“È una norma che non serve”, “Sono gli eterossessuali quelli da difendere”, “scompariranno la mamma e il Natale”, “ti arrestano se sei contrario all’utero in affitto”. Tutte falsità della propaganda di destra. Ecco cosa prevede davvero la norma contro l’odio omotransfobico, punto per punto

Distratti dal dibattito scatenato dalle parole del rapper Fedez al Concertone del Primo Maggio, la legge Zan rimane per molti un oggetto distorto. La confusione sul suo contenuto è grande e porta spesso fuoristrada. Alcune dichiarazioni arrivate da politici ed esponenti del centrodestra sono pure e semplici bufale: la cancellazione del Natale, l’accesso all’utero in affitto, l’ideologia gender nelle scuole. La maggior parte di queste fake-news sono intenzionali. Lo scopo è quello di intorbidire le acque e avvelenare il dibattito. Ma la verità dei fatti sull’oggetto, cioè sulla luna (la legge Zan) e non il dito (Fedez), è proprio nel disegno di legge approvato alla Camera il 4 novembre 2020 e attualmente fermo in commissione giustizia. È un documento di 12 pagine che riporta dieci articoli.

 

Cosa c’è dentro la legge Zan?

La legge mette sullo stesso piano la discriminazione per orientamento sessuale, identità di genere, genere, sesso, disabilità a quella razziale, etnica e religiosa. Interviene su due punti del codice penale e attraverso un'aggiunta alla già esistente legge Mancino-Reale (del 1992), mira a sanzionare gesti e azioni violenti. Oltre a reprimere i crimini d’odio misogino, omotransfobico e abilista prevede una serie di azioni positive che puntano a prevenirli. Di una legge contro l’omotransfobia nel nostro paese se ne parla esattamente da 25 anni. Analizziamo le più diffuse fake-news:

 

“Il nostro ordinamento giuridico già punisce le aggressioni omotransfobiche”

Falso. Oggi il Codice penale non colpisce le condotte motivate da omotransfobia ma si può solo sperare - laddove il diritto dovrebbe dare, nei limiti del possibile, certezze - che venga contestata e applicata l’aggravante dei “motivi abietti e futili”. Cosa che non avviene sempre. Inoltre, i reati previsti con formule generali vengono ad assumere un aspetto diverso e peculiare sotto il profilo criminologico quando colpiscono una minoranza, arrivando a qualificarsi come "crimini d'odio". L'articolo 3 della legge Mancino-Reale prevede reati commessi per odio etnico, nazionale, razziale o religioso. La legge Zan estende questi reati anche alle persone Lgbt, alle donne e alle persone con disabilità. Il reato d’odio si rivolge proprio contro quell’individuo e contro la sua differenza allo scopo di annullarla. Dare uno schiaffo a una persona nell’ambito di una lite non è la stessa cosa che picchiare una persona perché ebrea. Proprio per questo non si ritiene sufficiente l’applicazione dell’aggravante dei “motivi abietti e futili”: perché nel caso dei delitti d’odio non vi è solo una motivazione riprovevole ma un diverso e ulteriore bene giuridico tutelato. Colpendo una persona in quanto minoranza, il reo ottiene l’effetto che tutte le persone appartenenti alla minoranza (esempio: neri, Lgbt, ebrei, persone con disabilità) si sentano minacciate e abbiano paura. Entra in discussione il diritto alla tranquillità, alla sicurezza, alla libertà di circolazione di più soggetti. Proprio per questo si giustifica una reazione dello Stato.

 

“La legge Zan minaccia la libertà di opinione”

Falso. La proposta di legge Zan punisce solo l’istigazione e il compimento di atti discriminatori e violenti. L’articolo 4 della proposta di legge chiarisce che sono fatte salve le opinioni che non siano idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.

