A Montecitorio, dopo un anno e due mesi di lavori, arriva alla fine il primo via libera al disegno di legge che rafforza la vincolatività delle scelte del paziente sulle cure che lo riguardano. Ora si aspetta il round del Senato che potrebbe essere assai più problematico. E non solo per una questione di numeri

La futura legge che regola il fine vita cambia un po’, nell’esame alla Camera, ma gli schieramenti restano gli stessi: in particolare, l’alleanza tra Pd e Cinque stelle – già problematica ai tempi delle unioni civili -  che sono schierati per il sì, insieme con Mdp e Sinistra Italiana; il più lineare no del centrodestra, dalla Lega ai centristi e con qualche eccezione “di coscienza” in Forza Italia.

Da Montecitorio, dopo un anno e due mesi di lavori, arriva alla fine, con 326 sì, 268 contrari e 23 astenuti il primo via libera al disegno di legge che rafforza la vincolatività delle scelte del paziente sulle cure che lo riguardano e introduce le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) per quando non il malato non sarà più in grado di esprimere la propri volontà. Il ddl passerà al Senato, per un secondo (e forse ultimo) round che molti osservatori invitano a considerare assai più problematico che a Montecitorio, e non solo per una questione di numeri.

Obiezione di coscienza mascherata
Il testo non esce stravolto, rispetto alle intenzioni di chi l’ha portato avanti sin qui.

C’è il divieto di accanimento terapeutico, si dispone che nessuna terapia possa essere iniziata o proseguita se non c’è il consenso del paziente, si dice no all’abbandono terapeutico anche per il paziente che rifiuta le terapie (il che significa garantirgli le cure palliative), nutrizione e idratazione artificiali vengono considerate come trattamenti sanitari passibili dunque di essere sospesi come qualunque altra cura. Tra le novità principali introdotte dall’Aula c’è l’introduzione di una forma di obiezione di coscienza per il medico, cioè la possibilità di non uniformarsi alla volontà del paziente che voglia interrompere le cure: la norma, tuttavia, differisce almeno in parte da quella contenuta nella legge 194 sull’aborto, intanto perché il dissenso del medico va espresso caso per caso (e non una volta per tutte) e poi perché è previsto l’obbligo per le strutture di dare piena attuazione alla legge (i Cinque stelle lo ritengono però insufficiente). 
le idee
Chi ha le chiavi della nostra morte
10/3/2017

Faro acceso sui Cinque stelle
Cosa accadrà adesso? Passata l’esultanza di chi da almeno un decennio combatte per l’introduzione del biotestamento, passati gli alti lai di chi parla di “porta aperta all’eutanasia”, il disegno di legge planerà su Palazzo Madama. Dove come si sa il Pd non ha la maggioranza, e i numeri risultano comunque risicati sia che si consideri il sì dei Cinque stelle (ridotti a 35 senatori) sia gli alleati di governo di Ap (27 unità). Sin qui, proprio come nel caso delle unioni civili, i grillini hanno assicurato il loro appoggio. E anche nell’intervista ad Avvenire Beppe Grillo ha di fatto salvato la linea del sì, sul quale peraltro fu chiamata a votare anche la rete (il sì superò il [[ge:espresso:inchieste:1.297874:article:https://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/03/24/news/diritti-la-mappa-dell-europa-ma-l-italia-e-fanalino-di-coda-1.297874]]novanta per cento). Resterà questa la linea? A Palazzo, molti fanno notare che sarà questione di scelta dei tempi. Più il biotestamento sarà votato al Senato a ridosso delle elezioni, più diventerà una materia da campagna elettorale. A quel punto la tentazione di Renzi di farne un fiore all’occhiello del proprio essere di sinistra sarà almeno pari alla tentazione grillina di fargli lo sgambetto, per impedirgli una così bella figura.

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