"Il suicidio del collaboratore Di Maio? E' un danno per tutta la società, non solo per i mancati arresti e per le mancate condanne che si sarebbero potute ottenere se la sua collaborazione fosse proseguita. Ma perché trasmette un valore simbolico fortemente negativo verso tutti coloro che vorrebbero intraprendere la stessa scelta, dimostrando loro che nulla è possibile fare per uscire da Cosa Nostra e rifarsi una vita. E che la mafia alla fine è sempre più forte". Parole durissime, amare, realiste quelle di Gaetano Paci, sostituto procuratore da anni titolare di inchieste su Cosa nostra, le collusioni con la politica, il racket delle estorsioni. Dopo il suicidio del "pentito" Giuseppe Di Maio - avvenuto in Liguria, nella località protetta dove viveva dopo aver svelato i segreti del clan del "pizzo" di Palermo - e dopo il tentato suicidio di un collaboratore storico come Francesco Marino Mannoia, il tema dei rapporti tra lo Stato e chi ha "tradito" Cosa nostra è tornato rovente. "Che un collaboratore di giustizia si tolga la vita sembra una non-notizia" commenta Paci "Soprattutto in estate, scivola via tra le tante storie che affollano la cronaca e non riesce a conquistare l'interesse dei lettori. All'indifferenza si assomma anche il cinismo di chi lo considera un problema in meno per la società, tanto si tratta pur sempre di un delinquente…".
In effetti la percezione che molti hanno, anche a seguito di campagne di delegittimazione interessate, è proprio questa: un criminale in meno…
"Tranne che per gli addetti ai lavori, in nessuno si manifesta la consapevolezza che si tratta di una grave sconfitta per lo Stato, per quella parte di esso che dovrebbe impiegare le risorse migliori per contrastare la criminalità mafiosa anche con l'incoraggiamento e la difesa di coloro che scelgono di collaborare con la giustizia. Beninteso semprechè si tratti di collaborazioni serie, riscontrate ed attendibili".
Di Maio era un "pentito" che non ha esitato ad accusare l'ex suocero di guidare il clan di Santa Maria di Gesù. E per questo è stato messo al bando dalla moglie. Ma le sue parole hanno consentito già le prime condanne
"Sì, Di Maio era un collaboratore attendibile. Aveva deciso da poco di compiere questo passo, ed immediatamente nei suoi confronti erano scattati l'ostracismo familiare e l'indelebile attribuzione del marchio di infamia da parte dell'organizzazione mafiosa. Cosa che gli era costa la brutale recisione dei più intimi legami affettivi".
La scelta di rompere con la mafia non è mai presa a cuor leggero…
"Come per tanti altri che avevano preso la stessa decisione, Di Maio non aveva iniziato soltanto un nuovo percorso giudiziario ma aveva intrapreso una scelta esistenziale che da soli è molto difficile portare avanti. Ecco perché è necessario un adeguato sostegno da parte dello Stato".
Il gesto di Di Mario - trovato impiccato nella casa dove viveva ai domiciliari da solo - ha quindi un valore che va oltre il singolo caso…
"Sarebbe sbagliato attribuire al suicidio di Di Maio una rilevanza esclusivamente individuale, dato che esso si inserisce in un momento storico in cui le condizioni di disagio espresse dai vari collaboratori di giustizia nel corso di udienze pubbliche evidenziano che occorre rivedere il sistema di protezione. Dotandolo di tutte le risorse e dei mezzi necessari per assicurare un efficace contrasto alla criminalità mafiosa".
Gli ex mafiosi Maurizio Spataro, Francesco Briguglio e Gaspare Spatuzza ne sono l'esempio: durante i processi a cui hanno partecipato hanno denunciato gli intoppi di un Servizio Centrale di Protezione costretto a fare i conti con i tagli dei fondi.
"I collaboratori lamentano il mancato pagamento degli onorari dei difensori o dell'assegno di mantenimento necessario per vivere, e le numerose difficoltà incontrate per poter svolgere un lavoro con la conseguente impossibilità di pervenire ad un reale reinserimento sociale. E chiedono ad esempio, particolare da non trascurare, anche di poter avere un supporto psicologico che oggi, spesso, viene a mancare".
Auspicio finale?
"Che il suicidio di Di Maio serva almeno ad indurre la nostra classe politica ed il governo in particolare a farsi carico delle condizioni di inefficienza in cui versano gli Organi della protezione dei collaboratori, e a risolverle. Sarebbe davvero un bel segnale per dimostrare sostegno ai magistrati ed alle forze di polizia nella lotta contro la criminalità mafiosa".