ATTUALITA'

La camorra alla conquista di Parma

di Ferruccio Fabrizio   7 giugno 2007

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Gli investimenti a Parma. Il piano per entrare nelle grandi opere. E il meeting del padrino con il consigliere del ministro Lunardi. Ecco l'ultima inchiesta

Nord chiama Sud. Gli imprenditori della grassa Emilia e i boss della camorra più feroce, uniti in un patto di cemento. E da tanti, tanti euro. Milioni in contanti che partivano fisicamente dai paesi più devastati della provincia di Caserta per venire ripuliti nelle lottizzazioni ordinate della Pianura padana: villette a schiera e palazzine con giardini all'inglese. Tutto molto sobrio, senza quel tripudio di colonne e capitelli accatastati sulle facciate marmoree delle residenze blindate sorte tra l'abusivismo della periferia campana. Il cuore di questo sodalizio criminal-immobiliare è Parma, nella zona grigia della città dove l'uomo più potente della mafia campana ha trovato una seconda casa. Ma Parma per i padrini del clan dei Casalesi è anche il luogo dove è stato corteggiato l'entourage di Pietro Lunardi, il ministro delle Infrastrutture del governo Berlusconi protagonista di tutti gli appalti distribuiti tra il 2001 e il 2006.

I magistrati della Direzione distrettuale di Napoli con un'indagine certosina sono riusciti a ricostruire i tentativi dei camorristi di entrare in contatto con lo staff del ministro. E hanno scoperto una serie di circostanze sorprendenti. La più significativa è l'incontro tra uno dei consiglieri di Lunardi e "il capo indiscusso" della camorra casertana. Un meeting per parlare di affari e di costruzioni, in un lussuoso albergo di Roma. Da una parte Pasquale Zagaria, che assieme al fratello dalla latitanza dirige un impero più ricco di Cosa nostra, le cui imprese sono state descritte da Roberto Saviano in 'Gomorra'. Dall'altra Giovanni Bernini, un brillante professionista in giacca blu, nel luglio 2002 nominato dal ministro consigliere per i rapporti con gli enti locali e oggi presidente uscente del consiglio comunale di Parma. Bernini è un astro nascente di Forza Italia: nel '94 viene eletto a Palazzo Ducale, nel '98 strappa il record delle preferenze nel suo partito, nel 2002 il più votato di tutta la Casa delle libertà. Adesso è uno dei leader della lista che sostiene Pietro Vignali, il candidato sindaco di centrodestra nel ballottaggio di domenica 10 giugno: anche lo scorso 28 maggio le urne hanno premiato il suo ruolo nello schieramento Per Parma, con Ubaldi e con 1.721 schede ha conquistato la pole position per una poltrona da assessore ai Lavori pubblici.

Adesso gli atti dell'indagine condotta dai pubblici ministeri antimafia Raffaele Cantone, Raffaello Falcone e Francesco Marinaro sono stati depositati assieme alla richiesta di rinvio a giudizio per 30 protagonisti di questa incredibile Parma Connection. Quei documenti non più segreti raccontano cinque anni di pedinamenti e intercettazioni condotte dai carabinieri del Ros lungo l'asse tra la Campania e la Pianura padana. Rivelano lo spaccato finanziario del colosso economico cresciuto nel triangolo della morte tra Casapesenna, Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, dove i clan Zagaria e Iovine hanno rodato la loro ferocia tra omicidi e intimidazioni e accumulato un tesoro da mille e una notte. Un capitale investito in operazioni insospettabili anche grazie a una pattuglia di imprenditori del Nord felici di stringere intese con i padrini dalle risorse illimitate: un avamposto silenzioso che nei progetti della camorra doveva portare i Casalesi fino al ministero delle Infrastrutture, passando da Parma.

