Rivendica i risultati dell’alleanza giallo-rossa, attribuisce a Enrico Letta la rottura, chiude a intese a destra. Difende le aperture dei suoi governi a Cina e Russia. E si offre all’elettorato dem. Dialogo con il leader del Movimento 5 Stelle

Il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte si dice convinto della scelta di aver dato il la alla caduta del governo Draghi. E in un ampio colloquio con L’Espresso manda messaggi di apertura al dialogo con il Pd: non ai vertici, bensì alla sua comunità con la quale «abbiamo condiviso scelte di governo importanti». Assicura che non dialogherà con Fratelli d’Italia e la Lega dopo il 25 settembre e propone misure drastiche in economia: come quella di tassare gli extraprofitti non solo delle aziende energetiche, ma anche di quelle assicurative e farmaceutiche.

 

Presidente Conte, considerando l’autunno caldo che attende il Paese, si è pentito di alcune scelte fatte prima della caduta del governo Draghi, come il mancato voto al decreto Aiuti che ha dato il la alla crisi?
«Il Movimento fin dall’inizio ha chiarito di volere sostenere il governo Draghi per fare gli interessi dei cittadini. Ed è evidente che la possibilità di continuare era legata alla risoluzione dei problemi, alcuni dei quali come quelli sul salario minimo e il caro energia, urgentissimi e da mesi segnalati. Di contro ci siamo ritrovati con interventi inadeguati e non sufficienti che non hanno fatto altro che rinviare la soluzione di problemi che sono adesso visibili a tutto il Paese. Quindi nulla di cui pentirci»

 

Lei cosa ha fatto per salvare l’alleanza con i dem, visto che adesso con questa legge elettorale solo il centrodestra è competitivo nei collegi uninominali?
«Nel governo Conte-due insieme al Pd abbiamo salvato un milione di cittadini dalla povertà in piena pandemia. Quando i dem hanno accettato di lavorare con noi abbiamo ottenuto risultati, come un più 6,6 per cento di Pil, e permesso a 1,8 milioni di cittadini, fra cui molti giovani e donne, di firmare un contratto di lavoro grazie agli sgravi alle imprese da noi avviati. Il segretario Enrico Letta prima ha imposto una norma come quella sull’inceneritore a Roma che dubito si potrà mai costruire, e poi ha interrotto il dialogo che avevamo costruito nel corso del tempo. Per finire con il preferire Di Maio, Tabacci, Calenda e Gelmini a noi per un mero calcolo elettorale. Letta ha così gettato a mare un dialogo costruito nel tempo e fermato riforme che il Paese attendeva da tempo. Giustificando il tutto con l’obiettivo di perseguire l’agenda Draghi, una agenda di cui anche Draghi è ignaro evidentemente. Non credo che tutto questo entusiasmi la comunità stessa del Partito democratico con la quale avevamo lavorato bene. Ma grazie a Dio saranno gli elettori a giudicare le scelte del Movimento e non Letta».

 

Parliamo del futuro del Paese: lei teme un governo guidato da Giorgia Meloni?
«Temo un governo che non appare capace di dare risposte al Paese. Le ricette del centrodestra e il loro programma, tra l’altro contraddittorio, sono un incubo reale per l’Italia».

 

Cosa la preoccupa di più?
«L’esperienza che ho maturato durante la pandemia deve essere di insegnamento: loro volevano aprire tutto quando il contagio era nella fase più acuta, e al contrario mettevano in discussione i presidi di protezione civile e sanitari necessari per rafforzare la tutela della salute e, direi, della vita di molti italiani. Hanno anche insinuato dubbi sulla validità dei vaccini. Inoltre ci hanno diffidato dal prendere soldi in Europa, soldi necessari per realizzare il Pnrr. Oggi poi propongono una irrealizzabile tassa unica che ha come obiettivo quello di avvantaggiare i più ricchi. Come possiamo dare fiducia a questa destra e stare tranquilli sul futuro degli italiani?».

 

Sulla polemica riguardo al simbolo di Fdi con la Fiamma tricolore dell’ex Msi, partito post fascista, e sul rapporto tra estrema destra e Fratelli d’Italia, lei cosa pensa davvero?
«Giorgia Meloni ha ripulito la sua immagine dai grotteschi imbarazzi di gioventù ma rivendica la Fiamma come consapevolezza storica di una tradizione chiara che si rifà al fascismo. Io comunque non voglio agitare lo spauracchio di una nuova marcia su Roma cento anni dopo. Preferisco denunciare l’assoluta inadeguatezza di una forza politica che vorrebbe identificarsi anche nel nome, Fratelli d’Italia, con l’intera nazione e invece alimenta una politica divisiva fondata sulla paura e destinata a polarizzare l’azione politica. La polarizzazione peraltro è un errore nel quale sta cadendo anche Letta, e questo fa il gioco di Meloni».

