Se quella proposta di riforma della Costituzione che hanno firmato oggi fosse in vigore, i 15 senatori del Movimento 5 Stelle che hanno votato contro la fiducia al governo di Mario Draghi dovrebbero prepararsi ad abbandonare Palazzo Madama.
Ovviamente non è così perché l’articolo 67 della Carta garantisce che ogni onorevole possa votare senza vincolo di mandato alcuno. Proprio quell’articolo infatti era al centro di una proposta di riforma dei pentastellati.
Era il 23 marzo 2017 e al Senato veniva depositato il disegno di legge costituzionale numero 2759. E tra i firmatari c’erano anche tre dei dissidenti di questi giorni: Nicola Morra, Barbara Lezzi e Vilma Moronese.
Questo era il nuovo testo della Costituzione, proposto dai 5 Stelle: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni con il vincolo di mandato popolare. I deputati e i senatori che nel corso della legislatura si iscrivono ad un gruppo parlamentare diverso da quello per cui sono stati eletti sono dichiarati decaduti ed incandidabili». In poche parole, dopo l’annuncio di espulsione dal gruppo fatto da Vito Crimi, dovrebbero andarsene anche da Palazzo Madama.
Piuttosto interessante è andare a rileggersi oggi le motivazioni presentate insieme alla riforma della Costituzione: «Sotto il profilo pragmatico, quindi, l’articolo 67 della Costituzione vigente rischia di offrire una immeritata e palese copertura al trasformismo politico, che occorre urgentemente superare se si vuole recuperare il senso profondo del legame tra i titolari di cariche pubbliche elettive e coloro per cui si sono candidati e che li hanno eletti nel momento fondamentale del gioco democratico».