Denis Verdini a processo per una plusvalenza di 18 milioni di euro

Il senatore di Forza Italia è stato rinviato a giudizio per finanziamento illecito nella compravendita di un immobile in via della Stamperia, nel centro di Roma. A processo anche Riccardo Conti (Fi)

Per finanziamento illecito sarà processato dai giudici di Roma il senatore di Forza Italia, Denis Verdini. Lo ha deciso il gip del tribunale della Capitale che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura.

Verdini, indicato come l'uomo che fa da raccordo fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, è implicato nella plusvalenza di 18 milioni di euro relativa alla compravendita di un immobile in via della Stamperia, a pochi passi da Fontana di Trevi. Con Verdini andrà a processo anche il senatore Riccardo Conti di Forza Italia.

[[ge:espressoarticle:eol2:2175723:1.40912:article:https://espresso.repubblica.it/palazzo/2012/03/01/news/verdini-pioggia-di-quattrini-1.40912]]Per i pm Verdini non ebbe alcun ruolo nella compravendita, ma pochi giorni dopo avrebbe ricevuto da Conti un milione di euro. Una somma ottenuta con poche operazioni, proprio quando l'ex banchiere fiorentino aveva problemi economici. Conti, secondo le accuse, si era impegnato, nero su bianco, a prestare dieci milioni di euro al compagno di partito.

Il prestito poi non andò a buon fine, ma Verdini avrebbe comunque avuto “in regalo” un milione di euro senza ottenere nulla in cambio. Una operazione fortunata che sarebbe capitata a Denis Verdini quando era coordinatore nazionale del Pdl.

Poco prima del passaggio di denaro tra i due compagni di partito, il senatore Riccardo Conti avrebbe comprato - senza avere in cassa liquidità - il palazzo d’oro di via della Stamperia, per poi rivenderlo, dopo poche ore, facendo un guadagno secco di 18 milioni di euro.


[[ge:espressogallery:eol2:31541716:1.82736:mediagallery:https://espresso.repubblica.it/foto/2012/03/02/galleria/verdini-gli-assegni-incriminati-1.82736]]Un'operazione finita nel mirino della magistratura romana. Soldi provvidenziali, che avrebbero permesso a Conti di onorare l'insolito contratto firmato due mesi prima con Verdini e versargli un milione come penale per il prestito mancato. Non solo. Dopo quell’affare, il senatore ha anche consegnato 750 mila euro alla figlia del suo padrino politico, il ras democristiano dei lavori pubblici Gianni Prandini. Inoltre, avrebbe donato un altro milione a una potente istituzione religiosa bresciana, la terra del suo collegio elettorale.

Come un novello Signor Bonaventura, Conti distribuisce assegni a sei zeri, mentre è meno generoso solo con un soggetto non ancora identificato, al quale versa 150 mila euro. La girata non si legge chiaramente e quindi il nome del beneficiario è al momento ignoto.

Secondo quanto risulta ad ambienti bresciani, Conti avrebbe chiesto all’avvocato Franco Coppi di seguire la vicenda giudiziaria aperta dopo la vendita del palazzo di via della Stamperia all’ente di previdenza degli psicologi (Enpap). Attraverso una serie di documenti di fonte investigativa, “l’Espresso” già nel febbraio 2012 ha potuto ricostruire i vari passaggi grazie alla copia del contratto e ai quattro assegni firmati da Conti.

A mettere assieme i tasselli aiutano anche alcune intercettazioni fatte in diverse inchieste sulla cricca di Balducci-Anemone & c., estratti conto e informative della Guardia di finanza. La cosa più sorprendente è forse il protocollo per il prestito da 10 milioni promesso da Conti a Verdini nel novembre 2010. Un momentaccio per il leader berlusconiano, bersagliato dalle inchieste sulla Cricca delle grandi opere e sulla P3 che pilotava i processi. In quel periodo, Fiamme Gialle e Bankitalia stavano controllando il Credito Cooperativo Fiorentino di Campi Bisenzio e accusavano il politico, già presidente dell’istituto di credito, di averlo gestito in modo familistico.

Proprio in quei giorni cupi, arriva l’impegno di soccorso di Conti. Il contratto di finanziamento, di cui “l’Espresso” ha preso visione, è un accordo che lascia allibiti anche i migliori operatori economici, perché alla fine, nel punto che riguarda la violazione degli impegni, si legge una clausola sorprendente: «La mancata erogazione da parte del soggetto mutuante della prima o della seconda tranche darà diritto a Denis Verdini di risolvere il contratto a mezzo di semplice raccomandata scritta. In tale ipotesi il soggetto mutuante sarà tenuto a corrispondere a Denis Verdini una speciale penale dell’importo di un milione di euro». Scritto e fatto.

Quando Conti stipula il patto, le sue società non sembrano scoppiare di liquidità. Persino l’impresa usata per la compravendita d’oro dell’immobile alla fine del 2010 segnava un saldo in negativo per 2 milioni. Ma forse in quel periodo gli abboccamenti per l’affare del palazzo di via della Stamperia erano già avviati. Di sicuro, però, Conti non versa i 10 milioni pattuiti. E un anno fa paga la penale di un milione, lecita e giustificabile fiscalmente.

Versa i soldi a Verdini quasi in contemporanea con le somme ottenute dalla vendita dell’immobile romano. Ma una parte dei retroscena di questo pagamento sono finiti nelle conversazioni registrate dagli investigatori: intercettazioni realizzate per un’inchiesta che coinvolge Nicola Orazzini, ex direttore generale di Unipol banca, e amico di Verdini.


