Misure di welfare per chi ha figli e famiglia, al governo rappresentanza femminile minima. E una pattuglia pro vita e anti gender in ruoli chiave: dalla ministra Eugenia Roccella al presidente della Camera Lorenzo Fontana. Capolavoro ideologico della prima premier alla guida di Palazzo Chigi

Quel che colpisce, prima di tutto, è la coerenza. Nemmeno un elemento, un piede, una mano, un pezzo di stoffa, una quota rosa in effetti si discosta dall’impostazione asburgica, austroungarica, e si vorrebbe dire alla Klemens von Metternich, data da Giorgia Meloni alla questione cosiddetta “delle donne”. Nemmeno il tempo di celebrare un mese di governo e già il passo si vede chiarissimo.

 

La prima premier donna della storia d’Italia che, scambiando il maschile per neutro, si fa chiamare «il» presidente del Consiglio come se fosse un uomo, suscitando inciampi linguistici persino negli uomini della destra col vizio momentaneamente imperdonabile di usare l’articolo «la» quando parlano di una donna, ha di conseguenza composto un governo e un sottogoverno piuttosto maschile anche nei modi (neanche una gonna c’era al giuramento al Quirinale) e dato in generale il via a una fase nella quale il potere declinato al femminile paradossalmente perde posizioni, piuttosto che guadagnarle.

 

Con una premier che ridicolizza l’intera questione proclamando che il potere delle donne non passa per termini come «capatrena» era del resto immaginabile. Gli effetti già si vedono, dimostrazione che la questione della difesa dei diritti sta precisamente nei termini in cui l’ha enunciata in una delle sue più recenti interviste, puntuale come sempre, la radicale Emma Bonino: «Dire che non si toccheranno i diritti esistenti vuol dire che si tornerà indietro», perché «i diritti civili sono una cosa fragile, vanno coltivati, curati difesi e promossi ogni giorno, se no una bella mattina ti svegli e non li hai più. È questo che sta succedendo», diceva al Corriere della Sera.

 

Così in pratica è bastato avere una premier tenacemente convinta dell’inutilità della quote rosa, o meglio, dell’utilità di una quota rosa a spanne, cioè della rappresentanza femminile come qualcosa di vago, da non legare ai numeri, per avere quindi soltanto 6 donne su 24 ministri (un quarto del totale) e 13 donne su 39 sottosegretari (un terzo del totale), un antiabortista, Lorenzo Fontana, che ricopre la Terza carica dello Stato, una ultraconservatrice, Eugenia Roccella, come ministra della Famiglia, natalità e pari opportunità, il partito di maggioranza ossia Fratelli d’Italia maglia nera nella rappresentanza femminile, con 52 donne su 185 parlamentari, pari al 28 per cento. E, gran finale (ma solo per il momento) soltanto 2 donne, Giulia Bongiorno e Stefania Craxi, su 24 presidenti di commissione tra Camera e Senato (un dodicesimo del totale).

 

«Onorevole Serracchiani le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?», ha domandato Meloni in uno dei passaggi più noti del dibattito alla Camera sul voto di fiducia al governo: lei no, Meloni non sta un passo dietro agli uomini, ma lascia che le altre ci vadano a finire. Anche su questo punto, c’è da dire, ha impiegato assai meno tempo del previsto a segnare una stagione, un’epoca. Una velocità da perdifiato, come sull’immigrazione, sugli sbarchi, sui rave-party, sui rapporti con la Francia.

 

Era tutto già segnato, lo si vede ora più chiaramente, ai tempi della Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Milano, a fine aprile 2022. Una tre giorni che ha delineato in anticipo, con una precisione davvero invidiabile, i confini del futuro governo e dove non a caso di donne non s’è parlato, se non come di madri. «Famiglia, cuore d’Italia. Interventi in favore della natalità, tutela della famiglia naturale, sostegno alla maternità e alla paternità, lotta all’ideologia gender, sacralità della vita e valori non negoziabili» era del resto il panel al quale partecipò la futura ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, insieme con il portavoce di Pro Vita Jacopo Coghe e il direttore di Tempi Emanuele Boffi. Sempre a Milano, in quei tre giorni, Isabella Rauti, ora sottosegretaria alla Difesa, nella sua veste di “Responsabile pari opportunità, Famiglia e valori non negoziabili” di Fratelli d’Italia, decantava dal palco principale, nella sezione significativamente intitolata “Crescere nella famiglia. Sostenere le scelte di maternità e di paternità per rimettere in cammino la speranza di un popolo”, le virtù del «più permanente aggregato sociale» che abbiamo a disposizione (la famiglia appunto) e la terribilità al contrario della ideologia gender che ha appestato di sé anche le fiabe tanto che persino «la povera Biancaneve non si sveglierà più perché il principe non la può baciare». Tutto già chiaro lì: senza il principe che la bacia, scordiamoci pure Biancaneve.

