Si discute di adozioni, maternità surrogata, biotestamento ed eutanasia. C'è chi vuol resuscitare anche il reato di omofobia. Gli ultracattolici come la Binetti si sentono "sotto assedio". Ma dopo la fatica del ddl Cirinnà, il resto pare destinato a un binario morto

Le unioni civili. Le adozioni. L’utero in affitto. Il testamento biologico e l’eutanasia. A guardare gli accesi dibattiti e la frenetica attività parlamentare delle ultime settimane, pare quasi di trovarsi in un altro mondo. In un’altra legislatura, rispetto a quella che, giusto un anno fa, portava alla conclusione che quella sui diritti civili, per Renzi, fosse “una battaglia che non c’è” . Adesso, a differenza di quando Alfano impazzava con le circolari per annullare le trascrizioni dei matrimoni gay, le discussioni sui diritti dilagano e l’ala ultra cattolica si sente schiacciata in un angolo, quasi senz’aria.

La deputata Ncd Paola Binetti, per dire, è esasperata: “Assistiamo ogni giorno ad un assedio a tutto campo su valori come vita e famiglia”, lamentava l’altro giorno in Aula, “questa legislatura non sembra farsi mancare niente in tema di battaglie per i diritti civili, con l'evidente volontà di sottoporre al vaglio convinzioni, valori e credenze su cui finora si è retto l'equilibrio sociale in Italia. Sembra che qualcuno si stia impegnando a rottamare tutto”. Parole che, a loro modo, testimoniano un momento. Rottamare? Ma è davvero così? Mica tanto. Anzi.

Unioni civili
La sensazione di una stagione nuova, in tema diritti, a ben vedere comincia, finisce ed è ancorata in sostanza a un’unica (quasi) legge: quella sulle unioni civili. Un punto sul quale Renzi si era impegnato sin dalle primarie 2012 e che, pur con vari ritardi, e a costo di averci dovuto mettere il timbro del governo, è vicino all’aver portato in fondo. Dopo il sofferto sì del Senato, il ddl Cirinnà ha cominciato il suo iter alla Camera, si dà aprile come data di approvazione finale, e ormai le incertezze sono poche. L’unica, in questi giorni, appare giusto l’opzione di porre il voto di fiducia, per evitare che la legge finisca in malora all’ultimo momento: già nella prima seduta in commissione Giustizia, infatti, i Cinque stelle hanno fatto sapere che adesso qualche cambiamento vorrebbero proporlo (a Palazzo Madama non avevano presentato proposte di modifica), ed è noto come – più sotterraneamente  – anche i neocentristi siano animati da un’identica inquietudine.

Adozioni
Ma, bene o male, la battaglia sul ddl Cirinnà pare aver esaurito la forza d’impeto, la volontà riformatrice del governo Renzi in tema di diritti: forse non è un caso che, in questi anni, il premier si sia riferito al provvedimento parlando di “diritti civili”, come se l’uno esaurisse gli altri. E se il riconoscimento delle unioni gay è ormai al traguardo, tutto il resto è lontanissimo. Persino più di quel che sembra. La riforma delle adozioni, ad esempio. E’ nata tipo fungo, una specie di premio di consolazione, dopo lo stralcio della stepchild adoption dal ddl Cirinnà, e dopo che Renzi (subito dissuaso dal Colle) aveva pensato per un giorno di reinserirla norma per decreto. E vorrebbe assommare in sé sia la necessità di aggiornare la legge sulle adozioni del 1983, sia quella di allargare anche a gay e single la platea dei possibili genitori idonei.
L'intervista
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Insomma, troppa carne al fuoco, per una maggioranza già scossa, e anzi preda ancora di aspre polemiche intorno alla maternità surrogata. Tanto è vero che, dopo i primi giorni di annunci, già la riunione del Pd sul tema di mercoledì è risultata fiacca oltre ogni dire. Certo, alla Camera si è avviato un primo ciclo di audizioni, si dice che ad aprile (sempre aprile) arriverà un testo – presentato in parallelo da Rosato e Zanda, capigruppo dem di Camera e Senato. Ma intanto non una riga è stata ancora scritta, si è detto che “bisogna prima sentire tutti i soggetti coinvolti”, e Rosato, davanti ai parlamentari dem, si è ben guardato dal pronunciare termini come “coppie gay” o “single”. Le parole d’ordine sono invece quelle di procedere in modo “condiviso” e “step by step”: sufficienti a far parlare – a microfoni spenti – di “riforma avviata sul binario morto”. Da tenere viva come bandiera giusto il tempo necessario per approvare le unioni civili, e poi basta.


