A qualcuna Ghedini prova pure a sbattere le ciglia dell'occhione trasparente: mai dire mai a una redenzione sulla via di Arcore. È il via vai nel palazzo di Giustizia di Milano dove ha alzato il sipario dalla scorsa primavera il bunga bunga gate, il processo per il quale l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potrebbe essere inchiodato al reato di concussione oltre che a quello di aver fatto sesso con la ex minorenne Ruby rubacuori, rilasciata grazie al di lui intervento e alla strepitosa balla di una parentela con il presidente egiziano Hosni Mubarak.
Sotto il fuoco di fila delle domande del pm Antonio Sangermano e sotto gli occhi delle tre giudici donne, la presidente Giulia Turri, Orsola De Cristofaro e Carmen D'Elia, rigide nei seggioloni di cuoio ad ascoltare il racconto di un mondo che ha tenuto banco nell'Italia senza crescita economica ma che su questo si è espansa mediaticamente anche nelle terre dei baluba, passano le presenze, le figure, le comparse di Villa San Martino. Viene evocato il disc jockey Ben. Ricordato il pianista Danilo. Citato Fedele Gentile, braccio destro di Lele Mora. Aleggia la presenza dell'indivisibile e anziano trio di caballeros seduto in poltrona, spesso esausto, ad assistere all'impegno delle campionesse del bunga bunga: il sior Silvio come lo chiamano tutte, l'ottuagenuario Emilio Fede e Mora in qualità di press agent di quasi tutto il corpo di ballo e non di spettatore interessato, come ben si sa.
Nell'aula austera, si materializzano, uno via l'altro, esponenti di quel milieu istituzionale che, secondo il Berlusconi style, deve circondare i premier del mondo civile: parrucchieri, ex pompieri, camionisti anche tassisti, rappresentanti di gioielli, ballerini-spogliarellisti, la vera ENA del Cavaliere. Ma sfilano anche commissari, poliziotti, giudici minorili, periti informatici, tre, quattro, anche nove in una sola udienza, a confutare o confermare quello che le penitenti di Arcore o le rapaci sacerdotesse di Silvio vanno spifferando, smentendo, sostenendo.
Sulla pedana del tribunale con agio come fosse una passerella, accessoriate di foulard di Vuitton e di Hermes, borse alla moda quindi extra large, scialli dégradé, passano le damigelle soprannominate nel bel mondo di Arcore "le Vitamine", molte arrivate dritte dritte dai casting di programmi dai nomi significativi: "La grande notte" per esempio o "Vivere meglio" (all'età di Silvio?) pronte a molto ma non ai giochi preferiti del signore del castello. C'è la danzatrice del ventre Maria Makdoum, le miss piemontesi Ambra e Chiara, visi intensi da studentesse maliziose, Natascia Teotino, bella e tenebrosa. Così il tribunale di Milano è diventato la momentanea succursale del bunga bunga show, in tournée forzata s'intende.

È la vita in diretta e quasi senza più segreti della tratta Milano-Arcore, con il sole, con la luna, ragazze di giornata e ragazze a lunga conservazione, il reddito sicuro della culotte, il capital gain da reggicalze, il premier Silvio promette bunga bunga per tutte.

È la testimone oculare dei famosi spogliarelli e balli (di Nicole Minetti e Barbara Faggioli), delle note danze lesbo e provocatrici, dei risaputi giochi e baci a simpatiche statue di Priapo, di travestimenti e nudità ("Seni rifatti", specifica), di filmati compromettenti e di soldi a palate prima e dopo (solo ultimamente 127 mila euro a Minetti e alle gemelle Eleonora e Imma De Vivo).
