Palazzo Madama ha respinto il certificato di filiazione europeo che avrebbe garantito gli stessi diritti in tutti i paesi dell’Unione ai figli delle coppie omogenitoriali. Pina Picierno a L’Espresso: «La caratterizzazione omofoba di questo governo assume connotati inquietanti»

Come spinta al clima millenaristico da crociata che cresce contro le famiglie arcobaleno, dopo il pressing del ministro Piantedosi al Comune di Milano, non è male. Il Governo Meloni dice no anche alla proposta di regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie omosessuali. Segnando in due giorni due vittorie che frenano il Paese sul riconoscimento dei diritti e dei doveri per le famiglie omogenitoriali.

 

La Commissione Politiche europee del Senato ha approvato la risoluzione della maggioranza, contraria alla proposta di regolamento Ue, con 11 voti favorevoli e 7 contrari. Da Bruxelles è Pina Picierno, eurodeputata del Pd e vicepresidente del Parlamento Europeo a commentare per L’Espresso la bocciatura: «Un fatto politico molto grave che certifica la vocazione reazionaria di questa maggioranza. In Europa la maggior parte degli Stati prosegue in una direzione, Polonia e Ungheria dalla parte opposta. Il Governo Meloni si colloca in questo secondo campo, condannandoci all'isolamento su temi fondamentali, bloccando persino un elementare intervento di civiltà come quello apportato dal Regolamento».

 

Il segnale di un esecutivo omofobo, affonda Picierno: «Un Governo sempre più propenso ad avallare pesanti discriminazioni. In questo caso addirittura a danno dei bambini, che vengono pesantemente colpiti. La caratterizzazione omofoba di questo esecutivo assume connotati inquietanti e si somma alla più complessiva inclinazione a scaricare le proprie battaglie identitarie sui più deboli. Bisogna poi evidenziare come questa votazione non preclude agli Stati membri di proseguire con l’approvazione del regolamento in sede europea. Obiettivo più ampio sembra quello invece di rendere la posizione del governo italiano in un manifesto politico per i reazionari».

 

E mentre l’Europa osserva la virata “reazionaria” dell’Italia, cerchiamo di capire dove può portare questa bocciatura. L’Espresso ha chiesto ad Angelo Schillaci, professore associato di Diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma, di spiegare quello che può essere tecnicamente difficile da capire per i non addetti ai lavori.

 

Professore partiamo dal principio: perché in Europa non è omogenea la situazione delle famiglie omogenitoriali? Se una coppia omogenitoriale è riconosciuta in Spagna perché non lo è in Italia?
«La disciplina interna del diritto di famiglia e della filiazione rientra nella competenza degli Stati membri dell’Unione europea. Ogni Stato segue le sue regole in materia. Ciò comporta che gli atti di nascita formati in uno Stato membro dell’Unione, per divenire efficaci in un altro Stato membro, e in particolare in Italia, debbano essere trascritti nei registri dello stato civile ed è possibile verificarne la compatibilità con l’ordine pubblico. L’Unione europea, però, ha la competenza ad adottare provvedimenti riguardanti il mutuo riconoscimento degli atti di stato civile formati nei diversi Stati membri. Ed è proprio quello che vuole fare con la proposta di regolamento di cui si è discusso in questi giorni. Segnalo peraltro che un sempre maggiore numero di Stati membri riconosce l’omogenitorialità al suo interno, in diverse forme: l’Italia, però, è tra i pochissimi Stati membri che non riconoscono diritti alle bambine e ai bambini con genitori dello stesso sesso».

 

Cosa prevede questo discusso certificato europeo di filiazione?
«La proposta di regolamento di cui si è discusso in questi giorni prevede, da un lato, il mutuo e automatico riconoscimento degli atti di nascita formati in uno Stato membro dell’Ue e, dall’altro, la creazione di un certificato europeo di filiazione che consenta alle famiglie, una volta rilasciato nello stato membro di appartenenza, di esibirlo e farne uso in tutti gli stati membri dell’Ue».

 

La proposta di regolamento, quindi, non incide sulla competenza nazionale in materia di filiazione?
«No, gli stati restano liberi di disciplinare la filiazione come meglio credono. Quello che non potranno più fare, una volta entrato in vigore il regolamento, sarà rifiutarsi di riconoscere gli effetti degli atti di nascita formati in un altro stato membro. Questo consentirà alle bambine e ai bambini di circolare liberamente nell’Unione, esercitando in pieno i diritti che derivano dalla cittadinanza europea, venendo riconosciuti ovunque come figlie e figli dei loro genitori. Per quel che riguarda le famiglie omogenitoriali, peraltro, la proposta di regolamento si pone in linea con ben due sentenze della Corte di giustizia che, nel 2021 e 2022, hanno affermato che lo Stato membro di destinazione non può negare il riconoscimento allo stato di figlio di coppia omogenitoriale costituito in un altro Stato membro, nemmeno se al proprio interno non disciplina l’omogenitoralità».

 

La bocciatura del centrodestra che effetti avrà sulle decisioni dell’Ue? Quali sono i prossimi passi?
«La proposta di regolamento si trova in una fase preliminare. Il diritto dell’Unione europea prevede che, quando la Commissione adotta - come in questo caso - una proposta di atto normativo, i Parlamenti nazionali possano esprimersi sul rispetto del principio di sussidiarietà. Sono cioè chiamati a valutare se l’Unione europea abbia ben esercitato la propria competenza in materia o se, viceversa, vi sia stata una indebita ingerenza nelle competenze degli Stati membri. Se un terzo dei parlamenti nazionali dà parere negativo, la Commissione è obbligata a esaminare nuovamente la proposta. Una volta esaurita la fase di esame preliminare da parte dei Parlamenti nazionali, la proposta andrà all’esame del Parlamento e del Consiglio. Trattandosi di proposta adottata sulla base dell’articolo 81, comma 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, sarà peraltro richiesta l’unanimità in Consiglio: dunque, tutti i governi dovranno essere d’accordo».

 

È una decisione prettamente politica?
«Come anticipato, l’esame da parte dei Parlamenti nazionali è circoscritto al rispetto del principio di sussidiarietà. Il dibattito in Commissione al Senato, e la stessa risoluzione approvata, vanno al di là di tale ambito. Si è trattato, infatti, di un dibattito relativo più che altro all’opportunità di dare riconoscimento all’omogenitorialità e, soprattutto, animato dal timore che - approvato il regolamento - sarà intaccata la competenza dell’Italia in materia di filiazione. Questo non è vero: non solo infatti l’articolo 5 della proposta riafferma il rispetto della competenza degli Stati in materia, ma la proposta stessa riconosce la possibilità, in casi specifici, di far valere il rispetto dell’ordine pubblico. Si è poi detto che il regolamento favorirebbe il ricorso alla gestazione per altri: anche questo non è vero. In primo luogo, infatti, la gestazione per altri è disciplinata in un limitatissimo numero di Stati membri (tra cui Grecia, Cipro e Portogallo), e peraltro possono accedervi solo coppie eterosessuali. In secondo luogo, in alcuni almeno degli Stati in cui è possibile riconoscere la doppia paternità in caso di nascita da Gpa, il percorso che si segue è molto simile a quello tracciato dalla giurisprudenza italiana: nessun riconoscimento automatico, ma ricorso all’adozione successiva. Non si capisce davvero, allora, dove sia il problema e mi pare evidente che la questione sia stata oggetto di una strumentalizzazione, tanto più grave perché riguardante i diritti delle bambine e dei bambini».