L’artista deve disturbare, non essere conforme. Francesco Vezzoli, cinquantenne, bresciano, è uno degli artisti più influenti contemporanei con il merito di aver coraggiosamente fatto dialogare diversi mondi: cultura, cinema d’autore, televisione popolare, moda, politica, musica, arte, sfidando pregiudizi e muri e, anzi, accendendo il dibattito con inattese destrutturazioni.
Vezzoli ha collaborato con star internazionali, da Lady Gaga a Cate Blanchett, Sharon Stone, Bernard-Henri Lévy, Gore Vidal, Catherine Deneuve; ha esposto in tutto il mondo e ha avuto un enorme successo con la sua ultima mostra in Italia, “Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’impero romano”, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. L’ha promossa senza particolari snobismi, pensando che, sì, l’arte deve arrivare, coinvolgere, abbracciare le persone, non creare distanza. «Lo snobismo c’è, ma si è ridotto parecchio. Il progresso che ha coinvolto la televisione, i social, ha permesso ai linguaggi di avanzare e io cerco di dialogarci. All’inizio in molti hanno opposto resistenza, la versatilità era considerata un difetto. La notte guardo la televisione popolare, mi ispira. Non possiamo fare parte di sistemi che ci richiedono di essere visibili e leggibili e poi rinnegare gli spazi che ti permettono la leggibilità stessa».
Che fosse importante contaminare l’arte con la cultura pop l’aveva capito anche giovanissimo quando, nel 1997, coinvolse Iva Zanicchi facendole girare un video nella casa museo dello scrittore e critico Mario Praz. Lei cantava “La riva bianca, la riva nera”, mentre Vezzoli ricamava seduto sul divano ricamato, a sua volta, da Praz. Il video si chiamava “Ok, the Praz is right!” (Ok, il Praz è giusto!). Vezzoli ha lavorato con Valentina Cortese, Franca Valeri, Lina Wertmüller, mescolando le icone della televisione più popolare ad altre dive del cinema italiano. «Sono devoto soprattutto alle sfondatrici dei soffitti di cristallo, quelle che esprimono forza». Deve molto a due donne: Mara Chiaretti, protagonista del fermento culturale, gallerista e documentarista, e Mirella Petteni, una delle prime top model, sposata con il produttore cinematografico Robert Haggiag, musa dei più grandi fotografi internazionali, redattrice in riviste di moda, consulente di stile.
Da ragazzino voleva fare il giornalista o il dj. Ha frequentato il liceo classico a Brescia e quando Brescia, croce e delizia, gli è sembrata soffocante, è andato a studiare a Londra, alla Scuola d’arte Saint Martin’s, mantenendosi grazie a diversi lavori, fra cui creare sfondi per le vetrine e ottenendo la borsa di studio tutti gli anni. «La mia ispirazione arriva prima. A quattro anni ho chiesto a mia madre di portarmi a vedere Donna Summer, ero un amante della disco music; ho destabilizzato il proprietario del negozio di dischi quando, ancora bambino, ho chiesto il 45 giri “Nuda” di Mina: “Suo figlio vuole comprare un disco scandaloso”, disse a mia madre. Amavo Blondie, Boy George.A Londra frequentavo i club più cool del momento, ascoltavo la musica più bella del mondo. Ero attratto da una cultura libera dagli schemi ideologici, di genere».
“Vita Dulcis” ha avuto riscontri e successo popolare: «Ciò mi ha incoraggiato e sbloccato. Mi sento più libero, anche di fare qualcosa di diverso, che esuli dal campo dell’arte contemporanea. Forse, chissà, per il prossimo progetto potrei dirigere un’opera lirica».