Omofobia
Insomma, lungi dal dare la “stura”, il ddl Cirinnà pare aver otturato la galleria dei diritti civili. E dire che ci sarebbe parecchio ancora da fare. A fiutare l’aria, sembra invece che ci si accontenterà di rilanciare i temi, sperando magari che il lavoro fatto torni utile nella prossima legislatura, o alla peggio per lo meno per le elezioni, che al momento sono in pochi a immaginare alla scadenza naturale del 2018.

Non che manchi la voglia di fare. Al Senato, nonostante non si siano ancora rimarginate le ferite delle ultime discussioni, il capogruppo dem in commissione Giustizia alla Camera, Beppe Lumia, continua a dirsi determinato a far ripartire un’altra legge di cui si sono già abbondantemente perse le tracce: quella contro l’omofobia, chi la ricorda? Fu approvata con grandi fanfare nell’estate 2013 alla Camera, giace al Senato del tutto intoccata dal giugno 2014. “Martedì chiederò in ufficio di presidenza che sia di nuovo calendarizzata”, spiega Lumia, “l’omofobia deve diventare un reato, auspichiamo che non si scateni di nuovo l’ostruzionismo, pensiamo che esista la via per trovare una soluzione equilibrata”, aggiunge. Ottimista. Oltreché superare le varie resistenze parlamentari, infatti la legge sull’omofobia deve essere disincagliata anche dalle secche in cui è stata infilata dall’emendamento Gitti (definito “disastroso” per gli effetti che sortirebbe anche sull’intera legge Mancino), che fu approvato da Montecitorio in nome delle “larghe intese”: cioè per avere il sì di centro e centrodestra al posto dei voti grillini, che avrebbero sostenuto la legge originaria (ricorda qualcosa?).
Del tutto intoccata, e ormai anche innominata, è invece la legge sul cognome materno: approvata dalla Camera sotto il governo Letta, che se ne interessò personalmente minacciando decreti, è finita nel dimenticatoio per buona pace di tutti.

Fine vita
Apparentemente qualcosa si muove anche sul fine vita. Anzi, c’è persino un ingorgo, a parole. Se all’inizio di febbraio la commissione Affari sociali ha cominciato a discutere di testamento biologico (ci sono quattro testi per le cosiddette “dichiarazioni anticipate di trattamento”), questa settimana è partito anche l’iter delle quattro proposte di legge sull’eutanasia vera e propria. “Riparte la discussione sedici anni dopo la prima proposta di Pisapia”, si è esultato per l’una. “Riparte la discussione trentun anni dopo la prima proposta di Loris Fortuna”, si è esultato per l’altra. Allo stato, c’è da dire che siamo giusto alla rondine: per la primavera si vedrà. Sia per il biotestamento, e ancor più per l’eutanasia, l’inizio è a rallenty: siamo ancora al ciclo di audizioni, che precede la stesura di un testo che unifichi le varie proposte di legge esistenti, che precede la discussione vera e propria in commissione. Prima dell’estate sarà difficile vedere qualche passo concreto. E certo, per carità, dopo cinque anni di stallo assoluto qualcosa si è mosso: bisogna ricordare, d’altra parte, che il ddl Calabrò sul fine vita, nella scorsa legislatura, riuscì ad avere tre approvazioni da parte del Parlamento, prima di cadere nel vuoto nel 2011. Riuscirà questa legislatura a fare altrettanto, o si fermerà ancora prima?