Nel lungo elenco di professionisti che compongono la "task force" per le relazioni tra i due paesi compare anche Stefano Di Martino, vicino all'estrema destra e condannato in primo grado (l'appello è in corso). Ma è in buona compagnia

Gli accordi fra Italia e Cina, con tanto di visita del presidente Xi a marzo, sono stati salutati come un successo diplomatico dal governo Gialloverde e con preoccupazione dal resto dei paesi europei.

Quello che però è rimasto in ombra è la lista di persone che di questi rapporti si occuperà: la "task force Cina" voluta dal Ministero dello Sviluppo Economico di Luigi Di Maio e dal Sottosegretario in quota Lega Michele Geraci. Una task force "aperta ai contributi di tutte le parti sociali interessate, e al mondo delle università, think-tank e della consulenza”, spiega una nota dell'agosto scorso del Mise, che promuoverà incontri periodici, destinati in vario modo a fluidificare i rapporti economici fra i due paesi.

Per scoprire chi fa parte di questa squadra bisogna cercare nella newsletter che la stessa Task Force redige ed invia. C'è chi rientra nel gruppo che si occupa di demografia, chi monitora la green economy, chi segue finanza e mercati. C'è buona parte di quel demi-monde che a Roma ronza intorno al Rione Sallustiano, dove il Mise ha sede: lobbisti, consulenti, responsabili delle relazioni istituzionali per le più disparate aziende, membri di think tank. Ma anche parlamentari, docenti e giornalisti freelance. E poi, c'è qualche sorpresa.

Stefano Di Martino, milanese, classe 1966, nella sua prima vita, è un dirigente nazionale del Fronte della Gioventù e del Fronte universitario d'azione nazionale (FUAN), organizzazioni giovanili della destra sociale e un giovanissimo segretario dell'MSI milanese, a cavallo degli anni '80. Nella sua seconda vita, a partire dai primi anni '90 fino a metà dei 2000, scala la carriera politica locale, fino a divenire Vice Presidente del Consiglio Comunale, transumando da AN al Pdl.

Le cronache locali lo ricordano per certi particolari curiosi, che – del resto – Di Martino non nasconde nemmeno sul suo profilo social: di simpatie monarchiche, vanta un lungo elenco di onorificenze da parte di ordini cavallereschi. Ma non solo: collezionista di gadget e cimeli del Ventennio, come ricorda un vecchio articolo del dorso milanese de "la Repubblica”, a gennaio 2017 è al tavolo di un convegno organizzato dalla destra milanese, insieme ad Orsola Mussolini – figlia di Guido – ospite d'onore in un dibattito organizzato da Luca Romanoli, ex europarlamentare della Fiamma Tricolore, in cui l'appellativo "camerata” si spreca.
Stefano Di Martino

Nella sua terza vita – quella che lo porta a divenire membro della Task Force ministeriale – alle passioni novecentesche di Di Martino si affianca l'amore per la Cina. Di Martino oggi, come si legge sul suo sito personale, è "Ambasciatore per l'amicizia del Popolo Cinese nel mondo”, un titolo che nulla ha a che fare con i ranghi della diplomazia e che, secondo quanto lui stesso asserisce, gli sarebbe stato conferito nel 2008 dal Governo cinese, per il suo attivismo nel favorire i rapporti fra Italia e Cina.

Questo amore, tuttavia, ha causato anche qualche inciampo nella carriera di Di Martino. Nel 2010, Di Martino viene rinviato a giudizio, perché accusato di aver truffato il Comune di Milano in relazione a un finanziamento da oltre 470mila euro per l'associazione Alkeos, che avrebbe dovuto svolgere attività di mediazione culturale con la comunità cinese in città, pur non avendone i requisiti. Nel 2011, il Pdl ne blocca la candidatura alle amministrative, a causa dei guai giudiziari. Nel 2012, arriva la condanna in primo grado: 2 anni e 4 mesi di reclusione, temporanea interdizione dai pubblici uffici, confisca di beni. Di Martino ha fatto ricorso in appello, ma non si è ancora arrivati a una sentenza di secondo grado. In ogni caso l'esperto vantava già una precedente condanna del 2007 per aver partecipato alla sommossa scoppiata nel quartiere, la cui pena era stata sospesa.

