Non è più solo la destra a sfruttare la paura dello straniero

La retorica sui respingimenti fa breccia anche a sinistra. Dalla Gran Bretagna all'Italia si guarda con favore alle politiche sui respingimenti. Per ricostruire un progetto progressista non basta più parlare genericamente di accoglienza

A volte qualcosa che accade molto lontano da noi ci riguarda più di quanto crediamo. Il clamoroso risultato delle elezioni inglesi nel collegio di Runcorn e Helsby, per esempio. Si votava per la sostituzione di un parlamentare condannato per aver dato un pugno a una persona in strada. Un deputato del Labour, il partito che controllava quel collegio da 52 anni, e l’anno scorso aveva vinto con il 53 per cento. Sembrava una partita dall’esito scontato, e invece ha vinto la candidata di Nigel Farage, il bizzarro paladino degli euroscettici, portando al trionfo il suo partito – Reform – che un anno fa aveva raccolto solo il 18 per cento dei voti.

 

Da lontano, non è facile capire come mai un personaggio che sarebbe dovuto sparire dalla scena politica inglese dopo le disastrose conseguenze della Brexit sia tornato così prepotentemente sulla cresta dell’onda. Visto da vicino, però, Farage sembra un piccolo Trump. E, come il presidente americano, il leader di Reform ha alzato la bandiera della deportazione in massa degli stranieri, proponendo di riportare sull’altra sponda della Manica tutti i migranti arrivati via mare.

 

Nulla di nuovo, certo. In Francia, Marine Le Pen ha conquistato la maggioranza relativa alle elezioni legislative assicurando che reintrodurrà il reato di soggiorno illegale per espellere i clandestini. E in Germania l’Afd è diventata il secondo partito promettendo la “remigrazione” degli immigrati, e non solo di quelli irregolari. L’immigrazione non è dunque uno dei punti che sono alla base dell’impetuosa crescita di questa internazionale del sovranismo populista. È “il” punto, il filo rosso – o meglio nero – che li unisce tutti. In Gran Bretagna. In Francia. In Germania. Negli Stati Uniti. E anche in Italia, dove tre anni fa la campagna per il blocco navale fece esplodere il consenso per il partito di Giorgia Meloni, anche se lei una volta conquistato Palazzo Chigi ha sostituito quel progetto irrealizzabile con i patti con Tunisi per il blocco delle partenze e con la deportazione in Albania degli irregolari da rimpatriare.

 

È evidente che la destra – in Italia come nel resto d’Europa – sfrutta la paura dello straniero, raccogliendo molti consensi tra quegli italiani che ritengono gli immigrati un pericolo per la loro sicurezza. Ma la vera notizia che arriva da quel lontano collegio inglese, per il fronte progressista, è che questa retorica non fa più presa solo sulla destra, e non solo in Gran Bretagna: anche una quota crescente degli elettori di sinistra – un terzo, secondo l’ultimo sondaggio Demos – guarda con favore a politiche di respingimento e approva i centri per i rimpatri in Albania, sia per l’impossibilità dell’Italia di offrire una dignitosa integrazione a tutti i disperati che approdano a Lampedusa sia per il crescente numero di episodi di violenza che vedono protagonisti i migranti provenienti da Paesi che hanno culture assai diverse dalla nostra.

 

La sinistra deve dunque liberarsi del vecchio dilemma della politica italiana – accogliere ogni migrante che vuole venire da noi o bloccarli tutti prima che sbarchino. Oggi servono parole nuove e risposte credibili per chi chiede protezione. Non solo per chi fugge da guerre e fame, ma anche per chi vive nelle periferie italiane e ha paura. Solo riconoscendo questa doppia domanda di sicurezza – sociale e civile – si può ricostruire un progetto progressista capace di parlare al Paese reale, fermando l’avanzata del populismo sovranista.

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