Dai documenti che “l’Espresso” ha consultato, i due parlamentari sembrano quasi dei veggenti, in grado di anticipare il futuro e la disponibilità economica di Conti. Che il 31 gennaio 2011 acquista la palazzina in via della Stamperia per 26,5 milioni di euro da una società che fa capo a Massimo Caputi (immobiliarista e gestore di fondi ), e la rivende poche ore dopo per 44,5 milioni all’Enpap.

Ma Verdini non è l’unico a condividere i vantaggi del fiuto imprenditoriale dell’ex democristiano Riccardo Conti. Fra gennaio e febbraio dello scorso anno dal conto corrente della Edizioni di storia bresciana, la holding immobiliare che fa capo al parlamentare lombardo, c’è un gran girare di assegni e bonifici bancari. Il primo è quello per Verdini, intestato a sua moglie Maria Simonetta Fossombroni: un milione di euro, che la donna incassa a febbraio.

In precedenza Conti aveva staccato un altro assegno per la signora Verdini, dello stesso importo che reca la data del 31 dicembre 2010. Ma non risultava coperto (il conto aveva un saldo negativo di 2.165.176,86 euro) ed è stato ritirato, poi seguito da quello del 28 gennaio 2011 che Maria Simonetta Fossombroni mette all’incasso. Il secondo assegno da 150 mila euro che Conti firma a gennaio è quello a favore di un nome illeggibile. Nel terzo assegno il senatore bresciano scrive un importo da 750 mila euro e lo intesta alla Alexa immobiliare spa, una società che ha sede a Roma, di cui è unico amministratore Giovanna Prandini, 39 anni, di Brescia. È la figlia dell’ex ministro Giovanni Prandini: il padrone della Dc bresciana di cui Conti è stato segretario a inizio anni Novanta, chiamato in causa per numerosi filoni di Tangentopoli.

Nel 1993 fu chiesta al Parlamento l’autorizzazione all’arresto di Prandini, accusato di aver incassato tangenti per almeno 25 miliardi di lire. Per lo stile e la spregiudicatezza era soprannominato “il texano”, ma
anche “Prendini”. La figlia dell’ex ministro si rifà a uomini e cose della Dc, adesso è vicina al Pdl bresciano e a Comunione e liberazione. Alle elezioni europee ha sostenuto un esponente del Pdl come Mario Mauro, uno degli uomini più in vista al Nord di Cl.

Il quarto assegno del senatore finisce ai responsabili della Fondazione opera per l’educazione cristiana di Brescia, ai quali dona un milione di euro. L’Opera è una fondazione di culto e religione, creata nel 1977, con lo scopo di «contribuire alla diffusione della fede cristiana nel campo della cultura, dell’educazione e dell’istruzione». Nel suo statuto si propone di sostenere attività rivolte all’approfondimento e alla diffusione della cultura cristiana, ed in questa prospettiva promuove borse di studio annuali riservate a «giovani
meritevoli per coerente testimonianza cristiana». Agisce sotto il patrocinio del vescovo di Brescia ed è considerata un punto di riferimento nei rapporti tra la Curia e il mondo dell’impresa locale di osservanza democristiana, sotto la regia del notaio Giuseppe Camadini, etichettato come il “Cuccia” di Brescia.

Storie lombarde, lontane dai feudi toscani di Denis Verdini. Che spesso ha giostrato milioni tra i suoi amici, sempre con la formula del prestito personale. A Marcello Dell’Utri, imputato con lui nel processo romano per la P3, aveva messo a disposizione un conto corrente nella sua banca aprendogli i cordoni della borsa fino ad affidargli cinque milioni di euro. Dopo che la Banca d’Italia ha commissariato il Credito cooperativo fiorentino
e imposto a Dell’Utri di coprire il buco (salvataggio ottenuto grazie a un bonifico di Silvio Berlusconi in un’operazione ritenuta sospetta e segnalata alla Banca d’Italia), è toccato a Maria Simonetta Fossombroni e a suo marito Verdini (conti separati ma unico capitale immobiliare) ripianare il “rosso” di quasi 9 milioni di euro. E anche in questo caso a salvare il coordinatore del Pdl è stato un altro senatore, uno dei più ricchi: Antonio Angelucci. Il re delle cliniche private romane, al quale piaceva girare per la capitale con la sua Ferrari di colore giallo (adesso è passato al rosso) seguito da scorta armata fatta da vigilantes, ha elargito ai coniugi Verdini una somma complessiva di 9 milioni 334 mila euro. Salvandoli.

Angelucci non ha problemi di soldi e dal Lussemburgo sposta facilmente capitali. Con il suo collega di partito comunque si mostra cauto: a garanzia del prestito ottiene l’ipoteca della grande tenuta Villa Gucci, subito fuori Firenze, nella quale vive Verdini. Gli investigatori che hanno analizzato la vicenda si chiedono adesso in che modo il coordinatore del Pdl - che ufficialmente ha solo lo stipendio da parlamentare - potrà pagare le rate per saldare il debito con il re delle cliniche. Milioni che vanno, milioni che vengono. 

L'apertura del processo in tribunale è fissata per il 9 gennaio davanti ai giudici dell'ottava sezione. A processo anche l'ex presidente di Enpap Angelo Arcicasa.

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