Subisce anche delle pressioni per il suo silenzio - colpo di scena da foro tv americano (Mediaset farebbe passi falsi per mandarla in onda) - da un "uomo alto e biondo e non italiano" (russo, forse, si è subito sussurrato in aula?) che le consegna un arcaico telefonino con tranquillizzante scheda di una persona morta. La testimonianza scuote alquanto Longo e Ghedini (di conseguenza, i sei avvocati di sostegno seduti dietro a loro). Tanto da far prendere a Ghedini nel contro interrogatorio una posa da Napoleone, braccio a squadra poggiato sul dorso, oltre che la rincorsa per avvertire telefonicamente il premier.
Nell'epica del bunga bunga processuale e del vaudeville berlusconiano, si infila perfino un simbolo della casalinghitudine da spot. Ecco il sovrintendente Ranalli che con la sua volante Corsico del quinto turno interviene nella lite tra una Ruby perizomata e una Michelle Conceicao Santos Oliveira infuriata (nonostante il nome e i modi eleganti non è nobile) che l'ha colpita con un mocio. "Un mocio?", chiede il pm ignaro. "È uno speciale tipo di straccio", spiega il poliziotto laconico ormai ben informato sull'argomento scope.
Ecco la testimonianza di Raffaele Garrisi assistente al compartimento di polizia postale, poliziotto informatico che in tribunale rilascia una dotta e tecnica spiegazione su come introdursi negli hard disc e nelle memorie dei cellulari. Da qui l'erudita classificazione (potrà forse ispirare la ditta Filofax o la super chic Smithson) della rubrica della sopra nominata Michelle: le amiche sono divise in "iputtanei" e "itroiei" (c'è una differenza? ) e gli uomini in "iclientei".
Ecco i quattro esperti in pronto servizio pubblico per minorenni tra cui anche una suora (vera, non la Minetti sotto performance) dove secondo le disposizioni di Annamaria Fiorillo pm dei minori, doveva essere ospitata Ruby nella lunga notte in cui finisce nelle mani della polizia. E i piedipiatti e i commissari sguinzagliati anche a Taormina alla ricerca dei genitori dell'allegra fanciulla che, in un pasticcio sempre più confusional-istituzionale arriva a confidarsi proprio con Ermes Cafaro, il poliziotto che la ferma dopo la denuncia della scomparsa di 3 mila euro da parte dell'ex coinquilina Caterina Pasquino. Non solo comincia a tirare in ballo il premier: "Citava continuamente questo Silvio: ma chi era, mi dicevo?", racconta lui. Ma arriva a confessargli che lei avrebbe voluto fare il carabiniere. Pericolo scampato ormai.
Oltre il giardino di Arcore, l'epopea del processo bunga bunga cita luoghi mitici di incontri, aperitivi, abboccamenti, rimorchi. Nei locali Albicocca, Karma, Toqueville le protagoniste della lieta pagina della politica nostrana incontrano uomini dai nomi interessanti, il parrucchiere Sergio Pennuto, il gestore di bar Daniele Letto, l'avvocato-ballerino-spogliarellista-cubista Antonio Passaro, il vigile del fuoco Vincenzo Silvestri.
Per il premier la ricerca delle novità è al primo posto, che noia i gravi problemi del Paese, che vada pure a rotoli. Così via all'interesse certamente scientifico per le gemelle, partenopee, ungheresi e pure rumene, accolte bene anche certe citate cugine asiatiche. Via libera - non si facciano discriminazioni - anche a ragazze come Melissa Tumini, doppiamente laureata (alla Bocconi) che arriva in aula chicchissima, in un beige da casa reale, pronta a raccontare lo stupore, l'ambientino, il rifiuto di dare un bacio a Berlusconi che le regala comunque 2 mila euro e la scelta di andare via.
La sua compagna di scuola Nicole Minetti la riaccompagna a casa e la rimprovera: "Hai fatto un errore". La stessa frase ma in senso contrario le era stata detta, come da testimonianza, dalla giudiziosa amica Maura Vadalà (poi interrogata dall'avvocato Ghedini detto Mavalà): "Non si va a casa di persone sconosciute e soprattutto di età così avanzata". Grande Vadalà , niente bunga bunga, non è che le interessa la carriera politica?