In provincia di Cesena, Marta e Federico difendono il loro rifugio per animali minacciato dalla costruzione di un metanodotto. Un progetto vecchio, che non ha più senso. Perciò è partita la battaglia contro l'esproprio dell'area, a tutela della natura. La replica di Snam: «infrastruttura strategica per la sicurezza del Paese e dell'Europa»

“Un giorno vedremo la fine”, così si chiama la pagina social che racconta il progetto di Marta Garaffoni e Federico Raspadori: un rifugio per animali in provincia di Cesena. Il nome era stato scelto perché la realizzazione del rifugio richiede così tanto lavoro e impegno che sembra non finire mai. Come una profezia che si auto-avvera, la fine del sogno di una vita sembra pendere sulle teste di Marta, di Federico e degli 80 animali non-umani di cui si prendono cura e con cui condividono lo spazio.

 

Nel 2009, quando Marta e Federico avevano 19 anni, fu affisso sull’albo pretorio del Comune di Cesena un avviso sulla costruzione del metanodotto Sestino-Minerbio, un tronco della Linea Adriatica. Il progetto è stato ideato vent’anni fa con lo scopo di rendere l’Italia un hub del gas, ora riesumato e tenuto in vita dalla propaganda sulla dipendenza dal gas russo. Quasi vent’anni dopo, quel metanodotto avrebbe attraversato diagonalmente la loro casa e rifugio per animali. L’affissione dell’avviso, secondo il Comune, lo assolve da ogni responsabilità rispetto all’esproprio temporaneo del terreno.

 

Tuttavia, negli anni trascorsi e diversamente da altri territori-cantieri, non è stata proferita comunicazione sul metanodotto, né questo era menzionato nell’atto di vendita della casa. La prima raccomandata con l’avviso di esproprio è arrivata, infatti, a maggio 2023, la seconda ad agosto con l’avviso di imminente esproprio e l’offerta di una somma risarcitoria di 4.500 euro per il passaggio del metanodotto. Per la messa in posa verrà scavato un buco di 4-5 metri con un cantiere di pertinenza largo circa 40.

 

Contro la ritardataria opera inutile, Marta e Federico, con il “Comitato No Tubo Romagna”, hanno raccolto più di 40 mila firme che chiedono una semplice deviazione, di qualche metro, del metanodotto. In più, Marta ha portato avanti uno sciopero della fame di 30 giorni, conclusosi l’8 gennaio. «Il cantiere dura un mese e ripristineremo tutto», hanno detto gli addetti ai lavori, «se firmate ora vi diamo una soluzione per gli animali». Quale soluzione, però, non lo si dice. Se Marta e Federico non firmano, verranno comunque espropriati temporaneamente, anche dopo la fine dei cantieri: sul territorio resta la servitù di passaggio per manutenzione ed eventuali modifiche.

 

I lavori minacciano di iniziare già a marzo, su un terreno dove vivono una ventina di tartarughe di terra in letargo ora e nei prossimi mesi. Ma le tartarughe, specie protetta, non possono essere spostate e trasferite a piacimento. Tra le varie falle del progetto, il team tecnico del “Comitato No Tubo” ha rilevato che gli scavi andranno a inficiare le falde acquifere, abbassando così il livello dei quattro pozzi da cui dipende la sussistenza degli animali e che sono tra i principali motivi per cui quel terreno specifico è stato scelto.

 

«Tanta gente sottoposta a esproprio ha firmato perché non sapeva che altro fare; Snam diceva cose a parole e sulla carta ce ne stavano scritte altre, così se n’è approfittata della gente», racconta Marta: «Per esempio hanno detto a tutti che il cantiere durerà al massimo tre mesi, ma sulla carta c’è scritto almeno 2/3 anni». Forse, nell’allearsi con la loro battaglia, vale anche la pena ricordare i nomi di chi ha portato quei territori alle alluvioni, che oasi e rifugi sono i baluardi contro la cementificazione e le monocolture. Un giorno vedremo la fine delle espropriazioni insensate, di opere pubbliche inutili.

 

 

La replica di Snam all'articolo

Caro direttore,

Definire il progetto della Linea Adriatica “riesumato e tenuto in vita dalla propaganda sulla dipendenza dal gas russo” è superficiale e contrario alla realtà dei fatti. Prima dell’invasione dell’Ucraina le forniture di gas russo erano pari al 40% del fabbisogno nazionale. Difficile definire “propaganda” il loro venir meno e la necessità di rimpiazzarle. La Linea Adriatica permetterà di sbloccare l’approvvigionamento da Sud (Algeria, Tap e Libia) a vantaggio di cittadini e imprese. È qualificata come infrastruttura strategica per la sicurezza del Paese e dell'Europa e beneficia del finanziamento RepowerEu.

In riferimento alla proprietà citata dall’articolo, Snam ha più volte confermato la più ampia disponibilità a dare corso, oltre alle dovute compensazioni economiche, a una dettagliata serie di azioni mitigative volte a contenere il temporaneo disagio collegato a questo tipo di lavori. Il tutto – va sottolineato - come da prassi storica e consolidata dell’azienda su tutto il territorio nazionale. Eccone una sintesi: servitù di metanodotto limitata a un tratto di 90 metri e per un periodo massimo di 30 giorni, con una larghezza di cantiere ristretta/salvaguardia delle piante ad alto fusto, espiantate con zolla, irrigate e ripiantumate a fine lavori/garanzia quinquennale delle pratiche per garantirne il pieno attecchimento/allestimento per gli animali di un’area laterale recintata, protetta e insonorizzata/in alternativa, possibilità per i proprietari di selezionare un rifugio temporaneo per animali a loro scelta, con trasferimento ricovero e ritorno a cura dell’azienda. 

Le caratteristiche dei materiali impiegati rendono assai remota la possibilità di interventi futuri legati alla manutenzione. Le condotte sono inoltre già predisposte per un eventuale futuro trasporto dell’idrogeno, in sintonia con il percorso verso la neutralità carbonica del Paese e dell'Europa al 2050.

Ufficio Stampa Snam