Nel nuovo Campidoglio spuntano ex collaboratori di Alemanno, ex assessori di Marino, ex veltroniani, ex rutelliani. La sindaca fatica a formare la sua squadra e scopre quant'è difficile la discontinuità. In compenso boschi e sottoboschi romani tirano un sospiro di sollievo

Virginia Raggi e quella giunta di ripescati

Assessori ripescati, personalità da municipalizzate, gente con molto passato. Trasformismi vari. A dieci giorni dalla vittoria al ballottaggio, la giunta della sindaca Cinque Stelle Virginia Raggi ancora non c’è, a dispetto delle promesse: in compenso però boschi e sottoboschi romani pulsano di vita. Quasi tirano un sospiro di sollievo. Già, perché forse per la mancanza di una propria classe dirigente, nella ricerca di volti e nomi, anche i Cinque stelle finiscono per solleticare mondi consolidati. Di destra e di sinistra e di centro: magari prudentemente grillini all’occorrenza, magari abili amministratori. Nuovi, di certo, no.
 
Non c’è in effetti solo Raffaele Marra, ex guardia di finanza, quattro lauree, già al ministero e poi al comune con Gianni Alemanno (era dirigente al patrimonio), all’Unire con Panzironi, alla Regione con Renata Polverini (era a capo della direzione personale, demanio e patrimonio, il Tar gli annullò per due volte la nomina perché non aveva le competenze specifiche per quel posto), adesso formalmente divenuto, con tanto di ordinanza, e polemiche, vice capo di gabinetto della Raggi. "Un incarico temporaneo, verificheremo", ha chiarito Roberta Lombardi, deputata e componente dello staff pentastellato che affianca la sindaca. Si vedrà: la nomina intanto c’è, e Marra ha potere di firma e sottoscrizione degli atti di spesa. E’, in pratica, un tutor del suo capo, Daniele Frongia, fedelissimo della sindaca che, appena rieletto consigliere comunale, è stato nominato all’incarico dirigenziale facendo slalom tra dettami della Severino, e non può firmare nulla per non cadere appunto tra le grinfie di quella legge.  
 
Non c’è solo, tra i probabili, Daniela Morgante, magistrata delle Corte dei conti, già assessora al bilancio con la sindacatura di Ignazio Marino (prima versione), pronta a tornare nello stesso posto come del resto aveva già annunciato ai tempi in cui sbattè la porta del Campidoglio ("Un addio? Magari un giorno potrei tornare. Mi piace. Se capiterà una nuova occasione non mi tirerei indietro", aveva detto al Messaggero nel 2014). C’è pure, tra i designati, Luca Bergamo, già d’area veltroniana (prima maniera), già direttore dell’Agenzia nazionale per i giovani all’epoca della Melandri ministra e ora pronto a diventare assessore alla Cultura. Tra i papabili, pure Donatella Visconti, manager e lobbista, già presidente di Banca Intesa Lazio (su indicazione della Polverini, la Spa è a partecipazione della Regione) e vice presidente di Assicurazioni Roma (su indicazione di Ama), già consigliera del capo di stato maggiore della marina militare Giuseppe De Giorgi, e presidente del network femminile "Sui Generis".
 
C’è anche, giusto per chiudere, la probabile assessora al Sociale, Laura Baldassarre. Che ha lavorato sia all’Unicef sia poi all’Autorità garante per l’Infanzia e adolescenza, con Vincenzo Spatafora. Lui, campano di Afragola, una vita all’Unicef, fu capo segreteria di Rutelli, nel 2006, quando questi era ministro dei beni culturali. Finito sui giornali nel 2010 per aver dato un lavoro ("solo uno stage") al figlio di Angelo Balducci, nel 2011 quando finiva il governo Berlusconi fu nominato presidente dell’Authority infanzia. Dopo un fallito avvicinamento a Scelta civica, scaduto il mandato all’Authority Spadafora si è avvicinato ai  grillini. Diventando responsabile delle relazioni istituzionale del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Mirabile percorso. La Baldassarre, in pratica, almeno da un certo punto in poi seguiva intanto lo stesso iter: Unicef, Autority infanzia. Mancava giusto l’approdo grillino. Che ora dovrebbe incastonarsi giusto al comune di Roma, per tramite dell'ascoltatissimo Di Maio. Con grande gioia, peraltro, del romano Alessandro Di Battista, che della conquista del Campidoglio dovrebbe essere l'artefice indiscusso.
 
Dunque tutt’altro che un gesto di frattura, questa complicata composizione di giunta che dovrà concludersi entro il 7, data del giuramento, o forse slittare al 12. Piuttosto, una forma di relativa continuità. Che non è poi necessariamente un male, anzi. E semmai è solo più complicata da spiegare quanto più si sia gridato alla rottamazione del passato, ma tant’è.

In nome della continuità, per dire, adesso l’ex sindaco Ignazio Marino quasi implora Virginia Raggi di confermare il suo piano di sostituzione di 86.879 lampadine con altrettante a led. E’ in nome della continuità, per "assicurare il pieno ed immediato presidio delle peculiari funzioni facenti capo all’ufficio dell’Assemblea capitolina", che la sindaca ha conferito l’incarico di direttore dell’ufficio ad Angelo Gherardi, dirigente amministrativo, già nominato da Tronca responsabile del settore Ambiente e Verde, prima ancora alla direzione gestioni e alienazione del dipartimento Patrimonio, prima ancora alle Risorse umane (da Marino). La continuità insomma è fisiologia, anche nel nuovo Campidoglio: in attesa di capire l’anomalia a Cinque stelle, invece, da dove arriverà.

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