Resistenti

Dare la colpa agli ecologisti: la nuova frontiera del negazionismo climatico

di Diletta Bellotti   6 settembre 2023

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Protesta degli attivisti di Extintion rebellion

L'ultima accusa arriva dal Canada, dove si insinua che gli incendi siano stati appiccati dagli attivisti per richiamare l'attenzione. Ma non è l'unico caso ed è un segnale del livello del dibattito

Ecco che la maggior parte di noi è tornata a lavoro, alcuni con un certo amaro in bocca. È un peccato che ci sia stato un ciclone proprio là dove avevi prenotato le vacanze, è anche un peccato pensare a quante persone in Italia non  possano permettersi le ferie, ma questa è un’altra storia. O forse no. Ci ripetiamo spesso che non si affronterà l’apocalisse climatica accumulando bottiglie d’acqua e cibo in scatola in cantina. Tuttavia alcuni di noi lo faranno comunque. Altri dicono che quest’apocalisse è troppo lenta, soprattutto è troppo costosa: hanno voglia di assistere alla fine per poi poter ricostruire da capo. O, quantomeno, non hanno voglia di lavorare fino all’ultimo giorno della loro vita.

 

Il fatto che ci sia un incendio incastrato nel panorama da cartolina adesso è semplicemente un dettaglio trascurabile, qualcosa che risveglia solo l’istinto di riprendere con il cellulare: non smuove nessuno spirito di sopravvivenza, né immediato, né lungimirante.

 

Qualche giorno fa in treno una persona seduta accanto a me raccontava di come la tromba d’aria che ha colpito Milano per lei sia stata un grande fortuna perché le ha distrutto la macchina e ora l’ufficio gliene ha data una nuova e più bella. Un bel colpo di fortuna, senza dubbio.

 

Nel frattempo i negazionisti climatici online insinuano il dolo per gli incendi in Canada di agosto, accesi, secondo la loro tesi, dagli ecologisti per sensibilizzare su i cambiamenti climatici. Si pone dunque una nuova interessante frontiera del negazionismo climatico, particolarmente fantasioso e illogico: gli attivisti climatici sono vigilantes, giustizieri di un mondo in fiamme in cui il diritto ambientale arriva troppo lento e dove il fine giustifica i mezzi. Alludono che è legittimo incendiare il Pianeta pur di farci prestare attenzione, che poi, nell’economia dell'attenzione, quanto vale davvero? In un mondo di content creators, chi lo assorbe poi questo contenuto? Chi, e con che strumenti, lo elabora? E, in fondo, come biasimare il web se pullula di negazionisti quando ne invitiamo ancora a bizzeffe alla tv nazionale? Sono oggettivamente più rappresentati loro che il 99% della comunità scientifica. Dunque è tutto in linea, sensato.

 

Su questo tema ricordo una discussione abbastanza accesa con un illustre giornalista italiano il quale, infuriato, equiparava la proposta di non invitare negazionisti in Tv alla censura. Oltre alla posizione, sicuramente discutibile, ho trovato molto interessante come una persona che occupa una posizione di potere all’interno della trasmissione di saperi non sappia definire cosa sia la censura. Pericoloso oltre che imbarazzante. Forse è ignaro della strutturale piramidale della nostra società e dei meccanismi che portano una persona, anziché un’altra, a parlare pubblicamente? Ignora chi effettivamente è nella posizione di mentire, liberamente e con una certa arroganza, in tv? Dall’altra parte varie testate nazionali sono passate dal negare apertamente la crisi climatica e sbeffeggiare goliardicamente chi lotta per contrastarla, ad un nuova ossessione-clickbait-bollettino-di-collasso. Che l’informazione ritrovi il suo impegno civico non è più una questione meramente democratica, ma vitale. Anche se, di questi tempi soprattutto, sono quasi sinonimi.