È vero che la legge Zan estende la legge Mancino-Reale, ma non la estende al reato di "propaganda di idee fondate sull’odio etnico e razziale” (art. 604 bis c.p.). Facciamo un esempio: il giudice potrebbe applicare l’aggravante Zan a un’associazione che pubblicando la foto di un attivista gay invita i suoi seguaci a linciarlo. Non a un cittadino che potrà ancora liberamente dire: “Le persone omosessuali sono malate”, “l'utero in affitto è un abominio”, “il matrimonio omosessuale è sbagliato”. Giuridicamente si rispetta quel confine sottile tra determinatezza e indeterminatezza, quello che caratterizza il reato di diffamazione per intenderci, e riserva dunque ai gruppi anti-Lgbt quella libertà di pensiero presente anche nell’articolo 21 della nostra Costituzione. Determinare un soggetto, metterlo all'indice e invitare alla discriminazione è un reato già ampiamente condannato dal già citato reato di diffamazione. Con la legge Zan, potrebbe diventare "aggravato" in caso di soggetti vulnerabili come le persone Lgbt, le persone con disabilità, le donne.

Questo perché la proposta sui diversi reati, previsti dallo stesso articolo 604 bis, di “istigazione a commettere atti discriminatori o violenti” e sul “compimento” di quei medesimi atti, si estendono al caso di condotte motivate da genere, orientamento sessuale, sesso, disabilità e identità di genere. La condotta istigatoria è quella suscettibile di determinare il “concreto pericolo” del compimento di quegli atti. Dunque, non ogni opinione sarà oggetto della norma penale, ma solo l’opinione istigatoria che – determinando un concreto pericolo di compimento di atti discriminatori o violenti – leda l’identità personale altrui, in relazione al genere, all’orientamento sessuale o all’identità di genere.

I nostri giudici sono particolarmente chiari sul punto: il diritto di esprimere il proprio pensiero non è assoluto ma può essere limitato per proteggere “i diritti e le libertà altrui”. Insomma, anche nel caso di critica politica - che pur rende ammissibile una maggiore asprezza nei toni e nelle parole - devono essere pienamente rispettati i limiti della “verità” e “dell’interesse sociale” (come riportato negli articoli 9 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre del 1950).

Il bilanciamento deve dunque essere effettuato tra la libertà di esprimere il proprio pensiero, da un lato e la necessità di garantire comunque il rispetto della dignità umana e dell’uguaglianza di tutti i cittadini a prescindere dalle caratteristiche personali e sociali. Un giusto equilibrio tra libertà e dignità, tra libertà e persona. In questo senso, spiegano i nostri giudici, le norme in tema di discriminazione razziale costituiscono anche l’applicazione del fondamentale principio di uguaglianza (indicato nell’articolo 3 della Costituzione), sicché è ampiamente giustificato il sacrificio del diritto di libera manifestazione del pensiero.

Insomma, tutti possiamo esprimere la nostra opinione, purché nel limite del rispetto degli altri e in ossequio a un principio che dovrebbe ispirare sempre l’azione politica di chi occupa posti di potere, la guida è nell’articolo 3 della Costituzione che è una garanzia di tutela dall’odio.

 

“La legge Zan introduce l’ideologia gender nelle scuole”

Falso. La legge Zan prevede la strategia Nazionale attivata dall'UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri. Sono già presenti oggi interventi anti-discriminazioni negli ambiti dell’educazione e dell’istruzione, del lavoro, della sicurezza e delle carceri. Spesso vanno sotto il nome di “corsi di educazione al rispetto”. La legge Zan punta sulla cultura, quella che serve veramente per arginare il fenomeno dell'omotransfobia. Un lavoro in sinergia con le associazioni anti-discriminazioni già rodato da anni. Arcigay, ad esempio, a Siena, organizza ‘Orientiamoci alle differenze’, progetto di formazione per operatori di sportello specializzati in tematiche Lgbt. Ma anche ‘Prof Presente’ corso gratuito per gli insegnanti che offre strumenti per prevenire o affrontare il bullismo omotransfobico. Nessuna ideologia gender, solo educazione al rispetto. I corsi sono già riconosciuti dalle alte istituzioni da più di vent’anni. Nel 2011 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferì ad Arcigay-Trieste una medaglia di bronzo per il progetto “A Scuola per conoscerci”, realizzato in Friuli-Venezia Giulia. Dopo dieci anni di impegno contro il bullismo la giunta guidata dal leghista Massimiliano Fedriga ha dato lo stop al progetto.

