Fuoriluogo
Più figli per la patria? In realtà il mito fascista è fasullo: in Italia siamo troppi
L’invito del governo Meloni a fare bambini è pressante. Ma già negli anni Settanta si analizzava il problema di una società troppo allargata: dal traffico all’inquinamento, dalla distruzione degli ambienti naturali ai conflitti sociali
La costruzione del regime si fonda su miti e menzogne che devono diffondere paura e orgoglio. Un impasto di glorificazione del passato e di accanimento contro stili di vita e comportamenti del presente. Una paccottiglia di mediocre ideologia, legata alla concezione dello Stato etico e all’approvazione di leggi che devono punire il diverso, con l’ambizione di imporre una nuova egemonia culturale.
Il decreto anti-rave e la crociata antidroga sono due esempi eclatanti, ma altre scelte del governo Meloni sono ancora più eloquenti per il loro legame con la retorica del fascismo.
Il ministero dell’Agricoltura ora è stato ribattezzato con la dizione della Sovranità alimentare, che non può che richiamare teoria e prassi dell’autarchia: almeno il ministro Francesco Lollobrigida potrebbe riconquistare il nome Tocai per il vitigno autoctono costretto, per compiacere l’Ungheria, a chiamarsi Friulano con grave danno d’immagine!
Eugenia Roccella, dopo un passato radicale e di militante abortista, è a capo del ministero per la Famiglia e la Natalità. Non ha stupito, quindi, la convocazione degli “Stati generali della natalità” sulla scia dei tanti “Family day” per diffondere l’incubo delle culle vuote. L’invito a fare bambini è pressante, ma ovviamente rispettando le regole tradizionali, pena la cancellazione dei genitori.
La campagna per l’incremento demografico della «nazione» sotto il fascismo aveva come motto «il numero è potenza» e nel 1927 fu istituita l’imposta sul celibato. Ancora non è stata ideata la tassa sui single, ci si limita a produrre norme di agevolazione per famiglie numerose.
Molti statistici hanno seminato il terrore per le sorti dell’Italia (tra questi l’ex presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo) per il preteso basso numero di nascite; terrorismo che si è tradotto rozzamente nella paventata sostituzione etnica.
Come appaiono lontani gli anni Settanta, quando un grande scienziato come Adriano Buzzati Traverso, di cultura laica, sul Corriere della Sera scriveva un’inchiesta su “I figli che l’Italia non può mantenere” e articoli con il titolo “La tessera per avere figli” e “Bisogna evitare un baby boom”. Non era solo a esprimere questa preoccupazione: sulle stesse colonne, Cesare Zappulli icasticamente affermava l’esistenza di «dieci milioni d’italiani di troppo».
La tesi di Buzzati Traverso era che l’Italia aveva una popolazione di 56 milioni di abitanti e, calcolando il territorio montuoso, si manifestava una densità di popolazione assai preoccupante. Elencava i problemi assillanti, dal traffico all’inquinamento, dalla distruzione degli ambienti naturali alla deturpazione delle città, dai conflitti sociali alla violenza nelle case e nelle strade, e poneva l’interrogativo: «È mai possibile che nessuno o quasi si renda conto che se invece di essere 56 milioni fossimo 35, tali problemi non esisterebbero o si presenterebbero in termini ben più facilmente controllabili?».
Davvero stimolante l’appello al governo per promuovere ricerche per stabilire quale potesse essere la popolazione sostenibile per l’Italia senza realizzare un irreparabile scempio. Buzzati Traverso concludeva con l’auspicio che ai cittadini di domani si garantisse un tenore di vita magari inferiore in termini consumistici, ma «più piacevole, umano e compatibile con la libertà».