Opinioni
11 agosto, 2025Giustizia, fisco, burocrazia, politiche migratorie e del lavoro: ecco la ricetta iberica
La recente pubblicazione dei dati sulla crescita del Pil nel secondo trimestre di quest’anno conferma quella che è la percezione sull’andamento dell’economia italiana ormai da tre anni: la sua persistente anemia. Certo, meglio l’anemia che lo stato in cui l’Italia era caduta una quindicina d’anni fa, dopo lo shock della crisi globale del 2008-09 e quella dell’area dell’euro nel 2011-12. Stiamo meglio di come stavamo all’epoca. Ciò detto, avevamo sperato, dopo la rapida ripresa dallo shock Covid, che fossimo entrati in una nuova era. Tra la metà del 2020 e la metà del 2022 siamo riusciti a crescere più rapidamente del resto dell’eurozona: stavamo recuperando il terreno perso nei precedenti vent’anni. È durata poco. Nel 2023-24, il nostro Pil è cresciuto più o meno alla stessa velocità del resto dell’Europa, ma solo per il rallentamento di quest’ultima. E nella prima metà del 2025, siamo nettamente sotto la media. Il primo trimestre non era andato male (+0,3%), ma il secondo il Pil è sceso seppur di poco (-0,1%). Cumulando i due trimestri abbiamo fatto 0,2%, contro una media dell’eurozona di 0,7%.
Qualcuno dirà che la guerra dei dazi ci ha penalizzato più degli altri. Forse, ma la questione è che, anche il 2023-24 non era stato splendido: per un Paese che aveva perso terreno per i primi vent’anni del secolo, tenere la media non era comunque un gran risultato. Soprattutto perché altri Paesi del Sud Europa stavano e continuano a crescere più di noi. La Spagna è il caso più emblematico.
Negli ultimi tre anni la Spagna ha registrato tassi di crescita del Pil molto più alti di quelli italiani. Inizialmente questo era dovuto al fatto che in quel Paese lo shock del Covid era stato più forte che in Italia e la ripresa più lenta. Ma ormai quell’effetto è scomparso. Rispetto a fine 2019 l’Italia è cresciuta del 6,3%, la Spagna dell’8,8%, due punti e mezzo in più. Nell’ultimo anno la Spagna è cresciuta a un tasso vicino al 3%, robe americane (pre-Trump, visto che il tasso di crescita americano si è ora più che dimezzato rispetto a quello dell’era Biden).
Perché l’Italia non riesce a crescere quanto la Spagna? Credo che la risposta stia nella facilità con cui è possibile fare attività d’impresa in Spagna rispetto al nostro Paese. Almeno cinque dimensioni sono rilevanti: la minore pressione fiscale (l’Italia stava nel 2023 al 42,6%, la Spagna intorno al 37%); la minore burocrazia (qui non ho statistiche, ma abbondano le testimonianze), la maggiore rapidità della giustizia civile (nonostante i progressi degli ultimi anni i nostri processi civili, se arrivano all’ultimo grado di giudizio, durano in media ancora cinque anni e mezzo; in Spagna 3 anni), il minor costo dell’energia (la Spagna ha anche il nucleare, noi no) e la disponibilità di una forza lavoro crescente alimentata da flussi migratori regolari provenienti da un bacino geografico (l’America Latina) simile per cultura, religione e lingua, il che rende più facile l’integrazione (conseguentemente la popolazione in Spagna cresce all’1%, da noi è in lenta decrescita).
Come possiamo “diventare spagnoli”? L’ultima questione, quella migratoria, è la più difficile da risolvere (non abbiamo l’equivalente dell’America Latina), ma dovremmo lavorare al più presto sulle altre quattro questioni dove persistono problemi che ci trasciniamo dietro da decenni. Sta alla politica farlo.
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