 

“L’identità di genere introdotta dalla legge Zan cancellerà le donne”

Falso. Basti pensare che tra le caratteristiche personali che possono determinare discorsi e crimini d’odio nella legge Zan è stato aggiunto, accanto al genere, proprio il sesso, per nominare anche tale componente dell’identità personale. Il concetto di identità di genere non è astratto ma già presente nella giurisprudenza, lo si trova nell’ordinamento penitenziario ( articolo 1, legge 354/1975. Articolo 14, ultimo comma). Lo si riscontra nell’articolo 8 (comma 1, lett. d) del decreto legislativo n. 251/2007 in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, a proposito della nozione di gruppo sociale perseguitato. Più recentemente possiamo leggere il termine “identità di genere” nella sentenza n 221/2015 della Corte Costituzionale, a proposito della legge n. 164/1982, in materia di rettificazione dell’attribuzione di sesso. E ancora anche nei trattati internazionali (su tutti, la Convenzione di Istanbul) o nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. L’identità di genere non è dunque un’invenzione della proposta di legge Zan, ma è un concetto ampiamente presente nel nostro ordinamento. Il suo riconoscimento riporta alla “necessità di un accertamento rigoroso non solo della serietà e univocità dell’intento, ma anche dell’intervenuta oggettiva transizione dell’identità di genere emersa nel percorso seguito dalla persona interessata; percorso che corrobora e rafforza l’intento così manifestato” (è ancora la Corte costituzionale, sent. n. 180/2017). Il termine viene ripreso dalla proposta di legge Zan per proteggere le persone trans oggetto di comportamenti discriminatori e violenti fondati sull’odio verso la loro condizione personale. La definizione di identità di genere contenuta all’articolo 1 della proposta di legge Zan è coerente con la nozione di identità di genere propria dell’ordinamento vigente: si parla, infatti, di: “identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Spesso a questa obiezione si aggiunge quella che la legge Zan nominando “l’identità di genere” possa consentire alle persone transessuali, transgender e non binarie di scardinare il vigente sistema di rettificazione anagrafica del sesso. Non è così. La proposta Zan riguarda il contrasto della discriminazione e della violenza, contiene disposizioni penali che devono essere formulate nel modo più preciso possibile e, soprattutto, essere adatte a colpire discorsi e crimini d’odio lì dove si manifestano, riconoscendo il motivo specifico per il quale si manifestano. E l’identità di genere è uno di questi motivi, le persone transgender del resto, sono il 70% delle persone aggredite.

 

La legge Zan assimila le donne a una minoranza da proteggere, quando invece sono la maggioranza

Falso. La proposta di legge Zan non tutela minoranze, ma dimensioni dell’identità personale, compresi il sesso e il genere, rispetto a discriminazioni, violenza e odio.

Sul piano penale, non considera (o aggrava) reati, sulla base di chi ne sia vittima: colpisce il movente d’odio, e dunque le specifiche ragioni di una condotta, dovute alle condizioni personali della vittima.

 

“La legge Zan discrimina le persone eterosessuali. Serve una legge contro l’eterofobia”

Falso. La proposta Zan è già una legge contro le vittime di eterofobia. Cioè quegli etero aggrediti da persone Lgbt (le cronache sono asciutte di questi crimini d’odio ma l’obiezione viene dal leader leghista Matteo Salvini). La proposta Zan tutela le vittime per “orientamento sessuale” e questa espressione include tutti gli orientamenti, compreso quello eterosessuale.

 

“La Legge Zan cancellerà la festa della mamma, i presepi, il natale, i canti”

Falso. La legge Zan prevede l'istituzione della giornata mondiale contro l'omotransfobia il 17 Maggio. Si celebra nel mondo dal 2004. Il 17 maggio 1990 è stata una giornata di svolta nella storia della civiltà: l'Organizzazione mondiale della Sanità, cioè l'organismo a cui la comunità internazionale affida il compito di stabilire le conoscenze cardine sulla salute della popolazione planetaria, ha depennato l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali. In Italia, ogni anno, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i Presidenti di Camera e Senato rilasciano dichiarazioni a riguardo. La legge Zan prevede che, in occasione della Giornata mondiale contro l’omotransfobia, le scuole organizzino attività di sensibilizzazione per «contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere». Quindi prevenire atti di bullismo e discriminazioni. Non avrà carattere di festività e le iniziative si svolgeranno nel rispetto dell'autonomia scolastica della corresponsabilità educativa con le famiglie.

 

“La legge Zan introduce l’utero in affitto”

Falso. Questa è una legge sulle aggressioni. Inoltre, in Italia la “gestazione per altri”, definita da altri “utero in affitto”, non è legale.

 

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