
Di fronte alla crisi italiana molti auspicano una coalizione “Ursula”, cioè europea. Ursula von der Leyen è stata eletta Presidente della Commissione dal Parlamento europeo da una coalizione (con molte defezioni) composta dal Partito Popolare (di cui fa parte Forza Italia), Renew Europe (cui fa riferimento Più Europa), i Socialisti e Democratici (cui aderisce il Partito Democratico), alcuni Conservatori e riformisti (ma non Fratelli d’Italia), e il Movimento 5 Stelle (che non è riuscito a creare un gruppo ed è quindi nel Gruppo misto). Una coalizione Ursula dovrebbe quindi includere il M5S, il Pd, Più Europa e Forza Italia. E fondarsi sulla consapevolezza che l’appartenenza all’Ue, all’euro e al campo occidentale sono una condizione indispensabile per lo sviluppo e la sicurezza del Paese. E sulla difesa della democrazia liberale e lo stato di diritto da chi chiede “pieni poteri”, che implica una torsione autoritaria della Costituzione.
Il discorso programmatico di von der Leyen offre spunti anche per l’Italia: investimenti per sostenere l’occupazione e la transizione ecologica; solidarietà sociale e sui migranti, inclusa la riforma di Dublino; lotta alle disuguaglianze e tassazione europea sulle grandi multinazionali e l’economia digitale; completamento dell’unione economia e monetaria; maggiore integrazione della politica estera, di sicurezza e di difesa per rendere l’Ue un attore globale rilevante; rafforzamento degli strumenti europei a difesa dello stato di diritto.
Sono riforme utili all’Ue e all’Italia, che in passato le ha sostenute, ma senza trovare la disponibilità di Francia e Germania. Oggi le sostiene la Francia di Macron, e per la Germania sarà difficile dire “no” a una Presidente della Commissione tedesca. Ma il governo giallonero italiano le ha ostacolate. E nessuno sarà disposto a condividere più sovranità con un’Italia con un governo nazionalista, pronto a politiche fiscali irresponsabili per far saltare l’euro e uscirne, come vorrebbero esponenti leghisti.
Una “coalizione Ursula” dovrebbe rilanciare queste riforme (il che implica una prospettiva di legislatura). Per essere credibile dovrebbe riprendere i negoziati con la Francia per il Trattato del Quirinale e avere una politica fiscale responsabile, sfruttando gli strumenti per la crescita dell’Ue. Si può realizzare un grande piano di investimenti, con un contributo nazionale al Fondo Europeo degli Investimenti Strategici (il Piano Juncker), che è scorporato dal calcolo del deficit strutturale. Rafforzare la cabina di regia nazionale per assicurare l’utilizzo dei Fondi strutturali europei. Utilizzare i margini di flessibilità per realizzare le riforme strutturali proposte dalle raccomandazioni europee (le ultime sono del 5 giugno) che vanno nella direzione di una maggiore crescita ed equità: spostamento del carico fiscale da lavoro e capitale ai patrimoni, rendite e consumi; semplificazione del sistema fiscale e lotta all’evasione e all’elusione fiscale; strumenti strutturali di lotta alla povertà e più efficienti servizi sociali; riforma della giustizia, della pubblica amministrazione e della concorrenza; investimenti sull’istruzione, la ricerca e la digitalizzazione; superamento dei divari tra regioni in materia di sanità e servizi; contrasto al lavoro nero e politiche attive per il lavoro; investimenti su innovazione e infrastrutture e un piano straordinario contro il rischio idro-geologico (per il quale l’Ue ha già dato il via libera alla flessibilità).
Aggiungendo una lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, e il contrasto alle pulsioni autoritarie e xenofobe – che la Commissione non può inserire nelle sue raccomandazioni perché non rientra nelle sue competenze - è un programma di legislatura.
Il futuro dell’Italia dipende anche dalla capacità dell’Ue di rilanciare l’economia, garantire la sicurezza, e gestire i flussi migratori. E il futuro e la riforma dell’Ue dipende anche dal fatto che in Italia vi sia un governo europeista. La coalizione Ursula sarebbe una sorta di arco costituzionale europeo, contro le tendenze nazionaliste e autoritarie mostrate da Salvini.
Questa scelta eviterebbe che la crisi di governo - nata dalla mancanza di volontà della Lega di farsi carico di una legge di bilancio in cui vengono a scadenza le clausole di salvaguardia, cioè in cui bisogna pagare i costi delle misure bandiera del governo, che però hanno fallito, visti i dati economici, dei conti pubblici e dei mercati - produca danni agli italiani ancora maggiori di quelli già prodotti dal governo giallonero. E presenta per varie forze politiche un connubio tra interesse di parte e dovere verso il Paese.
Per il M5S per cercare di ritrovare un senso e consensi, e magari darsi una organizzazione effettivamente democratica e partecipata. Per il Pd per avere il tempo di recuperare il gap organizzativo e comunicativo, indispensabile per aprire un dialogo con la società italiana, e creare un’ampia alleanza in grado di vincere le elezioni. Per FI, eventualmente, per ritrovare un’identità e un senso, e quindi recuperare consensi, dopo un periodo di totale subalternità alla Lega, nonostante la deriva nazionalista e autoritaria di Salvini, contraria ai valori del popolarismo europeo.
Nelle crisi si vede di che pasta sono i politici. Conte al Senato ha cercato di ritrovare la dignità. Vedremo se i protagonisti politici sapranno alzarsi al livello della posta in gioco in Italia e in Europa.