Il presidente della Repubblica è una figura super partes, un riferimento per tutto il Paese, come vollero i costituenti. Ma la riforma sul premierato del governo Meloni punta a sostituirlo con l'uomo solo (o la donna sola) al comando espressione di una fazione. Una deriva di cui abbiamo già scontato i disastri in passato

Con quello di Vanessa Ballan a Treviso, i femminicidi hanno ormai superato abbondantemente la terribile soglia dei 100 casi dall’inizio dell’anno. Un fenomeno che sembra non finire mai ed è il segno di dove ci sta portando il nostro tempo. Credevamo, crediamo, che il rispetto per le donne e per ogni persona avesse fatto passi avanti importanti e invece ogni giorno non manca l’occasione per fare un passo indietro. È per questo che abbiamo deciso di dedicare la copertina di questo numero de L’Espresso alla “Persona dell’anno” Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la ragazza uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, perché, come scrive il vicedirettore de L’Espresso Enrico Bellavia, le parole di Elena «sul patriarcato e la cultura dello stupro di 110 vittime di femminicidio in un anno sono una lucida diagnosi».

 

È un Paese impazzito, in un mondo impazzito, quello che si affaccia al 2024. Mentre l’Italia è sempre più debole in Europa, come dimostra l’accordo raggiunto sul Patto di Stabilità tra Francia e Germania dove l’Italia è stata “informata” (anche se poi il coro dei media nostrani lo farà passare come un grande successo), il governo vuole essere sempre più forte con i deboli, con tagli al welfare e condoni per i ricchi, e soprattutto vuole che circolino sempre meno informazioni se non quelle che piacciono a “Lorsignori” (come avrebbe detto lo storico corsivista de L’Unità, Fortebraccio) vista la legge bavaglio per la stampa passata alla Camera con i voti delle destre ma anche, guarda un po’, di Azione e Italia Viva.

 

Purtroppo, siamo il Paese europeo con l’opposizione più debole, divisa e a tratti persino inesistente. Facile per il governo vincere così. Tutti aspettano le elezioni europee per contarsi, mentre il Paese reale dovrà affrontare sfide sempre più faticose e la forbice con la politica si allargherà ogni giorno di più. Anche la riforma costituzionale proposta dalla destra, se da una parte può andare incontro alla pancia degli italiani, dall’altra offende la coscienza e l’intelligenza. Dopo quello che ha vissuto questo Paese ormai un secolo fa, ma sempre vivo, pensare di affidare più potere a un uomo o a una donna soli, seppur eletti dal popolo, può portare a derive autoritarie come sta succedendo in Paesi non lontani.

 

Quando Ignazio La Russa, presidente del Senato, seconda carica dello Stato, dice che il presidente della Repubblica ha troppo potere, dice soprattutto due cose: che il presidente del Senato non ha cultura istituzionale e che la riforma Meloni-Casellati, checché ne dicano le dirette interessate e i loro sodali, vuole limitare i poteri del capo dello Stato.

 

Per fortuna il passaggio parlamentare della riforma della Costituzione sarà lungo, lento e complesso: ci sarà da approvare il testo in due letture alle due Camere, quindi se ne parlerà almeno tra un anno, un anno e mezzo. Da qui ad allora, tante cose potrebbero cambiare, compresi i rapporti tra le forze della maggioranza, già a oggi non tutte allineate sulla riforma costituzionale e su tante altre cose.

 

Nel frattempo, meno male che Sergio Mattarella tiene in mano saldamente il timone. È sempre stato, ma oggi lo è ancor di più, il punto di riferimento dell’Italia che tiene la testa alta. Il suo coraggio istituzionale, la sua franchezza nell’affrontare le situazioni, la sua fermezza davanti a tanti tentativi di fughe in avanti che ci sono stati in questi anni danno ancora al Paese la speranza che ci sia qualcuno che agisce per il bene comune senza secondi fini. Mattarella è stato riconfermato con un grande consenso parlamentare. È l’istituzione super partes, proprio come vollero i costituenti, come non potrebbe essere chi è eletto solo da una parte politica.