Per apprezzare l'una e le altre non bisogna mai sapere come vengono fatte. E il caos totale nello spoglio delle schede ne è una conferma. Come ci racconta il candidato in un municipio della capitale

Una delle celeberrime Leggi di Murphy recita più o meno così: «La gente a cui piacciono le salsicce e che rispetta le leggi non dovrebbe mai guardare come entrambe vengono fatte».

Bene, dopo quello a cui ho assistito negli ultimi dieci giorni aggiornerei l'adagio aggiungendo alle salsicce e alla legge la democrazia: perché vedere da vicino come viene «fatta», la democrazia, è uno spettacolo dal quale potrebbe essere molto difficile riprendersi.

I fatti: a Roma un manipolo di radicali viene candidato da Ignazio Marino nella sua lista civica; in quel manipolo ci sono anch'io, che mi candido come consigliere in uno dei municipi.

Il «prima» potete immaginarlo: l'entusiasmo, la campagna elettorale, il rush finale degli ultimi giorni prima del voto, e poi, lunedì 27 maggio, la cena tutti insieme per guardare le prime proiezioni in televisione. I dati sulle preferenze, dicono, inizieranno a uscire il giorno dopo.

Così, quando il giorno dopo arriva, accendo il computer e mi collego col sito del Comune: nel quale, già dal mattino, hanno iniziato a pubblicare un pezzetto per volta i soli dati delle preferenze per i candidati al Consiglio Comunale; avvertendo tuttavia che le «informazioni sono da considerarsi indicative senza alcun valore ufficiale».

Ci godiamo l'aggiornamento progressivo tutti insieme, ciascuno connesso al proprio computer, scambiandoci chat, sms e mail, rammaricandoci e rallegrandoci man mano che procede la pubblicazione delle sezioni e il numero dei voti si avvicina a quello totale. Sui municipi ancora niente, ma si vocifera che inizieranno a pubblicare qualcosina «nelle prossime ore», male che vada il giorno dopo.

Ma il giorno dopo (mercoledì) sul sito del Comune non appare alcunché.

Così qualcuno di noi, desideroso di capire com'è andata, inizia a informarsi, chiedendo notizie agli amici sparsi qua e là, senza tuttavia venire a capo di nulla: non si sa quando i voti saranno resi noti e soprattutto non si sa (o si sa per sentito dire) cosa deve succedere prima che ciò avvenga.

Così, ridendo e scherzando (ma un po' meno di prima) arriviamo a giovedì, ma il sito del Comune è tale e quale al giorno prima: neanche due righe per dire «ehi, candidati ed elettori, so che state aspettando informazioni, ma non preoccupatevi, stiamo facendo questo e quest'altro e appena avremo finito vi faremo sapere». Niente.

Un tantino contrariati, proviamo di nuovo ad informarci contattando i nostri rappresentanti di lista, e finalmente scopriamo l'arcano: tutti i verbali degli scrutini sono stati inviati presso il «seggio centrale» messo a punto per l'occasione, nel quale (deo gratias) sta avvenendo il conteggio definitivo dei voti.

Infatti la faccenda, più o meno, funziona così: terminate le operazioni di voto, nelle singole sezioni le schede vengono prese ad una ad una e le preferenze ottenute dai vari candidati vengono scritte (a mano) in una sorta di tabella prestampata (la cosiddetta «tabella di scrutinio»); dopodiché, da quella tabella vengono ricopiate (sempre a mano, e due) in un verbale, e tutti i verbali vengono inviati (fisicamente) al seggio centrale, e in copia all'ufficio elettorale.

Ma non è tutto.

Nel seggio centrale, alla presenza dei cancellieri del tribunale, di un magistrato e dei rappresentanti di lista, i dati dei verbali vengono messi insieme e si arriva alla quantificazione totale delle preferenze: mediante dettatura (terzo passaggio manuale) e infine archiviazione dei numeri su un computer.

Il che è sconfortante ma è ancora poco.

Il bello (o il brutto, per meglio dire) è il «come». E per raccontare il «come» sarà il caso di tornare a giovedì.

Giovedì (tre giorni dopo la chiusura del voto), non avendo ancora informazioni, il manipolo di radicali decide di recarsi al 'seggio centrale' per vedere che succede.

L'ufficio è stato approntato nella vecchia Fiera di Roma, tra stand in disuso, edifici abbandonati e erbacce che crescono qua e là; i lavori dei quindici municipi sono divisi in due stanze, ciascuna delle quali contiene alcuni tavoli, alcuni computer, i verbalizzanti e una folla infinita che fa loro da contorno occupando rumorosamente ogni spazio disponibile.

Praticamente un suk.

Sui tavoli, nel caos, le preferenze delle varie sezioni vengono lette a voce alta e trascritte (credo) su un foglio Excel: il tutto tra voci, schiamazzi, proteste, bestemmie, gente assiepata in ogni dove e chi più ne ha più ne metta, mentre i rappresentanti di lista e gli stessi candidati che vogliono capire come andrà a finire cercano di captare il poco che si sente e lo appuntano su taccuini, agende e fogli volanti.

Caldo, voci, rumore, casino. E' così, in piena era digitale, che avviene il terzo (dicasi terzo) passaggio manuale dei dati che dovrebbe condurre all'approdo definitivo.

Ma l'approdo definitivo, nonostante tutto, ancora non c'è.

Perché alcuni verbali, dicono, sono stati consegnati in bianco. Altri non sono stati consegnati proprio. Mancano cinquanta sezioni, no forse cento, anzi forse sessanta, non si sa. Non si sa perché mancano. Non si sa quali sono. Non si sa se ce n'è una copia all'ufficio elettorale: nel quale, contemporaneamente, un'altra folla inferocita sta cercando di controllare quello che deve controllare sulle seconde copie formando una fila interminabile, roba che andare a prendere il bigliettino oggi consentirà di entrare, se va bene, domani o dopodomani.

Nel mezzo di tutto questo delirio sul sito del Comune non c'è una riga; non una riga per annunciare quanto manca ai risultati, non una riga per spiegare ai cittadini cosa si sta facendo, a che punto siamo, quali sono le operazioni da completare.

Niente, nada, buio.

Mentre scrivo, lunedì 3 giugno, dalle elezioni è passata una settimana esatta.

I dati sulle preferenze dei consiglieri comunali sono sempre quelli di martedì scorso: informazioni «da considerarsi indicative senza alcun valore ufficiale»; quelle dei candidati ai municipi, come una settimana fa, mancano del tutto; e si vocifera (perché è tutto un vociferare, un sentito dire, un pare, un forse, un si dice) che anche quando ci saranno non verranno comunque pubblicate online, ma occorrerà andare a consultarle non si capisce bene dove.

Sui verbali delle sezioni che mancano, poi, serpeggia una ridda di opinioni discordanti: c'è chi dice che verranno controllati e i relativi voti conteggiati, c'è chi sostiene che lo stiano già facendo ricontrollando le preferenze ad una ad una, c'è chi ribatte che per aprire le scatole con le schede sarà comunque necessario un ricorso al Tar.

Nel frattempo incombe il ballottaggio, e i presidenti di seggio che hanno prodotto verbali incompleti (o non li hanno prodotti proprio) potrebbero essere di nuovo là, al loro posto, per scrutinare ancora una volta (non si sa bene come) le schede.

La gente a cui piacciono le salsicce e che rispetta le leggi non dovrebbe mai guardare come entrambe vengono fatte, dice una Legge di Murphy.

Cosa dovrebbe pensare, dopo aver visto tutto questo, chi crede nella democrazia?