Registrazioni e interrogatori hanno invece ricostruito il summit tra Bernini e Zagaria. L'anno è il 2003, il momento d'oro del programma di grandi opere promesso dal Cavaliere nel contratto con gli italiani e affidato all'ingegner Lunardi. Il luogo è un distinto albergo romano, con ristorante esclusivo e sala riunioni. Al tavolo siedono in quattro. Un costruttore di Parma, Aldo Bazzini, titolare di un gruppo di società ispirate dalla storia ducale: una è persino intitolata a Stendhal. C'è poi un agente immobiliare della stessa città, Alfredo Stocchi, con un passato di assessore socialista e una trentennale esperienza nelle pratiche urbanistiche della zona. C'è poi Pasquale Zagaria, la mente economica dei Casalesi: modi bruschi e abiti firmati, l'accento inconfondibile della sua terra e le mani grandi di chi viene dai cantieri. E c'è infine il presidente del consiglio comunale e consulente del ministro.

L'incontro è ammesso dallo stesso Bernini, lo scorso aprile, durante un interrogatorio nella caserma dei carabinieri: quello stesso edificio rinascimentale dove martedì sedeva sul palco delle autorità per la festa dell'Arma. Davanti ai magistrati, l'esponente di Forza Italia ha sostenuto però di non avere mai sospettato di trovarsi davanti "il capo indiscusso" del clan. Bernini avrebbe spiegato che Zagaria gli era stato presentato come un imprenditore. Nulla di strano, dunque. Nel corso della trasferta emiliana, condotta nella massima cautela per non disturbare la campagna elettorale, gli investigatori hanno acquisito documenti nella presidenza del consiglio comunale: è stata sequestrata anche la sua agenda. Bernini agli atti resta solo un testimone, contro di lui non c'è alcuna ipotesi di reato. Pasquale Zagaria all'epoca era ancora un libero cittadino, nonostante fosse stato già condannato a sei anni e otto mesi per un'altra storia di infrastrutture e camorra, quella della linea Alta velocità Caserta-Napoli, e ne avesse trascorsi tre in carcere. Michele, fratello di Pasquale, era latitante da sette anni: il numero due dei ricercati in Italia, come indicava il sito del Viminale, che ha conquistato la vetta dopo la cattura di Bernardo Provenzano.

Soltanto nell'anno successivo, il 2004, anche Pasquale decide di scomparire nei suoi feudi impenetrabili. Ma al momento dell'incontro romano, Bernini non era tenuto a conoscere la fedina del suo interlocutore. Certo, il cognome Zagaria aveva già dominato le cronache giudiziarie e giornalistiche proprio in tema di appalti e grandi opere. E un consigliere del ministro avrebbe potuto informarsi sul suo conto. Certo, Pietro Lunardi è ancora famoso per quella frase "con mafia e camorra bisogna convivere, e i problemi di criminalità ognuno li risolva come vuole". Ma nulla di tutto ciò ha rilevanza penale.

Diversa invece la posizione di un altro politico parmigiano, Alfredo Stocchi, indagato per concorso in riciclaggio. Secondo le dichiarazioni di Bernini ai pm, sarebbe stato proprio l'ex assessore a insistere per quell'appuntamento con Bazzini e Zagaria: "Ci sono andato solo per fargli un piacere". Nelle intercettazioni della Procura antimafia il profilo dell'indagato sembra quello di un mediatore. Stocchi è un veterano nel campo dell'edilizia: diventò assessore per la prima volta alla fine degli anni Settanta, un enfant prodige del Psi cittadino. Dopo il terremoto nel parmense del 1983 si vantò di "avere rimesso a nuovo il centro storico di Parma": la stagione locale di Mani pulite lo costrinse a patteggiare una condanna per corruzione e da allora si è speso soprattutto come agente immobiliare, senza rinunciare del tutto "alla malattia della politica". L'ultimo approccio elettorale risale al 2004, candidato al Comune sempre per il Psi: baffetti sottili, eternamente la cravatta rossa dell'orgoglio socialista, in città lo conoscono tutti. Ma non è lui la testa di ponte dei Casalesi nel granducato.

