Leone XIV: un combattente per il dialogo e l’equità sociale - L'editoriale

Con l’elezione di Papa Leone XIV la Chiesa cattolica non si è semplicemente dotata di un nuovo leader, ma sembra avere scelto una figura destinata a lasciare un segno nella storia, sia spiritualmente sia politicamente. È questa l’impressione che ricaviamo dalle prime uscite pubbliche del nuovo Papa, che dietro un tratto caratteriale dolce, quasi timido, ha fatto trasparire fin da subito una solida fermezza dottrinale e una spiccata sensibilità sociale. Già  nella scelta del nome, Leone XIV, è stato chiaro il  riferimento a Leone XIII, il Papa dell’Enciclica Rerum Novarum, con cui per la prima volta il magistero dei pontefici affrontava i temi delle questioni operaie, delle condizioni di lavoro, del diritto allo sciopero e dell’equità dei salari.

 

Oggi, dice Prevost: «La Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale», quella cioè, «legata agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». In questo contesto, Papa Leone XIV si propone dunque non solo come un leader religioso, ma come un autentico combattente per la giustizia sociale e il dialogo tra popoli.

 

In un contrasto che non può passare inosservato, questo Leone moderno si erge con fermezza contro le politiche di divisione e odio rappresentate da figure come Donald Trump, simbolo di un’era in cui populismo e sovranismo hanno distorto il senso stesso di appartenenza e comunità. E in un mondo in cui la retorica dell’odio e della paura trova sovente una ospitalità preoccupante, il Papa si schiera decisamente dalla parte della dignità umana, del dialogo, dell’accoglienza e della comprensione reciproca. Siamo dunque testimoni dell’emergere di un Papa che non teme di alzare la voce contro le ingiustizie, anzi, la esalta come un dovere. Forte e chiaro il suo richiamo alla pace con un appello solenne ai grandi della terra: «Mai più guerre», il suo grido al mondo, lasciando trasparire una forza non solo spirituale, ma anche morale. La sua determinazione nel pronunciare parole di pace per Gaza e per l’Ucraina, una pace chiesta con urgenza, rivela una rinnovata sensibilità al dramma del dolore umano e lo mette sulla scia del suo predecessore Francesco. È un invito a riconsiderare le priorità di un’umanità spesso assente, immersa in interessi e conflitti che la allontanano dalla sua vera essenza.

 

Il tema della pace emerge anche nel suo incontro con i giornalisti ai quali chiede di «disarmare le parole per contribuire a disarmare la terra», invitandoli a scegliere con coraggio una comunicazione di pace, diversa, perché non serve una comunicazione fragorosa e muscolare, ma piuttosto che sia capace di ascolto, di raccogliere la voce dei più deboli che non hanno voce.

 

Con calore umano ed empatia, Papa Leone XIV sembra desideroso di incontrare e ascoltare, riflettendo il volto di una Chiesa missionaria che vuole essere vicina alle sue comunità. Non possiamo ignorare l’intelligente confronto implicito che questo nuovo Papa stabilisce con la figura di Giovanni Paolo II. Quella citazione ai giovani: «Non abbiate paura», che riprende le parole e la determinazione di Papa Wojtyla, non è semplice retorica, ma un’invocazione a rigenerare speranza e coraggio, ingredienti vitali in un tempo segnato da sfide enormi e malesseri inquietanti. Nel vasto panorama della geopolitica contemporanea, le parole e i gesti di un pontefice possono risuonare con l’intensità di un tuono nel silenzio assordante di un mondo travagliato da guerre, diseguaglianze e ingiustizie.

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