Il caso
Expo a Roma sempre più difficile. Ora ci supera anche la Corea
La candidatura italiana per l'evento del 2030 è dietro a Riad ed è stata superata anche da Busan. Una disfatta diplomatica
Nel 1966 fu un colpo di Pak doo ik, insegnante di educazione fisica e non assistente dentista, a umiliare con la Corea del Nord l’insipida Italia di Edmondo Fabbri ai gironi dei mondiali. Nel 2002 fu Jung Hwan Ahn, un buon giocatore professionista, poi licenziato dal perugino Luciano Gaucci, a fermare con la Corea del Sud (e la complicità dell’ineffabile arbitro Moreno) la nazionale dei campioni Totti, Vieri, Del Piero ai supplementari degli ottavi. Adesso gli italiani temono un’altra Corea.
Lo scorso giugno, con un solenne viaggio a Parigi, la presidente Giorgia Meloni ha formalmente sostenuto la candidatura di Roma per l’Expo 2030 davanti all’assemblea generale del Bureau International des Expositions che riunisce i 179 delegati. In quella occasione, per ovvi e gravi motivi, la guerra dei russi, Roma ha appreso dell’esclusione di Odessa e così ha immaginato di rappresentare l’Europa inclusi gli ucraini. Non la Francia, che si è schierata con entusiasmo al fianco dei sauditi.
Col voto fissato al 28 novembre, la corsa si è ridotta a tre: Riad per l’Arabia Saudita, Busan per la Corea del Sud e Roma per l’Italia. Lo strapotere saudita del denaro, e dei modi di utilizzo del denaro, non lascia alla Capitale che mezza speranza (più facile vedere Moreno al vertice dell’Associazione arbitrale). Il punto di caduta, per l’onore italico, è arrivare al ballottaggio. «Abbiamo buone possibilità. Abbiamo un concorrente agguerrito con più soldi di noi e che è partito prima. Non darei percentuali. Possiamo andare al ballottaggio e poi vincere al ballottaggio. Andiamo a recuperare i voti». Con uno spirito baldanzoso e un linguaggio insolitamente assertivo, il sindaco Roberto Gualtieri ha chiamato alla pugna. Con troppa sicumera.
Per essere sicura del ballottaggio, Roma deve ottenere circa 80 preferenze. Al momento, invece, gli impegni “scritti” non vanno oltre 30 contro i circa 40 dei coreani. Attorno a Busan (o Pusan), metropoli portuale, il governo coreano ha raccolto molto consenso in Asia mobilitando le sue multinazionali Samsung, Hynduai, Lg Eletronics, Gruppo Sk. A Palazzo Chigi cominciano ad agitarsi. E nel comitato promotore, diretto dai diplomatici Giampiero Massolo e Giuseppe Scognamiglio, sono al massimo della spinta dopo aver arruolato, come ambasciatori, l’astronauta Samantha Cristoforetti e l’attore Russel Crowe. Meloni ha accettato la sconfitta, ma non potrebbe accettare la disfatta. Le diranno che Roma ha vinto la medaglia di bronzo.