Si vede che lo scivolone è inevitabile, oppure che se lo cerca. Queste, per la cronaca, le sue ultime parole famose: “La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova. #fertilityday è più di due cartoline”. Così diceva Beatrice Lorenzin il primo settembre, dopo che una specie di ciclone social si era abbattuto contro le pubblicità al fertility day, e dopo che pure il premier Renzi aveva preso le distanze.
Ecco, a guardare i nuovi opuscoli del ministero della Salute, viene quasi nostalgia della clessidra-da-orologio-biologico che faceva da messaggio guida della campagna ritirata. Siamo passati da “Sbrigati, non aspettare la cicogna”, a una specie di indicibile: svegliati, non avvicinare il nero.
Belli, sani e ariani nella parte superiore dell’immagine, dal titolo “le buone abitudini da promuovere”; capelloni, ragazze simil hippy, ragazzi di colore nella parte inferiore, sormontata dal titolo “i cattivi compagni da abbandonare”. Il migliore dei nuovi opuscoli ministeriali ha proprio questa copertina: così ardita, nel suo sapore di razzismo, da risultare incredibile. Se non altro perché salta a piè pari almeno vent’anni di messaggi pubblicitari sempre più ossessivamente politically correct. E peraltro proprio mentre si occupa di un tema che ha già dimostrato (ce ne fosse stato bisogno) di essere particolarmente delicato.
Comunque, è attraverso questa immagine che la ministra Lorenzin intende veicolare il messaggio: bisogna vivere in un certo modo – capelloni no, alcol no, fumo no, pelle nera no – per preservare la propria fertilità. Il che lascia attoniti. Così come del resto, dentro l’opuscolo, spiega che la “sindrome da divano”, ossia la pigrizia, tende a favorire il sovrappeso e quindi fra l’altro a far calare la famosa fertilità: a corredo di tutto, l’immagine una ragazza stesa sul divano, appena sovrappeso, e di certo perfetta per rappresentare un nuovo punto polemico dell’intera campagna.
Che del resto giusto adesso ha il suo culmine, con i convegni pronti a celebrarsi in alcune città, e a questo punto anche le contro manifestazioni che si celebreranno in altre. E con il sapore finale di una specie di nausea da sovraesposizione al messaggio. Chissà se era questo l’obiettivo della campagna, probabilmente no.