L'estate più fredda degli ultimi vent'anni per gli italiani è iniziata sabato 15 maggio. Da Francoforte, capitale finanziaria della Germania, è partita una serie di indiscrezioni, poi di commenti ufficiali, sulla sterzata che lo Stato più forte dell'Unione europea ha chiesto ai partner sul fronte dei conti pubblici. La nuova parola d'ordine è "Schuldenbremse", letteralmente un "freno ai debiti". In pratica, stando alla volontà del cancelliere tedesco Angela Merkel, tutti i paesi europei dovrebbero impegnarsi a non spendere più di quanto incassano con le tasse. Berlino lo ha scritto nella Costituzione: entro il 2016 il deficit pubblico non dovrà superare lo 0,35 per cento della ricchezza prodotta ogni anno (il Pil), mentre dal 2020 i vari Stati federali - i Länder - non potranno più fare debiti.
Prelievo fiscale: i dati della Commissione europea
Per quanto a Roma si preparassero al peggio, l'accelerazione della Merkel ha colto di sorpresa il governo di Silvio Berlusconi. Per giorni gli apripista della maggioranza avevano sondato il terreno, suggerendo tagli all'acqua di rose. Il ministro della Semplificazione, il leghista Roberto Calderoli, aveva buttato lì l'idea di una mini-sforbiciata del 5 per cento agli stipendi dei parlamentari, che con i loro 200 mila euro netti l'anno - per 16 ore di lavoro la settimana - sono i più alti d'Europa. Il capo partito Umberto Bossi, con la provocazione di "tagliare gli stipendi ai magistrati", aveva invece lanciato un messaggio: se c'è da colpire, la Lega ha nel mirino i dipendenti pubblici, categoria dove elettoralmente è meno forte.

Dopo l'attacco tedesco, però, è toccato al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (il taglio del 5 per cento è "un aperitivo", ha detto), gettare fumo attorno alle ipotesi che i suoi stessi sottosegretari avevano fatto circolare per testare le reazioni. Lo stillicidio comprende: un super-ticket da 10 euro sulla sanità; il congelamento del contratto dei dipendenti pubblici; un taglio agli stipendi dei dirigenti; e, per tutti gli italiani, una riduzione dal 2011 delle finestre temporali (oggi 2 per l'anzianità e 4 per la vecchiaia) durante le quali chi ha maturato il diritto può effettivamente andare in pensione (risparmio: 1,5 miliardi). Misure capaci di creare malcontento. Stando ai calcoli della Cisl, con il solo congelamento dei contratti, medici, infermieri e gli addetti della sanità perderebbero da qui al 2012 circa 1,4 miliardi, i dipendenti della scuola 1,8. L'intero pubblico impiego, universitari, vigili del fuoco, poliziotti e forze armate, un totale di 6,4 miliardi.
Il ministro ha però scelto di prendere tempo per studiare la manovra che, dal 2011, dovrebbe portare tagli alla spesa e nuove entrate per una cifra compresa fra i 25 e i 30 miliardi. "Si preoccupino falsi invalidi e evasori", ha detto. Uno slogan sacrosanto ma non troppo convincente: l'intero costo delle pensioni d'invalidità, legittime e fasulle, si ferma a 16 miliardi, mentre sul fronte della lotta all'evasione il governo - reduce dalla mega sanatoria sui patrimoni all'estero - sta approntando due nuovi condoni: uno già annunciato sulle liti tributarie pendenti in Cassazione e l'altro, atteso, sui cosiddetti immobili fantasma, scoperti grazie a una ricognizione aerea completata sotto il governo Prodi (si tratterebbe di un milione di immobili, per un gettito di 1,5 miliardi).