Di Martino scompare dalle cronache politiche, ma – come testimoniano i suoi album fotografici – si mantiene attivo nel tessere i rapporti sociali: colleziona inviti ai ricevimenti ed eventi dell'associazionismo cinese in Italia, fino al 22 marzo scorso, quando entra all''Italy-China Business Forum on Third Market Cooperation, durante la visita del presidente Xi Jinping. Le foto lo ritraggono alle spalle di Michele Geraci.

Di Martino, però, non si occupa solo di Cina: a febbraio 2019, ricompare, negli spazi della rappresentanza ufficiale della Commissione Europea a Milano, al tavolo di un convegno dal titolo "Italia protagonista in Europa e nel mondo. Strategie geopolitiche fra Eurasia e Mediterraneo”, organizzato da SINERGIE, un centro studi presieduto da Gianfranco Benedetto, un docente universitario. Con Di Martino, siedono l'europarlamentare leghista Angelo Ciocca e Alan Christian Rizzi, sottosegretario al Pirellone, con delega ai rapporti internazionali. Ma c'è anche un altro volto noto accanto a Di Martino: Gianluca Savoini, storico portavoce di Matteo Salvini e presidente dell'associazione Lombardia Russia, l'uomo al centro di un'inchiesta di questo settimanale sui rapporti fra la Lega di Matteo Salvini e la Russia di Putin.

Scorrendo l'elenco dei partecipanti alla Task Force Cina, un altro nome salta agli occhi. È quello di Stefano Vernole, accreditato come rappresentante del Centro Studi Eurasia Mediterraneo.

Il Centro nasce a Trieste nel 2012, dall'iniziativa di un gruppo di collaboratori di Eurasia – Rivista di Studi Geopolitici, della quale Vernole è vicedirettore. Il direttore della rivista è Claudio Mutti, saggista e fondatore delle Edizioni all'insegna del Veltro, ma – soprattutto – come lo definisce un vecchio numero della rivista Gnosis dell'AISI, "figura carismatica della destra filoislamica”. L'Osservatorio antisemitismo del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano spiega, in una sua inchiesta, che Mutti è colui che ha introdotto il rossobrunismo in Italia. Collaboratore delle Edizioni di Ar, di Franco Freda, nel 1976 curò una edizione dei Protocolli dei Savi di Sion e, con la sua casa editrice ha pubblicato gli scritti negazionisti di Robert Faurisson.

Vernole non vanta solo vicinanza a Mutti: gli archivi on line lo annoverano fra i collaboratori de "Il resto del Siclo”, rivista dell'Associazione degli Anziani Amatori di Racconti di Guerra e di Olocausto. Il tema? Il pensiero di Aleksandr Dugin, ideologo di Putin.

Segretario del Fronte della Gioventù di Modena negli anni '90, oggi Vernole è nello staff del gruppo consiliare della Lega in Emilia Romagna e, di recente, il suo nome è comparso in una vicenda di dossieraggio ai danni del sindaco di Carpi Alberto Bellelli, vicenda sulla quale sta indagando la magistratura e che non vede indagato Vernole. A Modena, chi lo conosce lo indica come l'eminenza nera della Lega locale, un deus ex machina che mai compare e che, tuttavia, decide le sorti della politica locale. La sua vicinanza alla Lega è di lunga data: gli annali de La Padania annoverano un vecchio dibattito a tema geopolitico, cui parteciparono sia Vernole che Savoini. Mentre risale al 2014 un incontro moderato da Vernole per conto dell'Associazione Culturale Russia Emilia-Romagna, con la quale il CeSEM vanta una partnership tuttora in corso, e che vide la presenza anche di Luca Bertoni, compagno d'associazione di Savoini.

Il più recente amore di Vernole è quello per la Cina: il sito del CeSEM, da quando è nata la Task Force Cina, raccoglie interviste a Michele Geraci e diffonde la newsletter ufficiale. Proprio quella che contiene l'elenco dei membri della rete messa in piedi dal Sottosegretario allo Sviluppo Economico.