Per la prima volta, a marzo, la Camera ha cominciato a discutere di Fine vita. Ma le commissioni si sono riunite una volta sola e le opposizioni temono il freno della maggioranza. Così la presidente dell’associazione Luca Coscioni, scrive una lettera pubblica a viale Mazzini: «Informate i cittadini»

Senza troppo clamore la Camera ha per la prima volta aperto il capitolo eutanasia, convocando all’inizio di marzo le commissioni Affari sociali e Giustizia, che riunite hanno avviato l’iter dei testi sul tema, presentati dall’inizio della legislatura. Sono sei le proposte su cui dovrebbero ragionare i deputati. Una è la proposta 1582, quella di iniziativa popolare, su cui sono state raccolte e depositate 67mila firme, con la campagna Eutanasia Legale. Poi c’è il testo di Marisa Nicchi, di Sinistra Italiana, il 2973, quello di Titti Di Salvo, ex Sel ora nel Pd, il 2218, e il 3336 dell’ex 5 stelle Eleonora Bechis. A queste si sono poi aggiunte le formulazioni di Mara Mucci (3535), deputata ex 5 stelle ora nei Radicali, e della dem Michela Marzano (3575), filosofa prestata alla politica.

Le commissioni sono state convocate insieme perché la capigruppo ha ritenuto che fossero evidenti le competenze della seconda commissione, quella Giustizia, investendo il fine vita molti articoli del codice penale. Senza una legge sul fine vita, infatti, il medico si trova a fare i conti con il reato di omicidio, istigazione al suicidio o omissione di soccorso. Non a caso la legge di iniziativa popolare, ad esempio, all’articolo 3 stabilisce proprio che gli articoli 575 (l’omicidio), il 579 (l’omicidio del consenziente), il 580 (l’istigazione o l’aiuto al suicidio) e il 593 (l’omissione di soccorso) del codice penale non si applichino al personale sanitario che pratica trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, alle condizioni stabilite. Condizioni che sono abbastanza simili nelle varie proposte, tutte abbastanza avanzate.

L’affido congiunto alle due commissioni non è invece stato ritenuto necessario per il dibattito sul cosiddetto “testamento biologico” - tema su cui al contrario esistono testi anche molto moderati, tra cui quello di Paola Binetti, che vogliono considerare l’idratazione e l’alimentazione artificiale come cure a cui non si può rinunciare. La Camera ha ritenuto il testamento biologico, cioè la più semplice dichiarazione sui trattamenti sanitari che si intende ricevere qualora ci si dovesse trovare in una situazione in cui non puoi più scegliere, quindi, un tema prettamente sanitario, che è stato già affrontato dal parlamento nelle passate legislature, anche se mai con serenità, come durante il caso Englaro. L’eutanasia no, e questo è un primo elemento che rallenta il percorso.

Percorso che in pochi sembrano volere rapido, in realtà, e che sicuramente non entusiasma pezzi della maggioranza di governo ma anche pezzi dell’opposizione, come i 5 stelle, che mentre hanno una loro proposta sul testamento biologico non hanno una posizione netta sull’eutanasia. Le commissioni hanno cominciato a discutere, infatti, solo perché nell’organizzazione dei lavori della Camera Sinistra Italiana (per questo ringraziata pubblicamente dai Radicali che hanno promosso la proposta di iniziativa popolare) ha usato la sua opzione su quale legge mandare avanti nell’inter parlamentare, secondo uno schema di quote tra partiti che vale sia per il calendario dell’aula che per quello delle commissioni (molte proposte di legge, che sono migliaia, non vengono mai neanche calendarizzate, ovviamente). E l’impressione è che il bonus diritti civili si esaurisca così, per questa legislatura, con la legge sulle unioni civili, legge che comunque non ha finito di tribolare, tra fantasiosi emendamenti, tant’è che anche alla Camera si immagina un voto di fiducia.

Già sarebbe un successo, dicono un po’ tutti i deputati sentiti da l’Espresso, se il testamento biologico - nelle mani della sola commissione Affari sociali - uscisse dalla fase delle audizioni che sono cominciate e che continuano in queste settimane (l’11 aprile, ad esempio, sono state sentite l’associazione Luca Coscioni, A buon diritto onlus e la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri). Già va piano il testamento biologico, però, e che l’eutanasia possa anche solo inseguire pare difficile: «Con questa maggioranza c’è poco da esser fiduciosa», dice Marisa Nicchi a l’Espresso, «però lotteremo, anche perché lo schieramento c’è, tra pezzi del Pd, alcuni 5 stelle e qualche deputato di destra più laico». Oltre 200 parlamentari, d’altronde, hanno aderito all’intergruppo promosso da Eutanasia Legale.
Mina Welby

Si attende dunque una seconda convocazione delle commissioni riunite, che per ora non è stata fissata. Ed è per mettere un po’ di fretta e per riaccendere il dibattito pubblico che Mina Welby, presidente dell’associazione Luca Coscioni, scrive una lettera pubblica, indirizzata alla Rai, insieme all’avvocato Filomena Gallo, protagonista di molte battaglie sui diritti civili e dei ricorsi che hanno smantellato la legge 40. Chiedono Coscioni e Gallo, con anche il radicale Marco Cappato di Eutanasia Legale, che la Rai «alla luce della discussione parlamentare, per la prima volta nella storia della Repubblica, sul tema dell'eutanasia», «operi con urgenza per integrare l'attuale vuoto di informazione e approfondimento su un tema di tale portata e delicatezza, in modo da restituire così ai cittadini il diritto effettivo di essere informati».

La lettera è indirizzata all’Ad Antonio Campo Dall'Orto e alla Presidente Monica Maggioni, con la speranza che finisca meglio di come andò con l’ex presidente della Rai Anna Maria Tarantola che, quando nel 2014 ricevette lettera simile, assicurò che avrebbe trasmesso le osservazioni alle «strutture editoriali di competenza», senza però alcun risultato concreto.