Personaggi e interpreti

Per quanto tempo funzioneranno le grandi alleanze contro l'estrema Destra?

di Sebastiano Messina   9 luglio 2024

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I risultati del fronte popolare in Francia rischiano di distogliere l'attenzione dalla crescente ondata nera. Che riguarda anche l'Italia, dove la sinistra ha ignorato per troppo tempo i ceti impoveriti

È ancora possibile, dopo il nuovo balzo in avanti del Rassemblement National, fermare questa destra che continua ad avanzare? Ormai è chiaro che non basta più, come è successo in Francia, formare un «fronte repubblicano» per scongiurare il pericolo che vincano gli avversari «razzisti e reazionari». Riunire le forze degli anti-qualcuno può funzionare una, due o forse anche tre volte, ma quando ci si trova nel pieno di una crisi di sistema bisogna essere capaci di mettere in campo una visione del mondo realistica e insieme affascinante. Bisogna offrire agli elettori le risposte alle paure che emergono dal ventre della società. Bisogna insomma proporre un’alternativa credibile al programma dell’avversario.

 

Una volta la sinistra, o se vogliamo i partiti liberal-progressisti, ci riuscivano, grazie anche a leader carismatici come Tony Blair, François Mitterrand o Barack Obama. Poi però la grande crisi economica del 2008 ha rotto l’incanto della globalizzazione e la paura di una nuova povertà si è associata a quella dell’immigrazione fuori controllo, due fenomeni che hanno scosso in profondità le democrazie occidentali dando vita a quella che Antonio Preiti ha definito «la bolla del risentimento». E mentre la sinistra si caricava sulle spalle l’impopolarità delle riforme necessarie per salvare i bilanci nazionali e prendeva le difese degli immigrati appena sbarcati – perché erano gli ultimi, i più deboli – la destra è stata abilissima nel cavalcare l’angoscia sociale. Quella degli anziani che avevano paura degli spacciatori magrebini che si erano impadroniti del quartiere. Quella degli abitanti delle periferie, allarmati dalle aggressioni sessuali degli immigrati alle loro figlie, alle loro mogli e alle loro madri. Quella dei piccoli proprietari di case che non riuscivano a liberare l’appartamento da chi non pagava più l’affitto o da chi l’aveva occupato abusivamente. Quella dei nuovi poveri che davano la colpa dei loro problemi al capitalismo senza frontiere, ai burocrati europei e ai governanti che proteggevano i privilegiati con un lavoro, una casa e un conto in banca.

 

In Italia questa «bolla del risentimento» è esplosa anche nei clamorosi risultati del Movimento 5 Stelle prima e della Lega poi, ma alla fine il vento della rabbia ha gonfiato le vele della destra, portando al 28 per cento il partito di Giorgia Meloni. La stessa cosa, con percorsi diversi ma con l’identico risultato, è successa in Francia, in Germania, in Austria, in Gran Bretagna e negli Usa, dove i nuovi elettori della destra sono accomunati dalle medesime paure.

 

Sono quelli che Federico Rampini ha chiamato «i penultimi», rappresentanti di una nuova classe operaia che ora lavora nei magazzini di Amazon, nei supermercati, negli aeroporti, che passa da un contratto a termine all’altro e occupa i gradini bassi della gerarchia salariale, una grande colonna di penultimi in fila verso un Progresso che appare all’orizzonte come una luce fioca, e che si vede scavalcata dagli ultimi, «i più derelitti, le minoranze a cui la sinistra ha deciso di dedicare un’attenzione speciale».

 

È questo il malessere sociale alla radice dell’avanzata planetaria della destra, che non è un’onda nazifascista né una marea nera, ma una bolla di risentimento che non è impossibile sgonfiare. Purché la sinistra riesca a trovare le parole giuste per parlare ai penultimi.