A cominciare dalla scelta di porre la fiducia, scelta da tempo annunciata, ma che ha comunque provocato la protesta delle opposizioni.
La legge, dicevamo, salvo colpi di scena è cosa fatta, perché è al Senato che ha dovuto superare le insidie delle mediazioni necessarie per ottenere il via libera degli alfaniani e dei cattolici più radicali nel Pd. È lì che la senatrice Monica Cirinnà ha dovuto rinunciare ad alcuni passaggi della legge, tra cui - tra le proteste delle associazioni Lgbt - l’adozione del figlio del partner, già mediazione rispetto al pieno accesso alle adozioni, mai preso in considerazione.#unionicivili Il governo pone la questione di fiducia senza motivo. Non c'è ostruzionismo, il Pd è compatto (?), il testo è blindato.
— Giulia Di Vita (@GiuliaDiVita) 10 maggio 2016
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La Camera dunque approverà le unioni e doterà l’Italia di una normativa sul tema, anche se già vecchia rispetto a quella di altri Paesi europei - come notano tutti i più noti attivisti gay, compresi quelli da subito favorevoli alla legge.
I toni sono apocalittici: Mattarella dovrebbe intervenire perché «si avvia, con la legge sulle unioni civili finalizzate alle famiglie artificiali, il progetto di sovversione antropologica» e «ritorna l'ingegneria politica dell'uomo nuovo che tanti disastri ha prodotto nel '900». C’è poi il leghista Nicola Monteni che si erge anche lui a paladino del Family day: «La fiducia», dice, «è una fiducia che segna la vostra debolezza ed è uno schiaffo è nei confronti dei milioni di cittadini che non la pensano come voi, che difendono la famiglia».
E c’è la deputata Eleonora Bechis, ex 5 stelle, che critica la maggioranza dal fronte opposto: «Giovedì alla Camera si svolgerà l'ultimo atto della vergognosa legge targata Renzi-Alfano sulle unioni civili. Una legge che nasceva per dare agli omosessuali una parità agognata da decenni di lotte e invece segna ancora una volta discriminazioni intollerabili». Bechis - che ricorda anche come la partita non sia comunque finita, come scritto da l’Espresso, dovendo Alfano fare regolamenti e decreti attuativi - è così d’accordo con Giuseppe Civati il cui partito, Possibile, non voterà la legge.
È da fuori Montecitorio, però, che arriva il lancio di giornata. Se dentro l’aula Forza Italia annuncia che voterà contro la fiducia e contro la legge ma lascia libertà di coscienza ai molti deputati tentati, fuori il suo candidato al Campidoglio, Alfio Marchini dice che mai celebrerà unioni civili, peraltro già istituite autonomamente dal Comune di Roma. Marchini sa benissimo che non potrà evitare di applicare una legge nazionale, in realtà, conosce l’articolo 328 del codice penale sull’omissione degli atti d’ufficio, ma lui personalmente vorrebbe sottrarsi: «Non ho nulla contro il riconoscimento dei diritti civili», dice, «ma non è compito del sindaco fare queste cose. Per cui non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni».