Il governo sta per scadere ma intanto distribuisce poltrone ai diplomatici: con la consueta spartizione tra uomini vicini al centrodestra e al centrosinistra, amici di Scajola o della Turco

L'11 dicembre scorso, nel primo Consiglio dei ministri dopo l'annuncio di imminenti dimissioni, il governo Monti dà il via libera a "un limitato movimento diplomatico", come lo definisce Palazzo Chigi.

In realtà non si tratta di un giro di poltrone così limitato, dal momento che riguarda la nomina di una ventina di ambasciatori. Senza contare che l'esecutivo che lo delibera è ormai agli sgoccioli e il ministro che lo propone sta per dire addio al suo incarico alla Farnesina. A ogni modo, come da prassi, vengono avviate le procedure per verificare il gradimento dei Paesi interessati e molte ufficializzazioni sono arrivate solo nei giorni scorsi, alcune addirittura dopo le elezioni.

Andando a leggere i curricula dei nuovi rappresentanti dell'Italia all'estero, per molti spicca un comune denominatore: il passato politico al fianco di ministri, sottosegretari e presidenti di regione. A cominciare da Daniele Mancini, il nuovo ambasciatore in India, nominato a fine 2012 dopo il beneplacito di New Delhi e nel bel mezzo della contesa sui marò. Chi è questo diplomatico oggi messo sulla graticola per aver fatto da garante sul rientro dei fucilieri? Da dove viene e perché Terzi ha puntato proprio su di lui in un momento tanto delicato? Quel che è certo è che Mancini di recente ha avuto a che fare parecchio coi Paesi emergenti. Nel 2008, dopo l'insediamento allo Sviluppo economico, Claudio Scajola lo nominò infatti suo consigliere diplomatico e lo mise a capo delle Relazioni internazionali del ministero. Una stagione di particolare attivismo, tra il rilancio del nucleare, gli accordi con le nuove potenze e la stagione d'oro di Finmeccanica (riempita di fedelissimi da Scajola), che in quegli anni ottenne alcune delle più importanti commesse in giro per il mondo, da Panama all'Indonesia alla Russia.

Appalti forse vinti anche grazie a quella che il gip di Busto Arsizio ha definito una "filosofia aziendale basata sulle tangenti". E stando al raccontato ai magistrati napoletani dell'ex responsabile delle Relazioni istituzionali, Lorenzo Borgogni, anche grazie ai buoni uffici del governo Berlusconi e dei suoi uomini più fidati come Scajola, a sua volta indagato per una presunta tangente ottenuta per una commessa in Brasile. Al periodo in cui Mancini era allo Sviluppo economico risale anche la commessa per fornitura di elicotteri della Agusta Westland al governo di New Delhi, oggetto della presunta corruzione internazionale che ha portato in carcere il presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi.

Per settimane le autorità indiane hanno avanzato senza successo la richiesta di documenti che mettessero in luce il coinvolgimento degli ufficiali delle Forze armate. Poi, nel giro di pochi giorni, un'improvvisa accelerazione: l'invio da Roma di una prima parte delle carte dell'inchiesta dal governo italiano e la decisione di Palazzo Chigi di trattenere in patria i marò. Quanto basta per far ipotizzare ai media indiani uno scambio inconfessabile, al di là delle infuocate reazioni ufficiali contro il nostro diplomatico.

Mancini è però solo il primo della lunga lista di funzionari della Farnesina passati negli ultimi anni per i palazzi della politica e promossi al rango di ambasciatori nell'ultima tornata di nomine.

Patrizio Fondi, mandato in Giordania, è stato scelto anche lui quale consigliere da un ministro berlusconiano come Sandro Bondi ed è rimasto ai Beni culturali anche con Giancarlo Galan e Lorenzo Ornaghi. Il nome di Galan spunta anche dietro quello di Umberto De Vito, nuovo rappresentante italiano a Malta: è stato infatti l'ex governatore veneto a portare De Vito (veronese) al ministero delle Politiche agricole, dove poi è rimasto con Saverio Romano e Mario Catania fino ai giorni scorsi.

Da una collaborazione col centrodestra arriva anche Francesco Calogero, ora in Costarica: dal 2010 era nello staff del governatore campano Stefano Caldoro, per il quale curava le relazioni internazionali. Bisogna tornare più indietro nel tempo, ma anche Pietro Sebastiani, nuovo ambasciatore in Spagna, ha un passato analogo: ai tempi in cui era presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini lo scelse come suo consigliere.

Ovviamente la funzione propiziatoria della politica è trasversale e anche molti diplomatici scelti dalla sinistra sono diventati ambasciatori.

È il caso di Raffaele Trombetta, da poche settimane a Brasilia: ai tempi del primo governo Prodi, Dini lo volle come consigliere e nel 2006 il sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti (Margherita, all'epoca, oggi montiano) lo ha messo a capo della sua segreteria particolare.

Ai tempi del secondo governo Prodi risalgono anche le collaborazioni del nuovo rappresentante dell'Italia all'Onu, Gianni Ghisi (consigliere diplomatico di Livia Turco al ministero della Salute) e dell'ambasciatrice in Paraguay Antonella Cavallari La Francesca, chiamata a guidare la sua segreteria particolare dal viceministro degli Esteri Franco Danieli e poi confermata da Vincenzo Scotti. Alfredo Bastianelli, adesso in Belgio, fu invece chiamato da Alfonso Pecoraro Scanio al ministero delle Politiche agricole.

Mario Boffo, il nuovo ambasciatore in Arabia Saudita, non vanta invece un passato politico. In compenso è stato consigliere all'Onu a metà anni Novanta, quando il numero due della rappresentanza italiana al Palazzo di Vetro era Giulio Terzi di Sant'Agata, l'attuale ministro.

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