Mettere in discussione l'euro. Far saltare il rapporto debito/Pil. Ottenere da Bruxelles una deroga sul patto di stabilità. È quello che serve all'economia italiana secondo un grillino della prima ora
«Élite finanziarie e organismi sovranazionali ci dettano l’agenda politica, dobbiamo riprenderci la sovranità persa». Carlo Sibilia, 27enne, è un grillino della prima ora. Di Avellino, nella sua stanza alla Camera ha una bicicletta pieghevole con cui gira per Roma. In Parlamento si interessa, soprattutto, dei problemi economici e finanziari del Paese. «Nella vita abbiamo due certezze: la morte e il debito pubblico. Dobbiamo contrastare quest’Europa e mettere in discussione la moneta unica».
In Aula hai criticato duramente la sostenibilità del debito italiano e attaccato le politiche di austerity, la finanza e le banche. In cosa consisterebbe la ristrutturazione del debito? Teorizzi un default pilotato?«Da cittadino mi chiedo semplicemente l’origine del nostro debito pubblico. Nei confronti di chi l’abbiamo? E a chi dobbiamo pagarlo? La cifra è spaventosa: 2mila miliardi. Il governo Letta-Alfano non è in grado di dare risposte: un esecutivo illegittimo – perché non votato e voluto dai cittadini – e sovversivo visto che il Consiglio dei Ministri è la stanza segreta di veDrò, la fondazione del premier a cui sono iscritti ben 5 ministri. Coloro che esercitano le scelte non sono le persone preposte a farlo. Intanto le strutture europee controllano le popolazioni attraverso la mannaia del debito pubblico»
Parli spesso di crisi di sovranità. Sei un convinto antieuropeista?«Sono europeista ma mi chiedo quale sia il ruolo dei cittadini in quest’Europa nata nel 1957 con un patto su acciaio e carbone. Poi è diventata CEE (Comunità economica europea) dimenticandosi del tutto della gente. Aver approvato il pareggio di bilancio in Costituzione e il Fiscal Compact sono stati gravissimi errori del governo Monti e dei partiti che lo sostenevano, anche se il male iniziale è il Patto di Maastricht del lontano 1992. Da lì partono i nodi della crisi, non dal 2006»
Quindi contesti proprio il modello liberista affermato a Maastricht e l’unione economica?«Prendo in prestito una metafora del professor Claudio Borghi, il quale ritiene che nella Ue tutti siano andati al ristorante e si siano sentiti male. Solo uno sta meglio degli altri: il ristoratore. Ovvero la Germania. A Maastricht tra l’altro si era fissato il tetto del 3 per cento di inflazione. Andava rispettato, la Germania era sotto ma avrebbe dovuto adeguarsi e non spacciarsi per virtuosa! Se si accettano le regole, si accettano tutte. Sono contro un’Europa a due velocità: se vogliamo costruire l’UE dobbiamo condividere debiti e crediti. Poi il Fiscal Compact impone il rapporto debito/Pil al 3 per cento, in base a quale fondamento economico? È un semplice strumento politico»
Torniamo alla domanda iniziale. Qual è la tua proposta sul debito?«Bisogna far capire alla Germania che il debito va condiviso o dilazionato. Si può pensare ad Eurobond comprati dalla Banca Centrale oppure – meglio – ad una deroga del Patto di Stabilità. O anche le due cose insieme. Non possiamo permetterci più di tagliare la nostra spesa pubblica: i cittadini sono al collasso e stanno pagando i costi dell’austerity. Siamo arrivati, come nel ’92, alla svendita del patrimonio pubblico, alla privatizzazione selvaggia. Ci siamo vendendo l’Italia come dimostra il caso Telecom-Telefonica o utilizziamo soldi pubblici per pagare debito privato, vedi Alitalia»
Il problema sono le politiche imposte da Angela Merkel?«Non è lei, ma gli organismi sovranazionali e le oligarchie economiche che le stanno dietro. Come del resto qui da noi. Da Prodi a Monti possiamo intravedere il filo conduttore della varie élite finanziarie che ci comandano: Goldman Sachs, Fondo Monetario Internazionale, Trilateral e Bilderberg»
Il M5S parla nel suo programma di referendum sull’euro. Ma – da un punto di vista giuridico – è possibile visto che il nostro ordinamento costituzionale non prevede consultazioni abrogative di trattati europei?«È un tema di discussione, ritengo ci siano le condizioni costituzionali per farlo. Più in generale l’idea del referendum serve per rompere il tabù della moneta unica. Esiste un partito unico dell’Euro che occupa media, informazione ed è pensiero unico dominante, noi del M5S siamo per discuterne, senza pregiudizi»
Pure si facesse il referendum, non temi una fuga di capitali devastante nei mesi antecedenti alla consultazione?«Uscire dalla moneta unica non sarebbe una strada semplice. Non escludo anche forti ripercussioni sociali. L’obiettivo finale però deve essere chiaro: ritornare ad avere una sovranità monetaria. Dove è sancito che l’Europa debba diventare superpotenza? Sono per la cooperazione tra Stati stando però attenti ai diritti dei cittadini. Ora siamo diventando i cinesi d’Europa: multinazionali verranno ad investire sul nostro territorio imponendo ai lavoratori compressione salariale e orari da schiavitù, visto che la manodopera costa da noi meno che nel loro Paese. Vicino Avellino ha chiuso l’Irisbus, ex fiore all’occhiello della Fiat, perché Marchionne ha delocalizzato in Polonia, forse un giorno lo stabilimento tornerà a produrre autobus sotto il marchio Mercedes»
Che ne pensi del marchionnismo?«La Fiat è in crisi perché da anni non punta più su ricerca, sviluppo e innovazione. E adesso Marchionne – supportato dai sindacati che sono costole dei partiti – crede di rilanciare la produzione puntando sull’abbassamento dei costi salariali ma è una sfida sbagliata. Porta solo all’azzeramento dei diritti e – come in Grecia – ad una riduzione delle garanzie dei cittadini. L’unico modo per uscirne è, provocatoriamente, esportare i sindacati in Cina»
Ce l’hai anche con la Fiom? Non credi che abbia contrastato le misure liberticide di Marchionne?«Le mie critiche sono per i grandi sindacati. Se esistono quelli che hanno operato bene, saranno i lavoratori a deciderlo»
Chi sono i tuoi economisti di riferimento?«Potrei citare Rinaldi, Piga, Bagnai, Galloni, Borghi. Tutti con posizioni diverse fra loro. Ma in generale sono per chi mi stimola a ragionare senza pregiudizi di sorta»