I nordafricani, già clienti di Russia e Cina, hanno bisogno di forniture belliche. Pronta la collaborazione con Leonardo per gli elicotteri e il grande sito produttivo di Setif, trattative anche per un cantiere navale con Fincantieri. A Mbda chiesto un lotto di missili. Così Roma diventa il punto di riferimento algerino in Europa

Per la quarta volta in un anno, con sempre maggiore enfasi mediatica, si sono tenute le cerimonie per onorare l’amicizia di convenienza fra Italia e Algeria. Due visite di Mario Draghi (aprile e luglio), una a domicilio del presidente Abdelmadjid Tebboune (maggio), una recente di Giorgia Meloni (addirittura due giorni) e altre assidue frequentazioni informali e ufficiali agevolate dalla trasferta di Sergio Mattarella nel novembre 2021. Certo, il gas. A fiotti. Anche troppo a leggere i resoconti. I soliti giochi di prestigio.

 

Roma ha bisogno del metano algerino per sganciarsi definitivamente dai ricatti russi e per riaffermare la sua influenza nel mare Mediterraneo. Invece Algeri ha bisogno del sostegno italiano per elevarsi a forza industriale e soprattutto militare, a potenza regionale in grado di reggere il confronto con gli odiati vicini marocchini per la disputa sui territori contesi del Sahara Occidentale. Lo scambio più interessante, che viene sottovalutato o persino omesso dalle cronache, è fra forniture di energia algerina e materiale bellico italiano che coinvolge le migliori aziende di Stato (Leonardo e sorelle).

 

Ciascuno può trarre vantaggi da posizioni di evidente debolezza. Per una sorta di impostazione storica che risale alla guerra di indipendenza, gli algerini tendono a differenziare le relazioni diplomatiche proprio per non sottomettersi a nessuno. Hanno radici antiche i rapporti con i russi, sin dai tempi sovietici, e anche con i cinesi. La coppia di grandi paesi che ha consentito ad Algeri di sopportare il crescente isolamento/distacco rispetto ai dirimpettai europei: per ragioni di orgoglio nazionale con la Francia, per questioni marocchine con la Spagna (amico del mio nemico), per profonda indifferenza con la Germania. Non rimane che l’Italia. Nell’ultimo decennio, dopo la violenta caduta del regime libico di Muammar Gheddafi e l’irrisolta instabilità politica, Roma non ha più un solido legame con Tripoli e ha perduto il suo ruolo decisivo nelle vicende interne, se non per la presenza ancora strategica di Eni.

 

Algeri può offrire al mondo le sue risorse naturali, e nient’altro, perciò lo fa con estrema prudenza e pure con molta fatica. La pace sociale algerina si basa sul gas, che viene garantito alle famiglie e alle fabbriche. La multinazionale Eni è stata la chiave di accesso per l’Italia e la sua collaborazione e i suoi progetti con la Sonatrach sono essenziali per aumentare le esportazioni attraverso i tubi del vecchio Transmed che approdano a Mazara del Vallo, per migliorare in fretta le estrazioni nonché per l’immancabile transizione ecologica (la settimana scorsa le delegazioni hanno annunciato un gasdotto per l’idrogeno).

 

Oltre la consueta retorica, ci sono i numeri di Nomisma, dicono che nel 2022 l’Italia ha ricevuto col Transmed 23,7 miliardi di metri cubi di gas (Eni ha dichiarato 25) contro i 21,2 del 2021 e dunque con un modesto 12 per cento in più. Già al momento l’Algeria copre quasi un terzo del fabbisogno nazionale, che era di 76 miliardi di metri cubi nel 2021 e di 69,9 nel 2022 complice il tepore autunnale e la stangata dei prezzi. In sostanza i nordafricani hanno sostituito in minima parte la Russia, che è crollata da 29,1 a 11,2 miliardi di metri cubi. Poiché i siti di stoccaggio sono abbastanza saturi per affrontare quest’inverno, la paura di restare a secco incombe sul prossimo. Anche se, va precisato, la geopolitica adottata da Draghi, e non rinnegata da Meloni, permette all’Italia di non aver più un unico venditore di energia. Però l’Algeria è necessaria, va blandita, persuasa, coccolata, e le commesse belliche da realizzare sono uno strumento formidabile. La premessa è che i nordafricani hanno molti soldi da investire perché gli idrocarburi sono richiesti e quindi assai cari, difatti l’ultimo bilancio ha portato a circa 20 miliardi di euro la dotazione complessiva per la Difesa.

 

Algeri è un abituale cliente di Mosca, possiede suoi elicotteri da trasporto e da attacco, mezzi anfibi, caccia bombardieri e, secondo una rivista specializzata americana e il senatore repubblicano Mark Rubio, un anno fa avrebbe comprato armi per 7 miliardi di dollari. Un evento concreto di segno opposto, non motivato, si è verificato nelle ultime settimane di novembre, quando il ministro della Difesa algerino ha annullato le esercitazioni con un centinaio di militari russi, un’operazione simulata di antiterrorismo (problema reale) con le truppe concentrate nella base di Hammaguir a 50 km dal confine marocchino. Il 30 novembre e il 1° dicembre i vertici militari algerini erano a Roma per il 13° bilaterale con i colleghi italiani presieduto dal generale di corpo d’armata Luciano Portolano, Segretario Generale del ministero della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti. È stato il proseguimento in Italia, a breve distanza, del 12° bilaterale che si è svolto in Algeria a marzo. Due incontri ravvicinati per capire se gli italiani possono sopperire all’assenza dei russi. Il governo algerino deve acquistare materiale e anche saperi, per addestrare e far progredire il suo esercito. Non ci sono ormai più intoppi per la sinergia fra l’italiana Leonardo e l’algerina Epic/Edia nel sito di Setif, il patto del marzo 2019, rallentato dalla pandemia, sarà sbloccato da un primo ordine di 7 elicotteri AW-139 su altre decine più o meno prenotate. Nelle intenzioni Setif sarà un centro produttivo per l’Africa: occupazione di giovani algerini, costruzione di elicotteri per il mercato del continente.

 

I generali nordafricani hanno intensificato i contatti con diverse aziende italiane partecipate dallo Stato come Fincantieri (cantieristica navale civile e militare), Vitrociset (aerospazio e comunicazioni), Mbda Italia (tecnologia e missili) e hanno assistito alla presentazione (e al volo) del nuovo elicottero da combattimento chiamato AW-249 di proprietà di Leonardo. È molto probabile che quest’esemplare finisca nella lista della spesa. Con Fincantieri c’è l’idea di un programma congiunto da eseguire nel cantiere di Mers el Kébir. A Mbda hanno chiesto un lotto di missili (otto pezzi) Aster, ma l’azienda ha proposto i moderni Cammer-er. Ridurre le distanze tra l’Algeria e l’Europa e, di riflesso, smorzare la sintonia tra l’Algeria e la Cina e in particolare la guerrafondaia Russia, è un piano che può soddisfare gli alleati a Bruxelles e Washington. È un’occasione per l’Italia, capita nel Mediterraneo, appare non ripetibile.