Il caso della paternità di Nichi Vendola e del suo compagno Ed Testa ha riaperto la discussione sulla maternità surrogata. Il leader M5S si schiera sul fronte cattolico, la Boldrini esprime le sue riserve, Gasparri evoca la tratta e Lidia Ravera dichiara: “Chi sono io per impedire a una donna che ha solo il suo utero di farne l’uso che vuole?”

La presa di posizione che non ti aspetti è quella di Beppe Grillo che prende il pc e scrive al Corriere della Sera per dirsi «spaventato» dalla gestazione per altri, detta anche - soprattutto dai contrari - utero in affitto. La prende larga, Grillo, parla di un «altissimo pericolo di sconvolgimenti irreparabili dello stato sociale e morale di un popolo», di «benessere immaginario», poi però, tra un riferimento alla guerra in Libia e uno alle pensioni di reversibilità, arriva al punto: «Mentre confondiamo l’economia con la finanza ancora peggio ci comportiamo, anche nel nostro intimo», scrive, «quando confondiamo quelli che adesso mi permetto di chiamare diritti intimi! Come la paternità, la maternità e l’amore». «Quanto è lontano Nichi Vendola da quello che sta succedendo nel mondo reale», continua il comico-leader senza timore di passare per un cronista di Libero, «per permettersi di comportarsi come una majorette che rotea strane mazze colorate guidando un corteo di pareri in svendita». «C’è qualcosa del concetto di utero in affitto che mi spaventa», come detto è la conclusione, occasione per infilarci anche un attacco al canone Rai: «E non ha nulla a che fare con l’omosessualità oppure l’eterosessualità; mi spaventa la logica del “lo facciamo perché è possibile”: un po’ com’è diventato facile attaccare tutto alla bolletta della luce».

Il megafono del Movimento 5 stelle aggiunge così la sua voce ai commenti sulla paternità di Nichi Vendola e del suo compagno Ed Testa, padre biologico di un figlio nato con la pratica della surrogacy in California. Il caso ha riaperto la discussione sulla maternità surrogata, che in Italia è vietata, proibita dalla legge 40, e lo resterà anche nel caso in cui la legge sulle unioni civili - che peraltro non prevede più l’adozione del figlio del partner - dovesse arrivare a definitiva approvazione.

Nella contesa, con il suo intervento, Grillo si è schierato sul fronte presidiato dalla stampa cattolica, da Avvenire («Si smetta di chiamarli “diritti”») e Famiglia Cristiana («Il Paladino dei poveri e degli oppressi è andato all’estero come un facoltoso signore, ha reso orfano della madre un bambino e ha eluso la Costituzione...»). Lo ha fatto però, bisogna dirlo, in maniera assai meno diretta della dirigente di Forza Italia Licia Ronzulli o di come non l'abbiano fatto Salvini o Gasparri nelle ultime ore, evocando la tratta.

 

Si vendono e si affittano gli oggetti!NO all'utero in affitto! NO alla compravendita dei bambini! NO allo...

Pubblicato da Licia Ronzulli su Lunedì 29 febbraio 2016


Prima di Grillo già Laura Boldrini, tra i pareri di peso, ha detto la sua. La presidente della Camera è stata eletta deputata eletta proprio nelle liste di Sinistra Ecologia Libertà, partito in dismissione di Vendola, ma ripete il pensiero dei più: «Personalmente ho molte riserve sulla maternità surrogata», dice, «i dubbi ci sono soprattutto quando si ha a che fare con giovani donne straniere. È una pratica che si presta allo sfruttamento delle donne». Condanna i «commenti sguaiati e volgari», Boldrini, e fa «i miei migliori auguri» a Vendola, compagno e neonato. Ma insomma, Boldrini è più sulla posizione di Debora Serracchiani. Anche Serracchiani, infatti, si dice «contenta per Nichi, per il suo compagno e per il piccolo Tobia» ma poi aggiunge: «Ho qualche perplessità sull’utero in affitto, che è vietato in questo Paese e resta vietato nonostante l’approvazione delle unioni civili. Non facciamo confusione».

Ovviamente più radicale è invece il commento di Emma Bonino, semplice e diretta: «Sulla paternità di Nichi Vendola non devo dire nulla», è il commento a margine di un convegno a Bergamo, «ma posso fare una domanda: se posso donare un rene in questo Paese perché non posso donare un utero? Io non lo farei, ma non capisco perché non si deve poterlo fare». Bonino aveva già risposto alle parole di Angelino Alfano, nei giorni dell’opposizione alla stepchild adoption, cercando di spiegare come l`Italia punisca già «la maternità surrogata con il carcere fino a 2 anni e sanzione da 300 a 1 milione di euro» e che l`unico risultato sia però quello «che rinunciamo a distinguere tra comportamento solidale e criminale e condanniamo molte coppie ad andare all’estero».

