Con ogni probabilità sarà costretto a rinunciare, ancora una volta, al sogno che ha confessato agli amici: diventare l'ambasciatore dell'Italia nel mondo, fare il ministro degli Esteri. È il percorso che ha sempre immaginato per sé: un ingresso in politica da civil servant, per chiamata diretta. E invece Luca Cordero di Montezemolo, 63 anni, presidente della Ferrari, sente avvicinarsi il momento in cui dovrà schierarsi in prima persona. "Se la situazione continua a peggiorare, se questo è lo spettacolo che ci viene offerto, cresce la tentazione di entrare in politica", ha ammesso durante l'ultimo intervento pubblico a Napoli di fronte ai sindacati di polizia. Da quel momento in poi sono passate due settimane e la situazione, per l'appunto, è peggiorata. Con il Parlamento paralizzato nel compito di garantire la prescrizione per i processi del premier, con il partito di maggioranza, il Pdl, balcanizzato dallo scontro tra i notabili e con il governo in balia delle emergenze. E con l'attesa del Cambio che ormai si fa largo anche tra i settori che hanno concesso un'apertura di credito al centrodestra berlusconiano.
Il primo segnale, una settimana fa, è stato il ribaltone delle Generali che ha portato alla detronizzazione di Cesare Geronzi, sostituito da Gabriele Galateri di Genola, ex uomo Fiat. Una battaglia condotta da Diego Della Valle: Montezemolo, gemello siamese di mister Tod's, non ha commentato, ma il successo dell'operazione è stato interpretato come la prima sconfitta di Berlusconi e il suo vero passo d'esordio sulla scena politica. Seguito dal video di Emma Marcegaglia con cui la presidente di Confindustria ha reciso il filo che ha legato gli imprenditori al governo. "Mai come ora ci siamo sentiti lasciati soli", ha tuonato la leader degli industriali, annunciando che alle assise di Bergamo non saranno invitati i politici. Montezemolo si è affrettato ad applaudire: "Brava Emma". A chiusura di una fase di freddezza tra i due, l'ex inquilino di viale dell'Astronomia e la Marcegaglia che ha preso il suo posto, finora divisi dal giudizio sulle mancate riforme del Cavaliere e del ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
"Non c'è nessun campo in cui scendere", frena lo storico Andrea Romano, direttore del think tank montezemoliano Italia Futura. Non c'è nessuna accelerazione, perché non ci sono elezioni alle porte. Eppure, sul sito dell'associazione è messo in evidenza l'ultimo sondaggio Swg con un risultato lusinghiero. Il 59 per cento degli italiani approva un ingresso dell'ex presidente di Confindustria in politica, il bacino dei potenziali elettori di una lista Montezemolo arriva al 36 per cento, più del Pdl e del Pd, un consenso distribuito soprattutto tra elettori di centrosinistra, di centro e tra i non collocati, meno tra gli elettori di centrodestra. Nello stesso sondaggio si segnala la difficoltà di definire l'identità politica del presidente della Ferrari: il 29 per cento lo considera un uomo di centrodestra, un successore di Silvio Berlusconi, il 32 per cento lo colloca al centro, alla guida del Terzo Polo di Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, per il 30 per cento sarebbe un buon candidato premier del centrosinistra.
La fotografia di un'attesa. C'è una fetta dell'elettorato che spera in una nuova offerta politica. In aumento: sei mesi fa un altro sondaggio Swg assegnava alla lista Montezemolo il 9 per cento, pescato nell'area del non voto. Oggi la suggestione di Montezemolo, con i suoi toni kennediani, abbastanza vaga e indeterminata per accontentare tutti, sembra intercettare quest'ansia di novità, di un qualcosa che sblocchi la stagnazione.
"Il muro di Berlino c'è ancora, è nell'aula di Montecitorio", osserva l'avvocato-deputato del Pdl Gaetano Pecorella. Dopo il voto di fiducia alla Camera del 14 dicembre in cui si consumò lo scontro tra Berlusconi e Gianfranco Fini, a sentire gli strateghi berlusconiani le convulsioni della maggioranza avrebbero dovuto fermarsi: regolati i conti con i finiani si poteva tornare a governare. Invece, le difficoltà sono aumentate. Lo scontro con la Lega sull'emergenza profughi. L'ossessione per la giustizia. La scossa per l'economia, sempre annunciata e mai arrivata. Le risse nel Pdl tra ex Forza Italia ed ex An, che sono arrivati quasi alle mani nell'aula di Montecitorio. E Berlusconi assente, intento a raccontare barzellette o ad arringare i tifosi sulle scale del Tribunale di Milano.
