Sono talmente una accoppiata fissa che ormai li chiamano ?“il gatto e la volpe” di quella specie di direttorio di fatto che ha preso il posto dei precedenti (falliti per dilaniazione).
I deputati M5S e avvocati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, esatta incarnazione del “sistema Di Maio” (così lo chiamano gli ortodossi), sono probabilmente il prototipo del perfetto grillino di palazzo. Si distinguono infatti per obbedienza assoluta e indefettibile, non rischiano di far ombra a nessuno.
Sempre un passo indietro al vicepresidente della Camera, con lui nella gestione degli enti locali, da commissari al Campidoglio sono occhi e orecchie di Grillo e Casaleggio sui tormenti della Raggi. Da ultimo li si vede un po’ in tv, per il resto prosperano nell’invisibilità: niente moti spontanei, zero accenni di identità individuali.
Qualche traccia di Bonafede, fiorentino di origini trapanesi, due figli, già candidato sindaco contro Renzi (prese l’1,9 per cento), grillino della prima ora (era il 2006). Ancora più riservato Riccardo Fraccaro, trevigiano di Montebelluna, patito della democrazia diretta al punto che si ipotizza ritagliare per lui un ministero apposito (della democrazia diretta, appunto): cortesissimo, la sua specialità è rispondere «che ne pensi?» a qualsiasi domanda.
Fece così anche quando saltarono fuori i legami tra Marra e Scarpellini: Fraccaro, che pure aveva fatto battaglia contro gli esosi affitti pagati dalla Camera per i palazzi del costruttore, anche in quel caso rispose, ?a tutti, «e tu come ?la vedi?».