L'attenzione dei magistrati è concentrata su Aldo Bazzini: di fatto il suocero di Pasquale Zagaria, che ha sposato la sua figliastra. La Direzione distrettuale antimafia lo descrive come "un imprenditore con fortissimi interessi economici in tutto il Centro- Nord", a partire da Parma, Milano e Cremona: il socio e prestanome del clan, quello che gli avrebbe aperto un varco nella linea gotica. È stato arrestato un anno fa assieme al figlio Andrea con l'accusa di associazione camorristica. Un colpo grosso: nella retata sono finiti sotto sequestro società e cantieri per un valore di 50 milioni di euro. Andrea ha chiesto e ottenuto il patteggiamento a due anni. Il padre è stato scarcerato solo lo scorso 2 aprile, due settimane prima del blitz parmense della Procura antimafia: avrebbe fatto "importanti ammissioni", che restano top secret.

Aldo Bazzini è ritenuto dai magistrati anche il regista e il canale dell'operazione che avrebbe dovuto portare i boss fino al ministero delle Infrastrutture: un piano che prevedeva la corruzione di Bernini. Bazzini e Stocchi in una conversazione intercettata dei carabinieri parlano di denaro da consegnare a Bernini: "A questo dobbiamo dargli qualcosa.". Perché versare mazzette? L'ipotesi degli investigatori è che i soldi servissero per aprire un canale preferenziale negli appalti delle Infrastrutture. Un'ipotesi però. Al momento non ci sono prove che il disegno dei camorristi sia andato avanti.

Nelle 30 richieste di rinvio a giudizio un altro nome è destinato a far discutere. Si tratta di Vittorio Insigne, imprenditore e consigliere regionale campano dell'Udeur, il partito del ministro della Giustizia: per pochi voti non è riuscito a entrare in Parlamento nel 2006. Contro di lui la Procura formula accuse pesantissime: concorso in associazione mafiosa e partecipazione ai subappalti in società con le imprese dei Casalesi. Nell'atto firmato dai pm Cantone, Falcone e Marinaro vengono contestati al politico gli incontri con Pasquale Zagaria, anche negli uffici della Regione Campania. Dietro il presunto sodalizio, una ipotesi inquietante: Insigne avrebbe procurato a un'impresa, formalmente gestita da Immacolata Capone, ma controllata dai Casalesi, la certificazione antimafia indispensabile per partecipare alle gare pubbliche.

Tra minacce e tangenti, questa impresa sarebbe riuscita a inserirsi nelle opere più importanti. Come il cantiere della nuova ferrovia Alifana. O come, secondo l'accusa dei magistrati, il centro radio della Nato: grazie alla complicità di un colonnello dell'Aeronautica le ruspe della camorra avrebbero ottenuto il benvenuto anche nei bunker dell'Alleanza Atlantica. Immacolata Capone, definita dagli inquirenti la 'donna manager' del clan, verrà poi assassinata con 15 proiettili calibro nove in una macelleria di Sant'Antimo nel marzo 2004: sangue e cemento, gli elementi del potere dei Casalesi.

Chiuso il filone dei cantieri, ora ai pubblici ministeri restano ancora diverse cose da chiarire e per questo le indagini sul riciclaggio proseguono con uno stralcio. In questo fascicolo gli indagati sarebbero almeno una quindicina, tra cui l'ex assessore Alfredo Stocchi.

I magistrati vogliono sapere di più sui nascondigli del tesoro del clan, alla luce anche della capacità degli Zagaria di recuperare mezzo milione di euro in pochi minuti. Tutti cash e a banche chiuse, spesi per comprare un attico con vista sul Duomo di Milano. E vogliono capire perché Stocchi in una dichiarazione resa all'Antimafia parla di una presunta avance ricevuta da Bernini. Una telefonata in cui il consigliere di Lunardi gli avrebbe anticipato imminenti appalti: "Ci sono grossi lavori in Sardegna, se siete interessati.". Di quelle parole, il presidente uscente del consiglio comunale di Parma, ha perduto però ogni ricordo.