi stessi. Facciamo Eco!