Tra un anno le consultazioni regionali potrebbero eleggere il primo governatore grillino d’Italia. Ecco, intanto, come si muovono i pentastellati nei comuni che già governano nell'isola
C’è un ponte sotto il quale Matteo Renzi cerca consenso. E promette di unire la Sicilia alla terraferma. Al di là dello Stretto, intanto, i Cinquestelle attendono il loro appuntamento con la Storia. Il D-day è il giorno delle elezioni regionali, nell’autunno 2017.
Il domani del movimento dipenderà molto dall’esito finale di quello che sarà un vero e proprio giorno del giudizio. Per ora le truppe di Beppe Grillo sono in lieve vantaggio. Chi rischia la figuraccia sono altri. Rosario Crocetta e il Pd del renziano Davide Faraone; ciò che resta del centrodestra; e destinato a disintegrarsi sembra persino l’agglomerato democristiano che per decenni ha rappresentato il centro di gravità permanente di ogni governatore.
Insomma, per dirla con le parole del leader maximo dei pentastellati siciliani, Giancarlo Cancelleri, il movimento conquisterà la Regione e palazzo d’Orleans perché «è la storia che ce lo chiede». Quando lo incontriamo a Palermo, Cancelleri è di ritorno da Mazara del Vallo, dove il deputato ha incontrato una delle associazioni premiate con il progetto “Polmoni urbani”. Il movimento ha stanziato 360 mila euro per tre progetti culturali per il recupero delle periferie. Iniziative- così come il microcredito per le piccole aziende- che hanno saldato i grillini al territorio. Percepiti dai cittadini come alternativa credibile ai soliti noti dei palazzi del potere siciliano.
«Nella nostra determinazione c’è un pizzico di incoscienza», sorride il deputato dell’Assemblea regionale, «ma ci sentiamo pronti a confrontarci con una prova così dura qual è il governare una terra come la Sicilia. Anche perché siamo consapevoli che rappresentiamo l’ultima speranza, la nostra ultima speranza». Dopo i Cinquestelle, insomma, il diluvio. Questa è una terra assai cara al movimento. In fondo, la narrazione del successo ha inizio qui. E l’entrata trionfale a Palazzo d’Orleans sarebbe la definitiva consacrazione, con inevitabili riverberi sul resto d’Italia.
Sembra ieri quando Beppe Grillo ha attraversato a nuoto lo stretto di Messina. Il primo atto simbolico della presa dell’isola. Era il 10 ottobre 2012, una decina di giorni dopo le elezioni regionali avrebbero incoronato Rosario Crocetta presidente della Regione. Eppure la vera sorpresa è stata l’affermazione dei Cinquestelle, che, con il 14,8 per cento, sono diventati il primo partito. Elezioni che saranno ricordate anche per l’astensionismo record: votarono infatti appena il 47 per cento degli elettori. Da allora il movimento è cresciuto. Ha conquistato nove municipi dell’isola: Bagheria, Ragusa, Augusta, Alcamo, Grammichele, Favara, Porto Empedocle, Pietraperzia e Gela. Ha sfondato laddove fino a pochi anni fa era impensabile scalfire il potere autonomista-democristiano di Raffaele Lombardo, andando a espugnare proprio Grammichele, il paese-feudo dell’ex governatore sotto processo per mafia.
Ha conquistato le città devastate dall’inquinamento del petrolchimico, Augusta e Gela, però in quest’ultima il sindaco è stato espulso dal movimento. Ha preso Ragusa, città ricca e borghese, che vive di royalties del petrolio e di turismo, apparentemente senza ferite sociali aperte. Bandiera stellata sventola anche su Bagheria, cittadina di lotte contadine, mafia cruenta, madre di grandi artisti e intellettuali, Renato Guttuso, Giuseppe Tornatore e Ignazio Buttitta. Il boom siciliano come preludio di ciò che sarebbe accaduto alle politiche e poi a Roma con la presa del Campidoglio, avvelenato da mafia Capitale.