OCCHI APERTI A BRUXELLES
Se l'affondo della Merkel riuscirà, dunque, Tremonti rischia di essere costretto in un secondo momento a varare riforme più profonde di quelle ammesse finora. Nei primi colloqui con Bruxelles, infatti, la diplomazia della Commissione europea ha messo le mani avanti: "Non ci sono richieste specifiche ma le questioni sul tavolo sono chiare", dice una fonte a "L'espresso". Le priorità suggerite per la Fase 2 sono da far tremare qualsiasi governo: controllo del debito; più competitività, anche attraverso una diminuzione del costo del lavoro; aumento dell'occupazione di giovani e donne e allungamento dell'età pensionabile; apertura dei servizi.
Tra i fronti caldi, ci sono casa, pensioni, spesa sociale, consumi. Temi sui quali il governo cercherà sponde nell'opposizione: "Se si chiedono sacrifici, bisogna saper offrire responsabilità e leadership forte, che Berlusconi non ha. Se l'interlocutore è Tremonti, le cose cambiano", dice Enrico Letta, uno dei leader dell'ala del Pd disponibile al dialogo. A patto, però, "che Tremonti esca dalla logica dei condoni e dell'ammiccamento agli evasori".
L'ICI MASCHERATA
Dialogo o meno, una delle questioni aperte è certamente la casa. Il passato è noto. L'abolizione dell'Ici sulla prima casa ha aperto una ferita di 3,3 miliardi nei conti dei Comuni. I sindaci lombardi, in proporzione i più colpiti, in aprile si sono riversati in piazza a Milano per protestare. In teoria, l'architettura fornita al federalismo dalla legge delega esclude il ritorno di tasse patrimoniali sulla prima casa. Chiamare Ici la nuova tassa che attende gli italiani, dunque, è in linea di principio scorretto.
Nei fatti, però, il modo per arrivare a una stretta è già segnato. Calderoli sta lavorando a una tassa sui servizi comunali, dalla raccolta dei rifiuti all'illuminazione stradale, che dovrebbe essere pagata da chi della casa usufruisce: il proprietario, se è lui ad abitarla, oppure chi l'affitta. "Il nostro obiettivo è quello della semplificazione delle entrate tributarie", ha detto il ministro, sostenendo che la "service tax" dovrebbe inglobare alcuni dei balzelli attuali. Il buio sui dettagli, tuttavia, offre un'occasione: basta stabilire un livello di tassazione che colmi il buco di 3,3 miliardi lasciato dall'Ici e il gioco è fatto.
La questione, però, è delicata. Se il meccanismo di pagamento - come è stato ipotizzato - fosse parificato all'imposta sui rifiuti (legata in parte ai metri quadrati e in parte agli abitanti), per le famiglie numerose sarebbe un salasso. Per quelle povere, poi, al danno si unirebbe la beffa: la cancellazione dell'Ici ha beneficiato maggiormente chi abita in appartamenti di pregio. Per superare il problema, il modo migliore suonerebbe come una clamorosa marcia indietro: "La soluzione più semplice, che garantirebbe la maggior progressività, è legare la nuova tassa alle rendite catastali", dice Gilberto Muraro, uno dei più accreditati studiosi italiani di federalismo fiscale. Sul tema, il Pd si dice pronto: "Rifiutiamo il dialogo se non si parte dalla premessa che non si devono fare tagli a ricerca e scuola. Detto ciò siamo pronti a discutere di tutto, a cominciare da come ridurre la spesa sanitaria: prima, però, il governo reintroduca l'Ici", afferma il senatore Lucio D'Ubaldo.
L'ETÀ DELLE DONNE
Sia Tremonti che il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, si sono finora mostrati prudenti sulle pensioni, sostenendo a più riprese che il sistema è in equilibrio. Il loro attendismo si presta però anche a una critica: più che cautela, la loro è mancanza di coraggio. La Lega, forte del crescente successo fra gli operai del Nord, non vuole pagare dazio. E Sacconi teme di compromettere il rapporto con Cisl e Uil, che gli è utile per mettere nell'angolo la Cgil su altri temi caldi.