Interessante è su La Stampa la doppia intervista a Lidia Ravera, scrittrice e assessore alla cultura della regione Lazio, e Lorella Zanardo, imprenditrice e autrice del documentario "Il corpo delle donne", un po’ manifesto del movimento Se non ora quando. Ravera sembra più sulla posizione di Bonino: «Prima di tutto ritengo che il miglior modo per tutelare donne e bambini sia regolamentare l’utero in affitto, non criminalizzarlo», dice, «inoltre ci si deve porre la domanda: “Chi sono io per impedire a una donna che ha solo il suo utero di farne l’uso che vuole?”. Dobbiamo stare attente a ragionare con la nostra logica di donne benestanti». E anche Zanardo si smarca dal coro di questi giorni: «Io non penso che la maternità surrogata sia un atto di egoismo», dice, «penso nasca - e parlo in generale, non specialmente di Vendola e del suo compagno - da un grande desiderio di dare e ricevere amore». Ma è più prudente: «Poi però», aggiunge, «sul risultato finale, c’è molto da riflettere. Se penso ai casi di sfruttamento di donne povere, che spesso purtroppo avviene, mi vengono i brividi».

Le interviste a Ravera e Zanardo si inseriscono nel dibattito aperto nel movimento femminista. La parte di movimento più vicina al Pd è come noto contraria alla pratica, ma la posizione non è certo una sola, come nota la deputata di Sinistra Italiana Celeste Costantino: «Le femministe sono contro l'utero in affitto. Ma smettetela! Di quali femministe state parlando?», scrive su facebook, «esattamente com'è stato in passato per la prostituzione, abbiamo opinioni diverse sull'uso del corpo e del suo sfruttamento. Ci sono donne libere, che scelgono di partorire un bambino e di darlo (anche attraverso un compenso economico) ad una coppia».

 

Le femministe sono contro l'utero in affitto. Ma smettetela! Di quali femministe state parlando? Come se non esistesse...

Pubblicato da Celeste Costantino su Lunedì 29 febbraio 2016


Su Repubblica e sul Foglio ci sono due commenti interessanti di due giornalisti. Giuliano Ferrara, già agitatore di piazze contro l’aborto, trova questa volta toni pacati: «Tobia Antonio è un bambino. Fiocco azzurro», scrive, «Contiamo su una coppia, Nichi e Eddie, per crescerlo, per educarlo e consegnarlo al meglio delle possibilità a una vita adulta libera e responsabile e felice. Bambini senza mamma ce n’è stati tanti. Molte madri sono morte di parto. Figure femminili sostitutive se ne troveranno nella famiglia di Nichi e di Eddie. Produrranno presumibilmente un affetto esplosivo ma equilibrato». «Quanto all’argomento dell’egoismo, per di più “disgustoso”», continua, «è un’altra cretinata, ovvio. Chi è senza peccato di egoismo, di possessività, scagli la prima pietra. Il nostro mondo moderno ha ratificato per ogni genere di coppia, quelle eterosessuali incluse, e sono il numero maggiore, la fine della filiazione come attesa delle conseguenze dell’amore produttivo dell’altro, del futuro e della speranza. I bambini attesi tendono a essere eccezioni. È il mondo in cui la gestazione e la sua interruzione volontaria, l’aborto, tendono a divenire valori equipollenti, espressioni della libertà della persona».

Punta sul valore politico della scelta di Vendola, invece, Concita De Gregorio, su Repubblica dopo aver ricordato che, almeno in America, la donna che porta avanti la gravidanza «deve essere benestante e volontaria, non in condizioni di necessità, non costretta» e che «la tratta e lo sfruttamento non hanno casa in questa storia». Il gesto di Vendola «e quello di Ed», per De Gregorio, è dunque «un gesto anche politico. È un modo per incarnare una battaglia. Per dire: eccomi, io sono qui. Quello che penso sia giusto è questo, faccio della mia vita un manifesto». «È perciò legittimo il dibattito», continua la giornalista, «se e quando l’Italia arriverà a scrivere una legge che prende atto della realtà è qualcosa che non sappiamo. Difficile, in questo clima, adesso. Ciascuno continuerà a fare come crede, e come può. Secondo coscienza. E se sia giusto o sbagliato non possiamo davvero dirlo al posto di altri, è già molto difficile decidere per sé».

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