Il nuovo Alto Rappresentante della politica estera europea, secondo i desideri del premier Renzi, cerca di dare incisività al suo ruolo. Ma ha già una grande nemica: Angela Merkel. E questioni molto spinose da affrontare: dalla crisi russo-ucraina al rapporto con Israele e i palestinesi
Chissà se
Federica Mogherini sa che
Angela Merkel tiene sulla scrivania un ritratto di Caterina la Grande, l'imperatrice russa che sapeva bene cosa significasse il potere assoluto. La questione non è teorica. Perché, a meno di un mese dal suo insediamento, il nuovo
Alto Rappresentante della politica estera europea rischia di trovare sul suo cammino un avversario potente: proprio la cancelliera tedesca.
I segnali di un crescente malumore a Berlino sono numerosi. Se ne parla negli ambienti diplomatici di Bruxelles, si sussurra nei corridoi del Bundestag, e pochi giorni fa Der Spiegel ha raccontato una Merkel “particolarmente arrabbiata” per i dubbi espressi da Mogherini sull’efficacia delle sanzioni contro Vladimir Putin.
Certo, le premesse c’erano già: solo all’ultimo momento Berlino aveva dato via libera alla nomina – di fatto sbloccandola – del nostro ministro degli Esteri come successore di Lady Ashton, nonostante i timori dei Paesi baltici per una linea troppo conciliante con Mosca. E le prime misurate dichiarazioni di Mogherini sembravano sancire una tregua tra le diverse anime Ue sulla crisi ucraina: “La Russia non può più essere considerata un partner strategico per scelta sua”. Pur restando un “player globale” e un “grande vicino” a Est. Quanto al conflitto con Kiev, è stata un’”aggressione” che merita “una risposta dura”. Già. Ma quale? E fino a che punto deve spingersi l’Europa? Questi interrogativi sono il potenziale terreno di scontro con la Germania: Merkel vuole gestire la crisi a modo suo.
E c’è chi ritiene che agli screzi non sia estranea l’”aria nuova” che si respira all’undicesimo piano di Palazzo Berlaymont. Dove è tornata la sede dell’ufficio e dove molti funzionari sono di ottimo umore: rispetto alla baronessa laburista, tacciata di eccessivo isolamento e scarsa incisività, Mogherini ha cambiato passo. Mira a una gestione più integrata con la Commissione, ha una visione decisamente europeista. Insomma, un’interpretazione ben più “attiva e operativa” del suo ruolo che in passato. In perfetta intesa con
Matteo Renzi, che alle obiezioni sull’effettiva utilità di quella carica per l’Italia ha sempre risposto che – volendolo – insieme alla vicepresidenza consente di mettere bocca su tutti i dossier più importanti.
Un approccio muscolare che non può piacere alla cancelliera. Dato che sullo sfondo della lotta preventiva alla nuova capa dell’euro-diplomazia c’era quella, ben più deflagrante, a Jean-Claude Juncker presidente della Commissione europea. All’innovazione del candidato dei partiti – peraltro del suo, il Ppe – Merkel avrebbe preferito continuare con un uomo scelto dai governi più forti. E’ stata sconfitta e non lo ha dimenticato.
“Come dice, Frau Mogherini?” ha titolato feroce l’autorevole
Die Zeit. Sottotitolo: “L’Ue non capisce più la sua stessa politica estera”. A partire, ovvio, dal nuovo ministro degli Esteri “che nella sua vita precedente si occupava di politica e religione nell’Islam e ora rappresenta 28 Paesi”. Con toni sarcastici il settimanale gioca sulle sue perplessità che le sanzioni economiche – pur necessarie – possano davvero cambiare la politica di Mosca: “C’è un equivoco. Non si tratta di far cambiare idea alla Russia in pochi mesi. Un tale successo nella storia della diplomazia non è mai esistito”. E giù una lezione sul boicottaggio come “strumento, il più severo, della diplomazia e del dialogo”. Come dire: cara Mogherini, le spieghiamo noi l’abc della politica estera.
Sono solo avvisaglie di un conflitto latente e magari destinato a rimanere tale. Ma trovare il punto di ricaduta tra l’espansionismo russo, il protagonismo tedesco e la necessità di una voce unica europea resta uno dei fronti roventi del nuovo incarico. Non l’unico. Se sul
versante russo-ucraino Mogherini si muove in sintonia con premier e governo, non è detto che sia sempre così.
Israele e
Gaza sono stati la meta del suo primo viaggio ufficiale. Dove agli auspici per la costruzione di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est ha fatto da contrappunto il gelo con il premier israeliano Netanyahu.
Quella mediorientale è una questione su cui, anche nel Pd, ci sono sensibilità diverse. In passato le posizioni filo-arabe di Massimo D’Alema convivevano con la maggiore attenzione alle ragioni israeliane di Francesco Rutelli. Oggi la nomina del nuovo inquilino della Farnesina, l’ex margheritino
Paolo Gentiloni, è stata molto apprezzata dalle comunità ebraiche. E molti si chiedono se lui e Mogherini – di cui il “Giornale” ha ritirato fuori le vecchie foto con Arafat – cammineranno di pari passo.