L’incredibile vicenda della corsa per il Campidoglio è la prova generale di un accordo mai nato: dopo mesi di trattative, risultati zero. Come nelle altre città. ll segretario dem: «Gualtieri sarà il prossimo sindaco». Ma l’atroce dubbio è che il Movimento li abbia «intortati»

La definizione vibra nel primo pomeriggio dalle frequenze della dem Radio Immagina e ha la forma del participio passato: intortàto. Il Pd a Roma è stato intortato, raggirato, dal M5S?, è la domanda (o meglio: l'atroce dubbio). Ma assolutamente no, risponde fermo Enrico Letta, scansando il fantasma. La brusca sterzata dei Cinque stelle di Giuseppe Conte pro ricandidatura di Virginia Raggi, l’incredibile carambola che mette fuori dalla partita Nicola Zingaretti, ha appena 24 ore di vita. Ma il segretario dem è verticale, come se non si fosse speso fino all'ultimo per la soluzione opposta: «Lo dico con forza e nettezza: Gualtieri sarà il prossimo sindaco di Roma, ne sono convinto. Il Pd ha fatto la sua scelta convintamente, in questa situazione Gualtieri avrà il massimo sostegno e di probabilità di essere sindaco». Parole che riportiamo integralmente perché, comunque vada, segnano la storia di questa vicenda.

Tutt'altro che una mera faccenda di sindaci, comunque: l'esito disastroso della trattativa tra Pd e M5S per la corsa a sindaco di Roma, conclusasi con Raggi di qua e Gualtieri di là, rischia di essere esiziale per il futuro della coalizione di centrosinistra a livello nazionale, ne ha tutta l'aria. Si replica uguale nelle altre città importanti che andranno al voto il 20 ottobre. È di certo l'epilogo dell'alleanza nella sua versione giallo-rossa o giallo-rosa, quella specie di tragicommedia di subalternità cominciata nell'agosto 2019 con Nicola Zingaretti che cede sulla premiership a Giuseppe Conte e finita nel maggio 2021 con Zingaretti che cede a Conte sulla candidatura a sindaco di Roma. Un capolavoro della politica.

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Misterioso il ruolo di Enrico Letta. Il neosegretario del Pd, che ha preso le redini del partito il 12 marzo avrebbe avuto infatti buon gioco a decretare subito conclusa la fase zingarettiana, in cui l'avvocato del popolo era magnificato come «un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste». Ha invece indugiato sul punto abbastanza da farsi intestare la trattativa su Roma come il primo flop della sua segreteria. Quando avrebbe benissimo potuto lasciarne intera la responsabilità al suo predecessore.

Ricordiamo infatti che l'ex ministro dell'Economia Roberto Gualteri tenta di candidarsi da mesi. Ha addirittura accennato la discesa in campo per ben due volte. La prima il 4 marzo, nella stessa giornata in cui poi Zingaretti diede a sorpresa le dimissioni. La seconda il 16, dodici giorni dopo, quando era da poco insediato Letta, che sostanzialmente lo pregò di soprassedere. È da allora ad oggi che il segretario del Pd ha operato quello che in privato ha definito uno dei corteggiamenti più assidui della sua storia personale. Forse nel tentativo di raddrizzare qualcosa che era nato storto, fidando che fosse la soluzione meno peggio: la candidatura di Zingaretti con l'appoggio di Conte.

 

Un matrimonio che non s'aveva da fare. Anche perché, nel frattempo, gli stessi Cinque stelle sono implosi in sé. E Conte, incoronato capo politico da Beppe Grillo a inizio marzo, non ha guadagnato un grammo di potere di influenza dentro il movimento: anzi semmai l'ha perso. Allo stesso ritmo nel quale cresceva nel movimento la possibilità di una scissione, di una esplosione delle tante sensibilità che ormai faticano a stare insieme.

 

È probabilmente proprio il rischio di ritrovarsi con un partito sbriciolato in mano – ovverosia senza partito - che ha convinto le varie fazioni grilline a unirsi almeno per un momento. Su uno dei pochi punti rimasti fermi ed operanti: la volontà di Virginia Raggi. Alla quale si è inchinata non soltanto la cangiante opinione dell'Avvocato del popolo, ma persino la solida avversione di una come Roberta Lombardi, oggi assessora alla Transizione ecologica nella giunta zingarettiana.

Zingaretti e Gualtieri

In questo modo, la pur sagace operazione di Zingaretti di tirar dentro la giunta la fazione grillina più avversa a Raggi, ha finito per attorcigliarsi invece attorno alla sua propria candidatura a sindaco, fino a strozzarla. Dall'altra parte, i Cinque stelle vedono adesso sulla candidatura di Roma concretizzarsi una possibilità di rinascita, tutta a spese del Pd. Tant'è vero che, mentre il Pd s'appropinqua a celebrare primarie quanto meno stentate, Conte si spinge addirittura a parlare del primo turno nella Capitale come una sorta di «primaria» di coalizione. Raggi contro Gualtieri, per vedere chi spunta la guida dell'alleanza. Una corsa da brividi.