Insomma, il “Piano Grillo” è chiaro. Se Roma è per i grillini il primo vero banco di prova per il grande balzo a palazzo Chigi, aggiungere nel curriculum la guida di una regione simbolo come la Sicilia è altrettanto essenziale. Tutte tappe di quella che Cancelleri definisce la road map del risiko grillino: Campidoglio, palazzo d’Orleans, palazzo Chigi. Certo, c’è anche Palermo, dove si voterà a maggio. E qui il movimento vive qualche difficoltà. Il sindaco Leoluca Orlando resta favorito. E, poi, nel capoluogo il blocco sembra lacerato da divisioni interne sulle candidature. Dinamiche che i Cinquestelle alla prova di governo soffrono in quasi tutte le città e paesi in cui amministrano. Il candidato al comune di Palermo ancora non è stato scelto.
I parlamentari nazionali sarebbero orientati su un nome mentre i regionali vorrebbero puntare su un altro. Cancelleri, però, bolla queste voci come gossip. «I ritardi nella scelta sono dovuti al fatto che i 40 consiglieri da candidare li scegliamo con i curriculum, e ne sono arrivati ben 122». Il deputato e capo del movimento siciliano tira in ballo il protocollo di selezione Cinquestelle anche per le regionali. Anche se tutti in Sicilia lo danno per futuro governatore o quantomeno per prossimo candidato alla Regione. «Non mi tiro indietro, ma saranno i cittadini a scegliere dopo le amministrative di maggio» taglia corto. Comunque promette: «Se il movimento dovesse vincere, la prima cosa che faremo sarà istituire il reddito di cittadinanza regionale, l’unico modo per sollevare dalla disperazione tanti siciliani».
Intanto, sparsi per l’isola ci sono le truppe degli amministratori grillini. E tra protestare e governare, lo sa bene Cancelleri, c’è una differenza sostanziale. Dissidenti interni, poteri locali con cui dialogare, emergenze varie da gestire. A Ragusa, per esempio, il sindaco di estrazione salesiana Federico Piccitto deve fare i conti con le grandi compagnie del petrolio. Le odiate lobby versano nelle casse del comune parecchi milioni di euro per le royalties, 60 negli ultimi tre anni, da quando il comune è nelle mani del Movimento.
A Gela il sindaco Domenico Messinese è stato espulso dai Cinquestelle ma continua a governare con la minoranza della minoranza. Una perdita enorme per i grillini perché la città è la sintesi di ciò che il movimento combatte con più decisione: l’inquinamento ambientale e il gruppo di potere del governatore Crocetta, che qui è stato sindaco per dieci anni.
A Bagheria, invece, c’è un giovanissimo sindaco che si chiama Patrizio Cinque. Questa cittadina di 60 mila abitanti doveva essere il fiore all’occhiello del buon governo pentastellato. Eppure qualcosa non ha funzionato. Per esempio nella gestione dei rifiuti, ingrediente, tra l’altro, centrale nella filosofia grillina. Il metodo utilizzato per gestire l’emergenza lascia perplessi molti, compresi gli investigatori. Che hanno aperto un’inchiesta proprio sui continui affidamenti diretti fatti dalla giunta Cinque per il noleggio di auto-compattatori. Il sindaco Cinque è stato convocato anche dalla commissione regionale antimafia. Una mossa politica, sostiene, per metterlo in difficoltà.
Sulla grana “monnezza” è stata pure sentita come persona informata dei fatti una dirigente fino a poco tempo fa a capo dei lavori pubblici. Al posto della donna il sindaco ha scelto il geometra, Onofrio Lisuzzo. A gennaio scorso la sua auto è stata bruciata. Movente e autori dell’attentato ancora oggi restano sconosciuti. Ma questo personaggio costituisce un’insidia non da poco per Cinque. Nel frattempo, infatti, la procura di Palermo ha ottenuto il rinvio a giudizio del geometra per una vecchia storia di concussione. Nonostante ciò, Lisuzzo(in silenzio stampa su consiglio del legale) resta il tecnico di punta della giunta.
Anomalie che non ti aspetti dalle cellule del buon governo grillino, le basi da cui partirà l’assalto finale al palazzo della Regione.