Vi abbiamo chiesto di scrivere un messaggio al futuro inquilino del Quirinale. Sono arrivate centinaia di missive: eccone alcune

L’emergenza spopolamento a Sud, il precariato che affligge i giovani, l’urgenza di interventi sulla scuola, le difficoltà di chi si sente abbandonato dallo Stato. Nell’ultimo numero del 2021 L’Espresso ha ospitato le lettere al prossimo Presidente della Repubblica di dieci personalità, invitando i lettori a scrivere il proprio messaggio attraverso il nostro sito e i canali social. Sono arrivate centinaia di missive di cui in queste pagine potete trovare alcuni esempi.

 

Promuova una scuola senza diseguaglianze
Carə Presidente,
non molti giorni fa il tuo predecessore ha dedicato, durante il consueto discorso di fine anno, parole molto profonde a noi giovani. Ci veniva richiesto, nonostante siamo la prima generazione dal dopoguerra il cui futuro si prospetta peggiore di quello dei genitori, di non fermarci e di non scoraggiarci. Bellissime parole, appunto; ma come non scoraggiarsi di fronte alla precarietà che aumenta giorno dopo giorno? Con che forza possiamo andare avanti se ci è stato negato il futuro, se la nostra stessa esistenza è minacciata dall’emergenza climatica che stiamo vivendo?
Non possiamo più ignorare il problema: stiamo male. L’Oms stima che presto ansia e depressione saranno tra le prime malattie per diffusione in Europa. Non è tutta colpa della pandemia: già da molto tempo infatti la nostra società sta alimentando una visione e un’aspettativa distorta e inarrivabile di ciò che dovremmo essere o dovremmo diventare. Nell’era dell’esaltazione compulsiva delle singole eccellenze, dai 100 e lode della maturità ai giovanissimi plurilaureati, l’istruzione è costretta a rincorrere un modello di successo personale che è finto, iperbolico e sicuramente esclusivo. Fuori dai ranking e dagli articoli sensazionalistici rimane la stragrande maggioranza di chi studia allora, e soprattutto rimane fuori l’importanza del percorso di istruzione come migliorativo della persona, del bagaglio culturale e umano, della capacità critica che si dovrebbe acquisire per interpretare i processi che regolano la realtà che ci circonda.
Le riforme degli ultimi vent’anni però vanno in un’altra direzione, verso un modello aziendalistico e prono alle spietate leggi del mercato, competitivo, che finisce per cristallizzare quelle stesse diseguaglianze che l’istruzione dovrebbe abbattere. Ci insegnano che per emergere dobbiamo essere capaci di calpestare gli altri, che gli ultimi saranno sempre ultimi e che chi resta indietro è perduto; ma questa è una china pericolosa da percorrere, come dovrebbero averci ormai insegnato questi due anni di emergenza permanente. E proprio a partire dai luoghi del sapere è necessario costruire una nuova consapevolezza, per poter ambire a modificare un modello di società insostenibile ed ingiusto.
Sgomberiamo il campo da un equivoco: non vogliamo essere solo il futuro del Paese, ma ne siamo il presente. Il nostro tempo è oggi, non domani, anche perché spesso non riusciamo proprio a immaginarcelo un futuro in Italia e preferiamo cercare fortuna altrove, all’estero, verso la promessa di una vita più dignitosa. Per fermare questa emorragia c’è un solo modo: rimettere al centro delle nostre riflessioni l’istruzione. La scuola e l’università devono essere davvero accessibili a chiunque, e questo passa per l’appianare quelle disparità (economiche e non solo) che le rendono ad oggi ancora troppo elitarie.
In conclusione, è necessario che si avvii per il mondo dell’istruzione una riflessione sulla sua impostazione, i suoi obiettivi, i suoi mezzi, perché possa ritrovare il proprio ruolo nel Paese e nella costruzione di una società che mette al centro il benessere diffuso delle sue e dei suoi cittadini, e l’uguaglianza formale e sostanziale di mezzi e diritti civili e sociali.
Tommaso Biancuzzi, Coordinatore della Rete degli Studenti Medi
Giovanni Sotgiu, Coordinatore dell’Unione degli Universitari

 

Sia paterno, niente paternalismo
Carissimo Presidente,
sia paterno senza essere paternalista. Indichi il cielo, ci aiuti a guardare in alto, oltre. Cerchi la libertà per gli italiani perché siano responsabili del bene comune (cosa che ci riesce poco), altruisti, solidali, generativi. In questi tempi di incertezza rappresenti al meglio ciò che deve spingerci ad essere migliori. Buon lavoro.
Gabriele Arosio

 

