Cose preziose
«Dicono che il diritto all’aborto non si tocca. Poi cercano di limitarlo in ogni modo»
Certi politici (soprattutto della Lega) garantiscono a parole che la libertà di scelta delle donne non è in discussione e che non vogliono rivedere la legge 194. Ma, nei fatti, continuano a considerare l'interruzione di gravidanza un assassinio e a ostacolarla
Nella serie Foundation, tratta dal Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov, c’è una matematica geniale, Gaal Dornick, che per calmarsi nelle situazioni di emergenza conta i numeri primi, arrivando molto più in là di quanto sia umanamente possibile. Per la cronaca, esiste attualmente un premio di 250.000 dollari per chi scoprirà il nuovo numero primo composto da un miliardo di cifre. Sono certa che le donne italiane saprebbero contare superando quel miliardo, per calmarsi dopo avere letto le ennesime dichiarazioni, seguite dalle ennesime smentite, di coloro che continuano a considerare l’aborto un assassinio, salvo poi dire che la legge 194 non è in discussione.
L’ultima giravolta è di una decina di giorni fa. Si svolge un convegno: alla Camera dei deputati, e non in una birreria di provincia. È organizzato dal Centro studi politici e strategici Machiavelli, che si autodefinisce il pensatoio della destra italiana. Si dice che il convegno sia stato voluto e ospitato dal deputato leghista Simone Billi, che però si dichiara assente e in disaccordo con quanto trapelato e, in verità, scritto sul depliant distribuito a Montecitorio: «L’aborto non è mai giusto» (anche in caso di stupro, aggiungono) e «non è un diritto, è una soluzione pratica che vuole essere sublimata a diritto inalienabile».
Ora, quelli del Centro Machiavelli devono essere appassionati studiosi di Fernando Pessoa, il poeta dai molti eteronimi, e devono aver mandato a memoria una delle sue poesie, Il guardiano di greggi, dove Pessoa scrive: «Non sono d’accordo con me stesso ma mi assolvo». Sul sito del Centro si legge infatti che il loro presidente, durante la conferenza, si è dichiarato contrario a rivedere la legge 194 in senso restrittivo, aggiungendo che la Lega non è in alcun modo coinvolta e che, insomma, abbiamo sognato tutti.
In verità, basterebbe rileggere l’elenco dei casi in cui la Lega ha boicottato l’aborto per continuare a contare numeri primi. Ricordava la studiosa e attivista Jennifer Guerra che si può risalire al 2010, anno in cui il leghista Roberto Cota, neopresidente della Regione Piemonte, sosteneva di voler sigillare la pillola Ru486 nei magazzini, per rendersi conto dell’ipocrisia. Se poi ci si prendesse la briga di andare a rintracciare le dichiarazioni dell’attuale presidente della Camera, Lorenzo Fontana, potremmo contare fino a due miliardi. È che sull’aborto accade quel che le donne italiane sanno: tutti, Matteo Salvini incluso, dicono che la libertà di scelta non è in discussione, e tutti cercano di limitarla in ogni modo.
Perciò, la cosa preziosa di oggi è un libro che esce in questo febbraio per Bompiani: Clandestine di Marta Stella. È un romanzo, ma è vero: racconta le storie di donne che hanno abortito in Italia quando non esisteva ancora una legge, e che si stringevano nei pulmini per raggiungere i primi e proibitissimi centri dove si dava aiuto e accoglienza. Una storia di storie, dove si incrociano Elvira Banotti, Adele Faccio, Emma Bonino e coloro che hanno provato a supplire alla mancanza di quella norma che oggi è insidiata nei fatti. Un circolo non ha un capo, avrebbe detto Asimov, ma qui non si tratta di sapere dove si trova la Seconda Fondazione, quella che salverebbe la galassia dalla distruzione, ma di sapere come possiamo, tutte, salvarci.