Risultato: "Silvio è bollito", ha concluso impietosamente in prima pagina "Libero" della coppia Feltri-Belpietro, di solito in sintonia con gli umori del popolo berlusconiano. "Ho fatto un sogno: il Cav. potrebbe lasciare", ha rivelato sul "Giornale" il super-consigliere di palazzo Grazioli Giuliano Ferrara. "C'è bisogno di una svolta vera, altrimenti non si vivacchia ma si sprofonda. Le elezioni potrebbero risultare il male minore", ha scritto sul "Corriere" Pierluigi Battista. Opinioni analoghe si raccolgono nei documenti ufficiali e nelle conversazioni riservate ai vertici della gerarchia ecclesiastica. E c'è la Cisl di Raffaele Bonanni che triangola con il ministro Maurizio Sacconi e con Giuseppe Fioroni, nella logica di superare gli attuali schieramenti, con la benedizione di Cei e Vaticano.
Il governo si sfarina, giorno per giorno. L'opposizione si rifugia nell'ostruzionismo parlamentare e nella piazza. In questo contesto, la crescente quota di elettorato che si dice disposta a votare per Montezemolo più che un consenso verso la sua persona è un sintomo, il segnale che c'è l'esigenza di nuovi protagonisti in grado di terremotare il sistema. "Man mano che la crisi si fa evidente appare chiaro che le nostre analisi non erano infondate. E anche chi prima taceva ora denuncia che così non si va avanti", commenta Romano. Il primo a parlare di lista Montezemolo è stato l'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari. Ma nella sede di Italia Futura, a Roma, la reazione non è esattamente entusiasta: troppo presto, meglio continuare a costruire il network.
Ci sono le associazioni regionali che ricordano i circoli territoriali del Buon Governo che nel '93 anticiparono la nascita di Forza Italia e la discesa in campo di Berlusconi: la prima è Italia Futura Marche, presieduta dall'imprenditrice Maria Paola Merloni, deputata Pd, all'inaugurazione, un mese fa, in prima fila c'erano il Gatto e la Volpe, Montezemolo e Della Valle (giocava in casa, nella sua regione). Seguiranno Toscana, Veneto, Liguria. Nell'ultima settimana, poi, l'associazione montezemoliana ha offerto sponda ai giovani precari, con un documento firmato da Pietro Ichino e Nicola Rossi, entrambi senatori Pd.
Sui temi della sanità c'è Walter Ricciardi, direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università Cattolica e dell'Osservatorio nazionale per la salute delle regioni. E c'è il dialogo con gli artigiani, una categoria bistrattata dalle associazioni di rappresentanza tradizionali, tradita da Berlusconi e dalla Lega, un esempio di come mister Ferrari intenda il suo impegno politico: fare il pieno dei delusi del berlusconismo, quelli che hanno sognato la rivoluzione liberale e che si sono ritrovati con la nostalgia dell'Iri di Tremonti. Non a caso, più che Berlusconi, è il ministro dell'Economia il bersaglio preferito dai montezemoliani: "l'Imperatore dei marziani", viene definito da Italia Futura, quelli che governano da dieci anni e che fingono di non avere responsabilità.
Il problema è che anche il vaporoso Luca rischia di fare la figura del marziano. Per mesi l'ex presidente degli industriali ha puntato su una transizione soft dal berlusconismo. Nei colloqui con i suoi interlocutori politici (Pier Luigi Bersani, Fini, Rutelli, Casini, il ministro Sacconi) si è parlato di un governo tecnico con pochi punti in agenda: la riforma della legge elettorale, qualche norma anti-casta, qualche misura shock per rilanciare l'economia. Un governo così Montezemolo sarebbe stato disponibile a guidarlo. Lasciando in prospettiva ai professionisti della politica, D'Alema, Fini, Casini, le poltrone istituzionali: Quirinale, Montecitorio, Palazzo Madama.
"Ma ora quella fase è passata", ragiona il rutelliano Pino Pisicchio, "il rischio è che restare fuori dalla politica gli faccia sfuggire l'occasione. Nel Palazzo c'è la stessa atmosfera da fine del Sacro Romano Impero degli anni Novanta: a dare il colpo di grazia arrivò Mani pulite, oggi un innesto di Montezemolo sarebbe dirompente. Ma deve uscire dai box". Alla guida di un nuovo Polo alternativo al Cavaliere. Anche se in molti nel Pdl respingono l'idea di un Montezemolo schierato contro Berlusconi. "Finirebbe nel tritacarne". E lo stesso Luca sembra preoccuparsi: "La politica è una bestia pericolosa", confida: "Se dichiarassi ora il mio ingresso in campo, per due anni finirei massacrato".
L'uomo della Ferrari non dimentica la sua unica esperienza politica. Era la metà degli anni Settanta, Luca era il giovane assistente di Umberto Agnelli eletto senatore della Dc. Toccò a lui mettere su la corrente degli Hiltoniani (si riunivano all'Hilton) che volevano riformare la Balena bianca. Andò male e Agnelli si ritrovò a fare il peone nei corridoi di palazzo Madama. Una lezione mai dimenticata: diffidare delle trappole della politica. Nel frattempo, però, Luca è cresciuto, da tempo non è più un apprendista del potere, nel Palazzo si muove da esperto. E la stagione delle scelte è arrivata anche per lui.