Per chi si prende cura
Caro Presidente,
il 2022 è iniziato in una notte di nebbia che avvolgeva le città. Una nebbia che mi è sembrata anche la metafora di questo tempo. Ci sono tante persone intrappolate nella nebbia, che restano invisibili anche alla luce del giorno. Tra queste c’è anche la mia famiglia; mia mamma, che non solo combatte da diciotto anni una sclerosi multipla che le ha tolto la libertà di movimento, ma tutti gli ostacoli trovati nel tempo, burocratici, di continui tagli al sistema sanitario. Barriere che lasciano il paziente confinato nel proprio angolo, clinico ed esistenziale, il cui unico sostegno è la famiglia, nei casi in cui c’è una famiglia.
Io assisto mia mamma insieme a mio padre e mio fratello. Con amore e impegno le siamo vicino, con l’amara consapevolezza che ogni nuovo giorno per lei è sempre più complicato dal progredire della malattia. Le famiglie che si prendono cura di un proprio caro non vedono l’orizzonte di un futuro. Accadeva già prima della pandemia, e il Covid-19 ha aggravato la situazione.
Le scrivo tutto questo non come un urlo universale, ma come il sussurro di lacrime che nessuno ha mai asciugato. Le chiedo di ricordare tutte queste voci, di ricordarle alla politica quando avrà la responsabilità di decidere e pianificare. Ricordare questa lettera e le storie di tutte le persone che si sentono dimenticate. Perché è solo con la luce del ricordo che la nebbia si dissolve.
Danilo Cinelli

 

Salvi la bellezza
Gentilissimo o gentilissima Presidente della Repubblica,
Il mio nome è Rolando e ho 18 anni; a giugno dovrò diplomarmi. Mi piacerebbe vedere, nella Sua persona, non solo integrità morale e senso dello Stato; vorrei anche che venissero fuori quegli imprescindibili valori (parola forse un po’ abusata) di cui non possiamo fare a meno. Vorrei che si abbandonasse l’esclusività della lettura economica a tutti i costi, e cioè quantitativa; vorrei che più che guardare alla maggioranza, si guardasse alla totalità, e quindi alle minoranze; vorrei vedere dei cambiamenti radicali in questo piccolo pezzo di mondo che abitiamo. Vorrei non dover più sentirmi privilegiato a frequentare una scuola che scala le classifiche; vorrei che le classifiche diventassero insignificanti, perché tutte le scuole alla fine si pareggiano, e la scelta può vertere sulle potenzialità dello studente.
E vorrei che salvasse la bellezza, Presidente. Tutta la cultura che ci appartiene, che il neoliberismo ignora, perché difficilmente può produrre. Salvi la bellezza che non produce, salvi lo studio umanistico e la concezione unitaria del sapere, ché troverà tanti appassionati e studiosi pronti a mettersi al servizio del bene pubblico meno palese e più lungimirante.
Le indico un’ultima richiesta: metta al centro la scuola, ma la scuola vera, non solo quella su cui si investono soldi e si fanno leggi. La scuola dei ragazzi, dei docenti, il cui ruolo sembra ormai essere passato di moda.
Rolando Pezzati

 

Non c’è il Bel Paese se nega i diritti
Caro Presidente,
chiunque lei sia, qualsiasi parte politica appoggi, la prego resti fedele ai valori della Costituzione, della dichiarazione dei diritti umani e di quelli dell’Unione europea di cui facciamo parte. Perché il Paese si sta inaridendo per la paura. La prego, ricordi a tutti che senza valori non esiste scelta, dibattito o idea politica e, per quanto è in suo potere, stimoli o metta in atto lei una chiara e giusta presa di posizione a livello internazionale per garantire un ripresa per tutti. Non esiste Bel Paese senza diritti per tutti, non esiste ripartenza se si ignorano i valori, non esiste vera democrazia, benessere e libertà se non si fa nulla per fermare tragedie umanitarie come quella ai confini d’Europa o come quella del Mediterraneo.
Sofia

 

Ritorno al Sud
Egregio Sig. Futuro Presidente,
ho 28 anni e vivo in Calabria. La nostra è una terra tanto bella, eppure dimenticata, quasi abbandonata a sé stessa. Chi viene come turista, attratto dalle nostre splendide coste e dai boschi di montagna, rimane deluso dall’inefficienza dei trasporti, dalla scarsa manutenzione delle strade, dalla trascuratezza del nostro patrimonio naturale. Chi invece qui ci è cresciuto ed ha studiato non troverà altro che un impiego part-time presso uno dei vari call center. Per chi come me ha una laurea scientifica, non c’è altra soluzione che fare le valigie.
La prego di intervenire a favore dell’attuazione di un piano di sviluppo per il Sud. Incentivare lo sviluppo delle imprese, del turismo, delle infrastrutture e, al contempo, contrastare la criminalità organizzata, che è la vera piaga della nostra società.
Anna Lisa