Se finora nel mirino sono finiti solo gli statali, nemico pubblico numero uno nella propaganda governativa, è però chiaro che una stretta generalizzata è nell'ordine del possibile, soprattutto se Berlino stringerà la presa. Lo sostiene un esperto come Giuliano Cazzola, Pdl, vice-presidente della commissione Lavoro della Camera: "Il problema è quale contributo può dare il sistema previdenziale al risanamento del bilancio". E lo dice con chiarezza anche Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo: "La mia opinione è che prima o poi, per arrivare a risanare davvero i conti, si dovrà mettere mano a una riforma più incisiva della previdenza. Il Paese saprà capire la gravità della situazione: la popolazione invecchia e l'Italia non può permettersi di essere il posto dove si va in pensione prima", spiega. Cosa fare, allora? "La mia proposta è portare l'età per la pensione di vecchiaia delle donne del settore privato da 60 a 62 anno entro il 2013", dice Cazzola, che calcola in un miliardo i risparmi che verrebbero. Sulla questione, però, il Pd fa muro, almeno fino a quando il governo non combatterà gli evasori.
LOTTA AGLI SPRECHI
Difficile trovare qualcuno contro. Difficile anche farla, come dimostra il continuo aumento della spesa pubblica, anche nel 2009, quando pure sono entrati in vigore alcuni tagli dolorosi, come quelli alla scuola. Il governo promette una serie d'interventi: tagli a consulenze, gettoni di presenza per le poltrone nelle società pubbliche, auto blu. La chiave decisiva però è il federalismo e, come ha ammesso lo stesso Tremonti, proprio "la spesa per gli invalidi è cresciuta da 6 a 16 miliardi da quando il potere di spesa è in mano alle Regioni". È parere diffuso che il governo abbia perso un'occasione quando, nei primi passi del federalismo, ha salvato le province, difese dalla Lega assieme alle migliaia di poltrone che si portano dietro. Se qualcosa è stato annunciato per una serie di enti, dalle comunità montane in giù, nulla sembra essere in cantiere per riorganizzare interi pezzi dell'amministrazione pubblica, dalle prefetture alla motorizzazione.
Secondo Bruno Tabacci, deputato di Alleanza per l'Italia, dev'essere evitato il rischio che i tagli agli sprechi siano il paravento per un nuovo attacco allo Stato sociale. "Prendiamo la sanità: tagliare vuol dire colpire gli sprechi, non ridurre i servizi. Si controllano solo due cartelle cliniche su cento, occorre fare di più. Bisogna andare a verificare le convenzioni con i privati, un mondo molto opaco", dice Tabacci.
FORZIERE BANKITALIA
Un anno fa Tremonti tentava l'ultimo attacco alle riserve auree della Banca d'Italia. Fu respinto con una reprimenda del presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet: la misura "desta preoccupazioni per l'indipendenza della Banca d'Italia", aveva detto in appoggio al governatore Mario Draghi. Chi conosce Tremonti sostiene che una nuova sortita non gli spiacerebbe ma, obiettivamente, ora sembra arduo, con l'euro sotto attacco e la Bce schierata a difesa del debito pubblico.
Per i conti pubblici, il vero oro sarebbero invece le risorse sottratte al fisco dagli evasori. In primavera, per frenare l'enorme evasione sull'Iva, il governo ha predisposto la reintroduzione dell'obbligo di comunicare l'elenco dei clienti e dei fornitori nelle transazioni commerciali con i paradisi fiscali. Il provvedimento, però, prevede dei margini di discrezionalità del ministero nel decidere quale tipo di transazioni devono essere effettivamente monitorate e, almeno in via teorica, apre la strada a una stretta più ampia. Curiosamente, gli elenchi dei clienti e dei fornitori per tutte le transazioni erano stati aboliti proprio da Tremonti nel 2008, subito dopo il suo ritorno al ministero, e da allora il gettito dell'Iva non ha fatto che calare. Delle due l'una: o Tremonti si è pentito e ora ha deciso di riprendere la lotta all'evasione; oppure cerca un capro espiatorio, gli evasori che trafficano con l'estero, rinunciando a prendere quelli che il nero se lo fanno in casa.
ha collaborato Alberto D'Argenzio