Il Def parla chiaro: con le misure temporanee confermate si aggiungono altri 68 miliardi di oneri da qui al 2027. Ma l'esecutivo enfatizza solo gli aspetti positivi, sottovalutando le tante ombre del documento

Il Documento di economia e finanza (Def) pubblicato dal governo una decina di giorni fa presenta un quadro a luci e ombre dello stato della nostra economia. Il problema è che il governo enfatizza un po’ troppo le luci e sottovaluta le ombre.

 

Sul lato positivo l’economia italiana continua a crescere. Secondo il governo, il Pil aumenterebbe intorno all’1 per cento l’anno nei prossimi 3 anni, compreso il 2024. Non impossibile, ma difficile che quest’anno si vada oltre lo 0,7-0,8% (la Banca d’Italia dice 0,6%). Meglio di niente, ma non si andrebbe oltre quanto visto negli anni precedenti il Covid. Dove starebbe l’effetto taumaturgico del Pnrr? Forse non ci crediamo neppure noi. Più positivo è il calo dell’inflazione, ormai ben sotto il 2% in Italia e di poco sopra tale valore (l’obiettivo della Bce) a livello europeo. Di fronte a questo calo, la Bce farebbe bene a tagliare i tassi di interesse al più presto per non causare pene non necessarie all’economia del nostro Continente.

 

Le ombre stanno soprattutto nei nostri conti pubblici. Il Def presenta quest’anno, in mancata ottemperanza con quanto previsto dalla legge 196 del 2009 sul bilancio dello Stato, solo il quadro tendenziale, ossia quello «a legislazione invariata». Questo quadro, per definizione, ipotizza che le misure temporanee introdotte in passato (come il taglio dei contributi sociali e delle aliquote Irpef) non siano rinnovate a fine anno.

 

Nonostante questa ipotesi, e nonostante le assunzioni ottimistiche sull’andamento del Pil e delle entrate da privatizzazioni, il rapporto tra debito pubblico e Pil, sospinto dall’effetto di cassa dei bonus edilizi (una perdita di circa 30 miliardi l’anno di entrate per i prossimi anni), salirebbe di due punti e mezzo percentuali tra fine 2023 e fine 2026, raggiungendo il 139,8% e restando su questi livello anche nel 2027.

 

Con un quadro macroeconomico più realistico in termini di crescita del Pil nominale e di privatizzazioni e assumendo che il governo confermi, come ha indicato di voler fare, le principali misure temporanee introdotte in passato, l’aumento del debito sarebbe significativamente più forte. Ce lo dice lo stesso Def, che, nascoste nelle pagine del testo, contiene anche un quadro «a politiche invariate», quadro in cui le misure temporanee verrebbero confermate anche negli anni seguenti. Questo aggiungerebbe altri 68 miliardi (più relativi interessi) al debito pubblico da qui al 2027, quasi altri 3 punti percentuali di Pil, portando l’aumento del debito ben oltre il 5% al 2027 rispetto al 2023, forse vicino al 6% tenendo conto della minore crescita e delle probabili minori entrate da privatizzazione.

 

Tutto questo comporta che il governo dovrà individuare misure correttive da introdurre nella prossima legge di bilancio. Venti miliardi serviranno solo per prolungare al 2025 le misure temporanee introdotte in passato. Servirà di più se si vorrà evitare un aumento del rapporto tra debito pubblico e Pil. Questo renderà piuttosto complicata la negoziazione del quadro di rientro richiesto dall’Unione europea a Paesi sottoposti alla procedura di deficit eccessivo che scatterà, come ormai riconosciuto da Giancarlo Giorgetti, anche per l’Italia dopo le elezioni europee (la data fatidica è il 21 giugno).