Appeso agli umori di Lega e IV, il testo potrebbe partire in Commissione dopo Pasqua. Marco Cappato: «La proposta di Pillon come relatore non sia un pretesto per non discuterla. Ognuno si assuma le proprie responsabilità»

Il nome di Simone Pillon come relatore della legge sul fine-vita non è una minaccia, non è uno spauracchio ma una proposta concreta messa sul tavolo dalla Lega. Il senatore pro-vita o “anti-scelta” (secondo gli attivisti per i diritti umani) potrebbe prendere le redini del testo approvato alla Camera il 10 marzo. L’idea è accarezzata dal Presidente della Commissione Giustizia, Andrea Ostellari, anche lui leghista. Pillon si dice «Pronto». Ma comunque vada non sarà da solo. Il disegno di legge è stato assegnato oltre che alla Commissione Giustizia anche a quella Igiene e Sanità, presieduta dalla senatrice Annamaria Parente di Italia Viva che potrebbe scegliere come relatore un parlamentare del Pd. La strana coppia avrà il compito di guidare i parlamentari nell’esame della legge, presentare e approvare modifiche.

Stando al regolamento del Senato inoltre: “Le Commissioni riunite sono di regola presiedute dal più anziano di età fra i Presidenti delle Commissioni stesse”. Sarebbe dunque proprio Parente, classe 1960, a mettersi a capo della commissione e impedire un ostruzionismo simile a quello scatenato, durante i mesi del ddl Zan, dal Presidente Ostellari.

Franco Mirabelli, senatore del Partito Democratico, annuncia la tempistica: «La settimana dopo Pasqua dovremmo incardinare il testo nelle commissione congiunte», dichiara a L’Espresso e si lascia a un’analisi: «Considerando il punto in cui è la legislatura e i rapporti di forza su questi temi al Senato, riuscire a portare una legge che si limita a tradurre la sentenza della Corte è già un risultato. Forse non sarà ottimale ma ci consente in futuro di rimettere mano su un testo di cui vedo tutti i limiti».

La legge sul fine-vita non sarà il meglio che c’è. Ma tutto sembra procedere. Il testo disciplina la facoltà della persona affetta da patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile, di richiedere assistenza medica, il tutto al fine di porre fine volontariamente ed autonomamente alla propria vita, con il supporto e sotto il controllo del sistema sanitario nazionale. Bisogna difendere il testo uscito dalla Camera, dicono dentro il Pd e «per difenderlo non bisogna avere fretta. Bisogna soprattutto non irritare Italia Viva». I numeri al Senato sono ballerini e così il partito di Renzi, ago della bilancia come già in passato per la legge contro l’omotransfobia, si muove avanzando richieste e paventando strappi.

Per leggere in filigrana le prossime mosse sul fine-vita bisogna puntare gli occhi sulla Camera, suggeriscono voci interne a IV, dove la riforma del Csm è in calendario in Aula per il 19 aprile mentre in Commissione si corre per approvare modifiche richieste da IV. Pena l’astensione sulla riforma Cartabia e contraccolpi sul fine-vita al Senato. Insomma, la partita sul Csm servirà a sistemare i do ut des e contare i voti che mancano. È il piccolo mercato del Parlamento dove i diritti, ancora una volta, restano appesi a umori e possibili vendette.

«Come sempre è una questione di volontà politica», sottolinea Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni: «Sappiamo che la calendarizzazione alla Camera è stata accelerata perché c’era da far fuori il referendum, spingere la Corte costituzionale a bocciarlo. Di fronte a una forte indignazione popolare hanno dato un segnale e approvato in grande velocità il testo. Ma adesso non c’è più l’urgenza sul referendum e neanche quella di gestire un’indignazione generale». Quest’ultima, dice Cappato, è però solo un’illusione: «Il fine-vita è una realtà sociale in continua crescita, ma le forze politiche fingono di non vedere». A dimostrarlo le oltre 15mila firme raccolte dai volontari dell’Associazione Luca Coscioni in soli due giorni per chiedere una “buona legge” sul fine-vita.

Buona, quindi diversa da quella uscita dalla Camera, che secondo l’associazione Coscioni arriva al Senato in forma fortemente restrittiva rispetto agli stessi parametri già indicati dalla Consulta nella nota sentenza del 2019 Cappato-Fabiano Antoniani: dalla mancata definizione di tempi certi, all’esclusione per i malati oncologici e per chi non è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, fino all’obiezione di coscienza. Potrebbe andare peggio.

Il senatore Pillon non aveva nascosto il suo giudizio sul provvedimento quando è stato approvato alla Camera: il testo sul fine-vita «che esce dalla Camera è iniquo, inaccettabile, apre all'eliminazione dei più deboli, fragili e indifesi. Oggi ha vinto la morte», dichiarava annunciando battaglia: «i numeri per fortuna al Senato sono diversi». Per Cappato: «Pillon non può essere il pretesto per non affrontare la discussione. La discussione va fatta e bisogna votare. Non possiamo far finta che il problema siano Pillon o Ostellari».

Alessandra Maiorino, senatrice del Movimento Cinquestelle, dalla sua parte della barricata è granitica: «Riteniamo di aver trovato una linea condivisibile, addirittura morbida sul fine-vita, nessuno può dire che questo sia un testo estremo. Raccoglie l’istanza di chi non ha più un’alternativa, di chi non ha di fronte a sé prospettive di miglioramento delle condizioni. È più che umano lasciare la possibilità di scegliere in maniera ufficiale, perché ufficiosamente sappiamo che viene già fatto».

Incardinato il testo (forse per giovedì 21), le commissioni congiunte si troveranno di fronte a una girandola di audizioni, emendamenti e ostruzionismo che rischia di dilatare ancora di più i tempi. Dietro la garanzia dell’anonimato, un senatore berlusconiano favorevole al testo disegna un quadro fosco: «Questa legge non andrà da nessuna parte. Il centro-destra è contrario e compatto e la questione dei relatori è uno specchietto per allodole che vuole solo misurare le reazioni. La seppelliranno di emendamenti, da Lega e Fdi faranno ostruzionismo mentre IV proporrà un compromesso inaccettabile. Un copione già scritto. Il ddl Zan ha fatto scuola».