 

Si dirà che non abbiamo ancora parlato di violenza di genere: c’è un motivo perché la questione, che pure in Fratelli d’Italia è trattata con la dovuta serietà, ha il posto e la priorità che deve avere, nel quadro che si va delineando. Del resto Meloni non s’è mai spostata dal preciso orizzonte che indicò in Noi crediamo nel suo primo libro dato alle stampe, nel 2011, ai tempi in cui era ministra della gioventù: «Questo è il mio modo di essere femminista: difendere il nostro essere donne, fiere di essere tali e consapevoli che questa nostra specificità è l’unico modo per rappresentare un valore aggiunto. Il valore della famiglia, il coraggio della maternità, la difesa della vita, la solidarietà sociale: ecco che cosa rende le donne uniche e indispensabili». Ecco cosa fa delle donne delle vere donne: la maternità, la solidarietà sociale, la famiglia. Una concezione di smagliante modernità.

 

D’altra parte, nelle spiegazioni di Meloni, così come nei programmi elettorali di Fratelli d’Italia (che ora si attende siano realizzati), le misure che servono ad aiutare le donne sono praticamente solo quelle che servono ad aiutare le madri. Assegno unico familiare, potenziamento dei nidi e delle scuole d’infanzia, far coprire allo Stato il costo di sostituzione di maternità. Il tema dell’occupazione femminile, è presentato soltanto se e quando intrecciato alla natalità, alla questione demografica. Anche per la legge 194 è così: Meloni immagina di «istituire un fondo per aiutare le donne sole e in difficoltà economica a portare a termine la gravidanza», cioè si occupa di sostenere la donna in quanto potenziale madre (prima parte della legge) e si mostra invece indifferente verso le difficoltà ad applicare la seconda parte della legge, quella che riguarda il diritto all’aborto vero e proprio, quello che diciamo fa pendere le donne dalla parte delle non madri.

 

Proprio sulla 194 si sono del resto concentrate le prime dichiarazioni e le prime polemiche della neoministra Roccella, colei che si occupa di famiglia, natalità e pari opportunità, e dunque di donne per conto del governo. La ministra, oltre ad affermare (contrariamente a quanto faceva da radicale negli anni Settanta) che l’aborto non è un diritto, si è precipitata a riaffermare il legame tra donne e maternità in un modo analogo a quello della premier: «Non voglio convincere le italiane a fare più figli: vorrei solo che fossero libere di farli. Ma libere davvero, cioè non spinte a scegliere tra carriera e figli, non costrette a essere multitasking per forza», ha detto a Libero in una delle prime interviste.

 

«Considero una sconfitta che una donna debba rinunciare alla maternità per avere un lavoro ma anche debba rinunciare ad avere un bambino per lavorare», ha detto Meloni nel suo primo discorso alla Camera. La vera libertà, per le donne, si regola dunque da quelle parti: diritto al lavoro ma intrecciato al diritto alla maternità. Un punto le cui implicazioni si vedranno nei mesi a venire. «Mi sembra un modo per garantire piene libertà, è una sfida su cui spero siamo d’accordo. Chiedo libertà concreta e reale», dice ancora Meloni. Certo poi nel programma politico di FdI si prevede «l’aggiornamento del codice rosso, la normativa in materia di violenza domestica e di genere». Due righe, nel contesto di un orizzonte di un Paese che si vuole saldamente rifondato sulla famiglia e sulle madri. Ci voleva giusto una donna alla guida del governo, per arrivarci.