«Per oppormi a quel coacervo di interessi che c'è dietro alla sanità era necessario un solido fronte comune che nei fatti non c'è stato». E aggiunge: «Fin dal primo giorno ho avuto ben chiaro che nei miei confronti c'era un clima di ostilità e di diffidenza». Lucia Borsellino intervistata da Repubblica conferma ancora una volta quel clima di pressioni e ostilità che ha subito in silenzio. Fino alle sue dimissioni. Con quella lettera come atto finale, che però «ha prodotto il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. Ma quella lettera dice tutto e andrebbe riletta», come ha denunciato Manfredi Borsellino, il fratello di Lucia, intervenendo alla cerimonia organizzata per l'anniversario dell'assassino del padre.
Questo il clima oggi a Palermo e in Sicilia. Dove fin dai tempi di Totò Cuffaro, passando per il regno di Lombardo fino ad arrivare a Crocetta, l'antimafia è spesso diventata strumento di potere. Lo spiega anche il giovane segretario del Pd siciliano, Fausto Raciti: «Le intercettazioni confermano l’esistenza di un cerchio magico che ha messo in piedi e che gli sta facendo perdere la faccia. Un cerchio diventato un governo parallelo, un sistema di rapporti che vede coinvolti l’ex magistrato antimafia Antonino Ingroia, l’ex presidente dell’Antimafia Beppe Lumia, il medico che sparlava di legalità Matteo Tutino, il manager di Villa Sofia Giacomo Sampieri, e altri registi non proprio occulti». Senza contare l'inchiesta sul leader antimafia di Confindustria Antonello Montante, paladino finito al centro di dichiarazioni incrociate dei pentiti. Insomma, il vaso si sta sgretolando e a terra restano i cocci di una rivoluzione promessa, ma che in molti, delusi, definiscono tradita.
Il partito democratico è pronto a staccare la spina al governo Crocetta. Pronto a tornare alle urne. Quella che sembrava una rottura imminente, però, nel corso della settimana appare come un'eventualità più a medio termine. Il governatore Rosario Crocetta sa che da Roma arrivano segnali inequivocabili. Per questo al Corriere ha dichiarato: « Dirò che non posso dimettermi su una motivazione inesistente, su una telefonata e su una frase smentite dalla Procura. Dirò che non sono disponibile a subire all’infinito il martirio, deciso a continuare a combattere il malaffare. Ma che, fatte alcune cose importanti per la Sicilia, per questa terra che rischierebbe la fine della Grecia, possiamo valutare con Parlamento e maggioranza, dentro il centrosinistra, un percorso per una chiusura anticipata della legislatura».
La sua proposta è dimissioni posticipate dopo aver portato a termine alcune riforme. Una tesi che Raciti e il Pd potrebbero condividere. Solo a patto che Crocetta tagli il cordone con il sistema denunciato da segretario regionale: «Deve dire basta alla mitologia dell’antimafia ridotta a strumento di potere, a quel modello da lui scelto come terreno di legittimazione, lo stesso che adesso gli si ritorce contro, circondato da Tutino che si fa strada a colpi di denunce, da Lumia che conosciamo bene e ancora di più da Ingroia».
Raciti con il Corriere fa esempi concreti: «Mi misi di traverso per le Europee alla candidatura di Lumia preferendo il professore Fiandaca e loro immediatamente risposero nominando una sfilza di manager nella sanità». Non dice solo questo, il segretario. Parla, tra le altre cose, di Lucia Borsellino: «Noi eravamo per lei. Noi del Pd puntavamo su Lucia, non sugli altri. Ed è chiaro che Lucia ha lavorato dall’interno per smontare tutto».