Lidi e coste

Balneari: il rinvio del governo Meloni apre la strada a una sfilza di cause

di Andrea Barchiesi   10 marzo 2023

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L’incognita sequestri sui concessionari per effetto di una sentenza del Consiglio di Stato. E i Comuni potrebbero andare ciascuno per conto proprio nella redazione del piano spiagge

Quando la toppa è peggio del buco. Il rinvio di ogni decisione sulla messa a gara delle concessioni per i balneari rischia di innescare un conflitto tra i poteri dello Stato.

 

Il decreto che sposta alla fine del prossimo anno l’avvio dei bandi va infatti in rotta di collisione con la normativa europea e con la pronuncia del Consiglio di Stato.

 

Un pericolo che ha avvistato il Capo dello Stato nella lettera che ha accompagnato l’atto di promulgazione che sposta di un anno l’obbligo di ripristinare la libera concorrenza nel mercato dei lidi. Già nel 2021, infatti, il Consiglio di Stato in seduta plenaria aveva emesso una sentenza vincolante: dal primo gennaio del 2024 si sarebbe dovuta applicare la direttiva europea che porta il nome del commissario europeo Frits Bolkestein.

 

Di conseguenza, qualunque altra norma approvata nel nostro Paese sarebbe stata inefficace. Il nodo sta tutto qui: quale sarà adesso la norma di riferimento, la sentenza del Consiglio di Stato o il nuovo rinvio adottato dal governo di Giorgia Meloni?

 

In teoria, ma anche in pratica, infatti, qualsiasi disposizione che contrasti con la normativa europea è inefficace ed inapplicabile. Il conflitto a distanza apertosi tra potere esecutivo e potere giudiziario produrrà i suoi effetti a strettissimo giro. Per la redazione del prossimo piano spiagge, quale sarà la linea di condotta che adotteranno i Comuni? Si lasceranno come termine ultimo la fine del 2024 o decideranno sulla base del termine perentorio fissato dal Consiglio di Stato.

 

A meno di modifiche in sede di conversione in legge del decreto milleproroghe, lo scenario è quello di un ulteriore stallo che metterà in forse la prossima stagione. E la mina che è stata innescata dalla maggioranza di governo potrebbe deflagrare vistosamente.

 

Il risultato potrebbe essere quello di una pianificazione a macchia di leopardo. Con ciascun Comune che procederà per conto proprio. «Gli stessi comuni che ritardano l’applicazione della Bolkestein – osserva l’avvocato amministrativista Valerio Pardini che da 20 anni segue le vicissitudini dei balneari dalla Toscana – potrebbero essere citati davanti alla Corte dei Conti per il danno causato dai mancati introiti. Quel che riscuotono adesso infatti per le concessioni è un’inezia rispetto a quello che dovrebbero ricevere». Ed è anche chiaro che qualsiasi soggetto privato o pubblico avrebbe facili chance di successo qualora citasse davanti al Tar i rappresentanti degli stabilimenti balneari che occuperebbero degli spazi in virtù di una concessione che non gli spetta più per legge.

 

Ma c’è un altro aspetto che nessuno finora ha toccato. L’ingresso in campo delle procure. Dal primo gennaio del 2024 se non si è proceduto con lo sgombero degli spazi demaniali si potrebbe configurare il reato di occupazione abusiva di area demaniale, le cui conseguenze penali possono anche essere molto pesanti e seguirebbero comunque il sequestro delle strutture.

 

Un rinvio, quello del governo, che, come si vede, non risolve e che anzi potrebbe innescare una infinita serie di contenziosi. Sullo sfondo il cortocircuito istituzionale tra esecutivo e Consiglio di Stato. «Staremo a vedere – conclude Pardini – In uno stato di diritto norme sovraordinate e sentenze dovrebbero essere sempre rispettate». La querelle è solo all’inizio.