Tra dieci anni ricorderemo queste feste come l'inizio della crisi europea. Perché questa decisione porta la Ue a contare sempre meno nel mondo globalizzato

Natale 2033: è ormai chiaro che la decisione dell’Italia di non ratificare la riforma del Mes, di cui ricorre questo mese il decennale, fu l’inizio di quella crisi dell’Unione europea che ancora l’attanaglia e che rende essa e i Paesi membri sempre più irrilevanti nel mondo globalizzato dominato da Cina e Stati Uniti. All’epoca pochi in Europa capirono che quello era un punto di svolta. La riforma del Mes era considerata una questione di rilievo solo in Italia. Ma il fatto che uno dei Paesi fondatori dell’Ue avesse avuto il coraggio di rigettare una riforma votata da tutti gli altri rappresentò un simbolo per chi nell’Europa e nelle sue istituzioni credeva poco. Era l’Europa delle Nazioni che vinceva contro chi voleva che l’Ue si trasformasse gradualmente negli Stati Uniti d’Europa.

 

La vittoria alle elezioni europee del 2024 dei partiti aderenti al gruppo Identità e Democrazia fu il primo segnale che i tempi erano cambiati. Dopo l’elezione di Le Pen a presidente della Repubblica francese nel 2027 e l’arrivo al potere del Partito della Libertà di Wilders in Olanda nel 2026 e di Alternative für Deutschland in Germania nel 2029, il fronte nazional-sovranista divenne prevalente. L’Europa delle Nazioni invertiva quel processo di trasferimento del potere dalle Nazioni sovrane all’Ue.

 

L’interferenza di questa con le politiche nazionali venne ridotto. La direttiva Bolkestein del 2006 venne soppressa e l’Italia interruppe la mappatura delle coste, invisa ai balneari. Più sostanzialmente, gli obiettivi di de-carbonizzazione vennero posticipati dal 2050 al 2080, comunque in anticipo rispetto a quelli di Cina e India (rispettivamente 2100 e 2130). Ma le istituzioni dell’Ue non cessarono di svolgere ruoli di coordinamento. Tornò Giochi senza frontiere, la competizione tra cittadini dell’Ue, sospesa nel 1999, che divenne il principale simbolo, anche nel nome dell’evento, dell’unità tra le Nazioni europee.

 

Questo ridimensionamento del ruolo delle istituzioni europee fu sufficiente per l’Italia, ma non per alcuni Paesi del Nord Europa. Infatti, la persistente azione di sostegno monetario alle finanze pubbliche dell’Italia e di altri Paesi del Sud Europa che la Bce fu costretta a perseguire per evitare la loro bancarotta rese endemico il problema dell’inflazione. I sovranisti tedeschi non potevano sopportare un tale sviluppo. Ma un palese abbandono dell’euro da parte della Germania avrebbe causato il crollo dell’economia del continente e quindi anche di quella tedesca. Che fare dunque?

 

Prendendo spunto da un progetto di “moneta fiscale” che movimenti anti-euro avevano precedentemente avanzato in Italia, la Germania decise di emettere titoli di debito al portatore anche in piccoli tagli (in Italia li avevano chiamati “minibot”) che potevano essere utilizzati come strumento di pagamento in alternativa all’euro. Il nuovo strumento venne chiamato Mitteleuropäische Allgemeine Reserve Kredit (ossia Credito di riserva generale dell’Europa centrale), il cui acronimo era Mark. L’esempio fu seguito da altri Paesi nordici, anche se con qualche difficoltà nel trovare termini il cui acronimo coincidesse col nome del vecchio conio, come nel caso del gulden olandese.

 

L’Italia pensò bene di non seguire questa tendenza anche perché l’inflazione in euro a due cifre riportava i più anziani agli anni in cui usavano la lira, avevano tanti capelli e non soffrivano di artrite.