 

Andiamo al cuore del programma del Movimento che lei sta cercando di rilanciare: sul reddito di cittadinanza, messo nel mirino da Meloni, Salvini e Berlusconi, cosa proponete?
«Nel 2019 abbiamo messo a disposizione delle Regioni un miliardo di euro per migliorare le politiche attive e assumere addetti ai centri per l’impiego. Va detto che le Regioni hanno fatto appena tremila assunzioni sulle 11 mila previste, e che 14 regioni su 20 sono in mano al centrodestra. Due domande me le farei. Poi andiamo al tema degli sfaticati, tanto caro alla destra: due terzi dei percettori del reddito non è in condizione di lavorare e tra loro ci sono 700 mila minori e 200 mila disabili. Tra gli idonei al lavoro un buon trenta per cento ha sottoscritto contratti di lavoro e quasi il 50 per cento di questi non arrivava a fine mese con gli stipendi che percepiva. La misura va migliorata, certo, soprattutto sul fronte dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Ma il reddito di cittadinanza ha dato risposte vere ai poveri».

 

Politica estera. Secondo lei l’Italia come dovrebbe affrontare la guerra in Ucraina? Cosa risponde all’accusa riguardo ai suoi governi, soprattutto quello gialloverde, di aver offerto sponde a Russia e Cina?
«Dopo un iniziale sostegno chiaro all’Ucraina il Movimento 5 Stelle ha detto che le armi dovevano tacere in cambio di un maggiore sforzo diplomatico. Questa idea non è cambiata. Non possiamo inseguire una chimerica vittoria dell’Ucraina e la sconfitta della Russia. Dobbiamo invece ottenere una vittoria politica e diplomatica. L’Italia può essere promotrice di questa azione di buonsenso indirizzando le parti belligeranti verso un trattato di pace. Su Russia e Cina rivendico con orgoglio che i miei governi hanno avuto come bussola solo l’interesse nazionale attraverso un riequilibrio della bilancia commerciale».

 

Tema energetico causato dalla guerra: cosa propone il Movimento per aiutare imprese e famiglie alle prese con il caro bollette senza far saltare i conti dello Stato?
«Occorre una vera tassazione degli extra profitti delle aziende energetiche, per recuperare i 9 miliardi di mancato gettito e rendere poi pubblici gli elenchi delle società che si stanno sottraendo alla legge. Dobbiamo estendere questa misura anche al settore farmaceutico e assicurativo colpendo le speculazioni fatte durante la pandemia. Inoltre siamo per l’azzeramento dell’Iva per i beni di prima necessità. Chiediamo poi al governo Draghi un importante scostamento di bilancio per trovare le risorse necessarie ad aiutare le imprese e le famiglie»

 

Restando sul tema energetico, che soluzioni proponete per rendere autonoma l’Italia dal gas russo? Siete pentiti di certe posizioni contro i gasdotti o i rigassificatori?
«Vorrei ricordare che io sono il presidente del Consiglio che ha sbloccato i lavori del Tap in Puglia che adesso sono avviati a conclusione. Detto questo, per noi l’orizzonte è quello delle rinnovabili, che vanno sostenute e autorizzate: c’è un recente studio della Lut, università finlandese, che conferma che davvero possiamo arrivare ad approvvigionarci interamente da fonti rinnovabili entro il 2050, ed è questa la data che abbiamo inserito nel nostro simbolo».

 

Affrontiamo l’argomento immigrazione: con il governo gialloverde lei ha avallato i decreti sicurezza proposti da Salvini e abbiamo assistito alle scene delle navi che restavano in rada per i problemi che poneva il ministro dell’Interno, sotto processo adesso a Palermo. Lei rifarebbe quelle scelte? E per il futuro cosa propone?
«Quando si parla di immigrazione si fa spesso riferimento solo ai decreti sicurezza fortemente voluti dalla Lega e che io ho contribuito a rivedere e a modificare rispetto alla versione originale che mi aveva presentato Salvini: una versione fortemente indigesta. Ma noi siamo anche quelli che abbiamo imposto in sede europea subito, già nel 2018, una condivisone comune dei flussi migratori. È grazie a questa iniziativa del mio governo che si è iniziato a parlare di una visione comunitaria non solo nei soccorsi, ma anche nella redistribuzione dei migranti. E su questa strada occorre proseguire».

 

Guardando al dopo 25 settembre, se dovessero mancare i numeri per una maggioranza chiara, lei con chi sarebbe disposto a dialogare?
«Con le forze di destra che si accaniscono contro i poveri, che vogliono cancellare il reddito di cittadinanza, ripropongono la leva militare e hanno una concezione della donna piuttosto datata, credo che non abbiamo nulla da condividere. Con il Pd la delusione per il comportamento dei vertici, parlo di delusione politica e non personale, è tale che non intravediamo all’orizzonte possibilità di collaborazione».

 

Il problema quindi è l’attuale classe dirigente dei dem?
«Io sto alle decisioni del vertice attuale del Pd. Non mi permetterei mai di criticare una intera comunità politica per delle scelte fatte dall’alto incomprensibili e contraddittorie: come quella sull’inceneritore, mentre a parole si sostiene la transizione ecologica. E non è contraddittorio parlare di agenda Draghi e poi allearsi con Fratoianni e Bonelli che non hanno mai sostenuto un atto di questo esecutivo? Io penso che la comunità del Pd abbia apprezzato il governo con noi e che questa sintonia rimanga. Ma questi vertici hanno fatto le loro scelte».