Dopo trent'anni, e a 15 dal G8 di Genova, doveva arrivare il sì del Senato al ddl che introduce il reato di tortura. Invece c'è un nuovo stop. Molto poco renziano. Tutta colpa di un aggettivo ("reiterate"). Ma, soprattutto, della samba che sta ballando l'Ndc di Alfano. E che insidia pure la riforma della prescrizione

Doveva essere una giornata decisiva, dopo trent'anni di attesa e giusto nel quindicennale del G8 di Genova: si è trasformata nell'ennesimo rinvio. Un bello smacco, per la velocità dell'era Renziana. La legge sulla tortura, come dice con puntuale sintesi un parlamentare di Ap, "non decolla" infatti al Senato: non è che si ferma del tutto, e per converso di sicuro non accelera.

Come un uovo sodo: non va né su, né giù. A fine giornata il Senato decide di sospendere l'esame del testo. La legge doveva essere definitivamente approvata: invece - ipotesi più probabile - aspetterà settembre. Un affossamento l'aveva preannunciato già, Angelino Alfano, quando lunedì aveva spiegato che nel testo - se non subito al Senato, per lo meno dopo alla Camera - bisognava reinserire quell'aggettivo, "reiterate" (violenze o minacce), senza il quale la legge sarebbe diventata a suo dire "troppo punitiva nei confronti della polizia".

Caso Cucchi
Tortura, Andrea Orlando: "Il vuoto normativo esiste, serve approvazione"
23/6/2016
Già, "reiterate". Nel Pd c'è chi adesso punta il dito contro chi (il capogruppo Luigi Zanda) si è fatto convincere (da Casson e Lumia, si dice) a togliere quell'aggettivo, da un testo sul quale l'accordo con l'Ncd di Alfano si era raggiunto. Polemiche ormai marginali. Fino all'ultimo, del resto, il Pd ha tentato di portare a casa la legge.

A ora di pranzo diviene però chiaro che, viste le contrarietà di tutto il centrodestra e le fibrillazioni dell'area centrista (con Schifani che lascia la presidenza del gruppo al Senato) conviene optare per la soluzione meno definitiva.

Questo si dicono i dem, riuniti con il Guardasigilli Orlando, quando decidono di puntare al rallentamento della legge nella logica del male minore: meglio palleggiare il provvedimento fino a settembre, piuttosto che farlo tornare adesso in commissione, condannandolo al coma farmacologico fino a fine legislatura.

Una soluzione di compromesso, che lascia un segno di imbarazzo sul volto dei democratici che al Senato sono costretti a ripetere essere tutto a posto, di voler la legge sulla tortura il prima possibile, salvo essere consapevoli di non poter agguantare i l risultato. Sinistra Italiana, ovviamente, attacca: "Il Pd accetta il diktat dei suoi alleati di centrodestra", dice Nicola Fratorianni. "E' chiaro che il governo è allo sbando totale", fa eco l'M5S Mario Giarrusso.

Del pacchetto "rinvio" potrebbe far parte - a quanto pare - anche il disegno di legge sul processo penale, quello che contiene la prescrizione ed è in commissione Giustizia al Senato. Superato il rischio più grosso - quello di dover accantonare la parte sulla presscrizione - Il Guardasigilli Orlando mette sul tavolo la mediazione, già nota, dei diciotto mesi di stop tra un grado e l'altro di giudizio.

In commissione si cominciano a votare gli emendamenti, la prossima settimana si entrerà nel vivo con la parte più delicata. Su tutto il provvedimento, con convinzione ancora maggiore di quella utilizzata per la legge sulla tortura, i dem affermano l'assenza di problemi. A Palazzo Madama è una sequela di "va tutto bene", "siamo a un passo dall'accordo". Eppure, a giudicare da come i centristi corrono vispi a destra e sinistra per i corridoi del Palazzo, le trattative fervono e l'accordo è ancora lontano dal porto. Anche per la nuova prescrizione, spiegano da più parti, bisognerà aspettare settembre: ma il Pd ancora non si è rassegnato ad ammetterlo.