L'ex avvocato del boss Brusca (già indagato e poi prosciolto per rapporti esterni con le cosche) vuole edificare 90 ettari agricoli a ridosso dell'Appia Antica. E il sindaco Alemanno ha approvato il suo progetto

«Da sempre è stata l'edilizia a muovere l'economia della capitale», ha spiegato tempo fa Gianni Alemanno, annunciando che Vianini (società del gruppo Caltagirone) realizzerà insieme al gruppo Salini e ad Ansaldo il prolungamento della Metro B, ricevendo come compenso la possibilità di edificare 900 mila metri cubi su terreni pubblici.

Il sindaco s'è detto deciso anche a raddoppiare l'aeroporto di Fiumicino - piste e palazzine sono su terreni griffati Benetton - un'operazione promessa da tempo che Alemanno ha definito la «madre di tutte le battaglie», per la quale è disposto a «salire personalmente su una ruspa».

Nonostante proclami a go-go, in cinque anni di governo il centrodestra non è riuscito a rianimare il settore edilizio,
che a Roma agonizza tra invenduto e incompiuto. La giunta ha però prodotto un fiume di varianti e previsto nuovi diritti edificatori, senza - sostengono i critici - inserirli in una pianificazione urbanistica più generale. Per quanto si tratti per
ora solo di delibere (molte nemmeno approvate), è interessante capire quale potrebbe essere il loro impatto ambientale. E, soprattutto, chi potrebbero essere i beneficiari.

In un caso, in particolare, lo studio delle carte porta a una scoperta sorprendente: uno dei progetti più importanti approvati è stato infatti vinto da Vito Gangi, l'avvocato del boss mafioso Giovanni Brusca, che fu lui stesso indagato e poi prosciolto (nel 2001) per concorso esterno in associazione mafiosa.

Andiamo con ordine, partendo dal 2008. Dichiarando di voler fronteggiare l'emergenza abitativa, Alemanno lanciò un bando in cui invitava i proprietari di aree agricole vincolate a candidare i propri terreni a diventare «ambito di riserva a trasformabilità vincolata». Tradotto, i terreni agricoli sarebbero potuti diventare edificabili per avere in cambio una percentuale del nuovo cemento ad affitto calmierato (che resterebbe di proprietà del costruttore). Tra i richiedenti ritenuti "ammissibili" (con determinazione dirigenziale n. 331 del 16 maggio 2012, ma la variante generale di piano che li renderebbe effettivamente edificabili non è stata ancora presentata) c'è un po' di tutto, da anonime aziende agricole a tradizionali rentier romani come i Torlonia, a costruttori noti - tra cui Astaldi, Todini, Parnasi, Enrico Maria Antonelli, e decine di nomi meno conosciuti. Tra questi, spunta l'azienda agricola La Cornacchiola di Palermo, di proprietà di Ganci, che ha presentato un progetto per edificare 90 ettari di Agro a ridosso del Parco dell'Appia antica, dove dovrebbero sorgere 2.341 alloggi per circa 750 mila metri cubi di cemento. In pratica, nascerebbe un quartiere di quasi 4 mila abitanti a ridosso dell'Appia antica.

Ma chi è Ganci? Nativo di San Giuseppe Jato, per un ventennio è stato l'avvocato del conterraneo Brusca. Si autosospese dall'ordine nel 1997, quando il mafioso Balduccio Di Maggio sostenne che Gangi e altri due uomini non identificati gli fecero pressioni affinché ritrattasse - in cambio di denaro - le dichiarazioni che il pentito aveva reso sul conto di Giulio Andreotti, in particolare quella sul presunto incontro con bacio tra il senatore a vita da poco deceduto e l'allora capo di Cosa Nostra Totò Riina. Accusato di violenza privata, fu prosciolto. Dopo il pentimento, anche Brusca tirò pesantemente in ballo il suo ex avvocato, con dichiarazioni che portarono la sua iscrizione nel registro degli indagati per concorso esterno. Nel 2001, il gip archiviò il procedimento. In una deposizione Brusca parlò anche della Cornacchiola, che Ganci avrebbe voluto trasformare «da terreno agricolo a terreno edificabile» grazie ai rapporti con gli ambienti andreottiani.

Anche il terreno ha una storia giudiziaria complicata: secondo la sentenza-ordinanza del gip Otello Lupacchini contro la Banda della Magliana, intorno alla Cornacchiola s'intrecciavano gli interessi della banda, della loggia P2 e della mafia: l'azienda sarebbe stata nelle disponibilità dei faccendieri Florent Lay Ravello e di Flavio Carboni che, in combutta con personaggi come Domenico Balducci e Pippo Calò, nel 1975 cercarono di renderlo edificabile. Nell'81 - sempre secondo la sentenza - la proprietà passò direttamente dalle società svizzere controllate dal Ravello a Vito Ganci. Che spera, ora, che il sogno di edificare diventi presto realtà.

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