Il governo riesce ad agguantare il titolo lungamente cercato: "Sulla prescrizione si accelera". Non a caso lo suggeriva ai giornalisti ieri al Senato
Beppe Lumia, capogruppo in commissione Giustizia. Dopo una serie di duri tira e molla tra Pd e Ncd è arrivato infatti il sì all'abbinamento del ddl sulla
prescrizione - che allunga di complessivi tre anni i tempi di scadenza dei processi (due per l'appello, uno per la Cassazione) prevedendo uno stop ancora più consistente per la corruzione propria e giudiziaria (18 invece di 12, 22 invece di 15) - ai provvedimenti di riforma del processo penale e sul rito abbreviato. I tre ddl diventeranno un testo unico, previo voto formale di oggi in commissione Giustizia al Senato: si auspica di licenziarlo entro l'estate.
Che Renzi e Orlando puntassero a questo obiettivo era già chiaro tre settimane fa, quando provocando malumori nell'Ncd, il senatore Felice Casson, relatore del ddl sul processo penale in commissione Giustizia, annunciò insieme con Lumia
l'abbinamento prossimo venturo. Una accelerazione che, non a caso, arrivò di punto in bianco, giusto nei giorni in cui esplodeva l'indagine di
Tempa Rossa, dopo quasi un anno di silenzio sulla prescrizione, approvata alla Camera nel marzo 2015 e da allora giacente in commissione al Senato. Da allora, tra le punzecchiature dell'Anm e la nuova indagine della Dda di Napoli che ha messo sotto indagine il presidente del Pd campano, la cronaca non ha fatto altro che offrire ulteriori spunti al desiderio di fare in fretta, e dare un segnale che le riforme sulla giustizia procedono. Anche perché le elezioni comunali sono alle porte.
Al di là dei titoli, tuttavia, vi sono a tutt'oggi d
ue ordini di problemi, ancora da risolvere. Il primo riguarda giusto il ddl prescrizione: Ncd, anche se ha dato il via libera all'abbinamento, vorrebbe togliere dal testo l'emendamento Ferranti introdotto alla Camera, quello che prevede la stretta sui reati specifici di
corruzione; anche una parte del Pd sarebbe disponibile a un accordo al ribasso, ma un compromesso è ancora da trovarsi. E non è facile: anche perché la magistratura non ha mai fatto mistero di ritenere l'allungamento complessivo dei tre anni (misura prevista sin da quando il testo uscì dal consiglio dei ministri, nell'agosto 2014), complessivamente insufficiente a fermare la moria dei processi. Ed eliminare anche il giro di vite sulla la corruzione finirebbe per annacquare ulteriormente la norma, oltre a smentire quanto disse Renzi un anno fa.
La seconda problematica riguarda il
testo-monstre, che conterrà prescrizione, processo penale (con la delega sulle intercettazioni) e rito abbreviato. E' chiaro che mettendo tutto nello stesso calderone Renzi punta a far approvare ciò che è indigesto alle varie parti (Ncd, magistrati) insieme a ciò che è gradito. Ma in questo modo si moltiplicano, paradossalmente, anche gli inciampi possibili.
Non è un caso in effetti che sin qui i provvedimenti, concepiti all'inizio per marciare uniti, abbiano invece marciato divisi: secondo una impostazione più prudente, voluta dal Guardasigilli Orlando. Riunendo i tre in un unico ddl, si va un po' più al Rischiatutto: e quindi diventa meno improbabile che alla fine anche la riforma della giustizia finisca a essere votata con la fiducia. Cosa che fino a poco fa si escludeva di fare. "E' complicato, ma valuteremo", diceva invece ieri la ministra Boschi.