Regionali
In Sicilia hanno vinto ancora gli eterni volti del berlusconismo, da Renato Schifani a Gianfranco Miccichè
L’ex presidente del Senato eletto governatore. Male Caterina Chinnici del Pd quasi superata dal candidato 5 stelle. Fenomeno Cateno De Luca, da solo senza partiti arriva al 24 per cento
Un ritorno agli anni Novanta e ai primi anni Duemila, quelli dei governi potenti dei berlusconiani di Sicilia. Eletto con il 40 per cento delle preferenze l’ex presidente del Senato Renato Schifani, ed esulta con lui Gianfranco Miccichè, l’ex viceministro dei governi di Berlusconi, che ha fatto di tutto per non fare ricandidare l’uscente ed ex missino Nello Musumeci. Un ritorno al passato dei potenti azzurri, ai siciliani piace il vintage. Si ferma al 24 per cento la cavalcata solitaria dell’autonomo Cateno De Luca, mentre la candidata del Partito democratico Caterina Chinnici non supera la soglia del 20 e arriva al 17, e il grillino Nuccio Di Paola la tallona con il 16 per cento.
Nell’Isola vince il passato. Con Schifani vanno al governo della Regione gli autonomisti di Raffaele Lombardo e Francantonio Genovese, la Dc di Salvatore Cuffaro, la Lega rivisitata da ex centristi, come il ras delle preferenze Luca Sammartino, e Fratelli d’Italia. Un ritorno al futuro, dopo una campagna segnata dall’assenza di idee, tanto che gli azzurri hanno rimesso in pista il vecchio mito berlusconiano del Ponte sullo Stretto e nulla più.
«Sono contento perché il prossimo governatore della Sicilia per la prima volta da quando è nata Forza Italia trent’anni fa è un forzista e un palermitano», dice Miccichè. Siamo al ritorno al campanilismo comunale, segno del vuoto cosmico di programmi, idee, motivazioni. La vittoria di Schifani mette comunque fine al governo uscente, sempre di centrodestra ma composto dal fronte degli ex missini con base a Catania guidati da Musumeci, appunto.
In Sicilia ha votato meno di un elettore su due, il 48 per cento. Segno ormai di una profonda disaffezione dell’elettorato rispetto alle classi dirigenti politiche. E a guardare gli eletti all’Assemblea, la grandissima parte sono deputati regionali uscenti e campioni di trasformismo: gente che ha cambiato tante casacche da venti anni a questa parte ma che ancora una volta sederà nel Parlamento siciliano. Prima almeno cambiava tutto per non cambiare nulla. Adesso non cambia proprio nulla nemmeno nella forma, figuriamoci nella sostanza nella regioni più povera del Paese e tra le più povere dell’Europa.